Domani e lunedì si vota. Sto ancora meditando, nonostante molte persone abbiano cercato di impedirmelo. So cosa voglio, o meglio, cosa vorrei, ma non ci sono persone che rappresentano queste cose. Forse, non ci sono più politici. Oppure, non c'è più la politica.
Una cosa la so: mi sono rotto i coglioni di vivere eternamente nel 1948, in una pantomima esistenziale, dentro una burattinata di regime (per usare definizioni care alla Gialappa's), nella costante reiterazione di un clima avvelenato da uno spaventoso e spaventevole "o di qua o di là", o con noi o contro di noi, con lo spauracchio di recessioni, baratri di povertà, tonnellate di intolleranza, paura del "diverso", opprimenza ecclesiastica, necessità di guerreggiare, timori indefiniti. Vivere nell'impossibilità di scegliere e giudicare tra alcune proposte pacate, tutte mirate al bene comune. Sopravvivere in un paese dove manca il senso civico più spicciolo, perchè gli esempi ai quali ispirarsi sono il Grande Fratello, Amici di Maria De Filippi, X Factor, l'Isola dei Famosi, veline, letterine, vallette semi-ignude (almeno lo fossero completamente!), copertine di giornali pseudo-seri con donne nude, gossip imperante, corruzione ed arrivismo. Un paese dove Vasco Rossi filosofeggia e Corrado Guzzanti è costretto a scampoli nascosti di espressione ha sempre della strada da compiere per diventare un paese civile. 60 anni non sono passati invano, ma non ci hanno ancora insegnato tutto.
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