No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20080417

analisi televisiva



Telecomando
Il Cavaliere a reti unificate
Norma Rangeri
E adesso il primo che andrà in tv e pronunciare la parolaccia conflitto di interessi sarà accolto da sguardi bonari, come si fa con chi è un po' fuori di testa. L'unico a cui sarà consentito scherzarci su, sarà proprio lui, Silvio Berlusconi, il protagonista del conflitto medesimo, che invece trova simpatico ironizzare sull'argomento, come ha fatto ieri, durante la conferenza stampa, rispondendo alla domanda della giornalista di Telecinco («eh,ma qui siamo in pieno conflitto di interessi»). Cancellato l'ingombrante fardello dalla campagna elettorale del partito democratico, il berlusconismo continua a stupire solo i commentatori dei giornali stranieri. Il potere mediatico (e le ricchezze) del futuro presidente del consiglio non scandalizza quelli italiani, impegnati nella gara a chi vende meglio la bufala di una tv che non influenza il responso dell'urna. L'assordante, generale, martellamento contro la par condicio è stato lo sport preferito da piccole e grandi firme. Fondamentale per organizzare un partito e conquistare il governo quattordici anni fa, la televisione non è meno importante ora che il potere del consenso e il Palazzo sono tornati nelle stesse mani. La maggioranza degli elettori italiani, impaurita e impoverita, sarà confortata e rassicurata dalla più diffusa e influente agenzia educativa nazionale: la televisione oggi è necessaria e insostituibile per accompagnare la nuova fase «senza sogni, senza bacchetta magica, ma dovendo affrontare molte difficoltà», come Berlusconi ha ripetuto ieri nella lunga diretta riservatagli dagli schermi abusivi di Rete4. Davanti ai giornalisti, il Cavaliere ha ironizzato sull'importanza dei quotidiani («senza i giornali vivremo meglio»). Fosse per lui dovrebbe essere sempre «il lunedì di Pasqua», quando le edicole sono chiuse. Non un pensiero isolato, anzi condiviso in passato da illustri apprendisti stregoni del partito avverso, tanto polemici con la carta stampata quanto pubblici estimatori di una tv stampella e ancella dei partiti. L'esplosione elettorale della Lega planerà sui nostri schermi, con robuste iniezioni di cultura padana, per insegnare ai telecittadini il piccolo manuale delle ronde, la caccia al musulmano, le istruzioni per la costruzione di mura di quartiere. Di come fronteggiare l'invasione degli immigrati si occupava ieri proprio la sindacalista della Lega, ospite del Tg4 della sera. Ai berlusconiani che non hanno mai mollato la postazione si affiancheranno gli specialisti Rai del riallineamento. Accanto all'eroe mafioso Mangano, sarà richiamato in servizio il patriota Saccà, e con lui i colonnelli di Alleanza nazionale lasciati temporaneamente in disparte, per ristabilire, nelle postazioni radiofoniche e televisive, il pieno controllo della comunicazione e dell'informazione. Che è già cominciato nella serata dei risultati elettorali. Quando Berlusconi fa il giro di telefonate ai talk-show di tutte le reti per leggere il comunicato al popolo, c'è una scena madre che annuncia il nuovo ciclo: il ciambellano del rito politico serale è in piedi, in mezzo allo studio, le mani sono giunte, la testa è bassa, come di fronte alle celebrazioni solenni. Il cavaliere legge la sua dichiarazione (il vhs ha fatto il suo tempo) accolto da assoluto silenzio e raccoglimento. Poi la grande festa, le condoglianze allo sconfitto Bertinotti, i complimenti al vincitore, l'allegria di farsi regalare l'organigramma in diretta. Volti, personaggi, linguaggi, messaggi di una consolidata monarchia.


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