Mi è piaciuto, a partire dal titolo, questo pezzo di parte ma onesto, di Pasquale Santomassimo sulla sconfitta delle sinistre. Una riflessione ulteriore.
Sinistra/1
Il prezzo delle brioches
Pasquale Santomassimo
Il suicidio collettivo delle sinistre ha consegnato per un tempo indeterminato il paese a una destra liberalfascista, priva ormai di contrappesi moderati. È l'esito della lunga transizione italiana, non era un esito scontato e neppure inevitabile. Questa destra appare oggi l'unico contenitore in grado di dare forma alla grande mucillagine italiana. Non ci riesce il Pd, che è mucillagine anch'esso, né tanto meno la Sinistra arcobaleno, che ha chiesto il voto unicamente per salvare se stessa.Un obiettivo, questo, apprezzabile nelle campagne del Wwf, irrilevante in una competizione politica per il governo del paese. Nella «separazione consensuale» fra centro e sinistra c'è l'ammissione di una sconfitta, del non aver saputo gestire una vittoria difficile e sofferta, che pure aveva aperto grandi speranze e potenzialità. La «separazione» è stata voluta dal leader mediatico del Pd e si è risolta in un sostanziale fallimento (prosciugamento della sinistra, perdita al centro e, soprattutto, neppure un voto guadagnato nello «schieramento avverso», che era poi l'unica logica che potesse giustificare il «correre da soli»); non è stata però contrastata col dovuto vigore, direi con la passione necessaria, dalla sinistra, che è sembrata quasi sollevata dalla prospettiva di andare al voto per affermare la propria identità (quale?). Il destino obbligato della sinistra in Italia è, storicamente, quello di esser parte di uno schieramento più ampio da costruire e consolidare: lo sarà con qualsiasi sistema elettorale, a meno di rifugiarsi nella contemplazione di «altri mondi possibili» in tempi e spazi lontani ma accettando senza reagire una sorte di irrilevanza politica e culturale nel tempo a noi prossimo.C'è un grande paradosso nella situazione italiana: la destra vincente al culmine del suo quindicennio non esprime più vitalità e sogni di ricchezza facile, ma rassicurazione di status quo e difesa di un benessere sempre più precario e insidiato. Nell'arco del suo ultimo governo c'è stata una enorme redistribuzione di ricchezza che ha penalizzato il lavoro dipendente, impoverito classi medie quasi al confine di quella che un tempo si sarebbe definita proletarizzazione, ha diffuso sensazioni di precarietà del vivere quotidiano e della percezione del futuro possibile che vanno al di là dell'esercito sempre crescente di lavoratori precari, giovani e non più solo giovani. Nel bisogno di «sicurezza» così ossessivamente percepito e amplificato non c'è solo una problematica di ordine pubblico e di tutela poliziesca, ma il disagio di un degrado che va molto al di là degli scenari di centri e periferie abbandonati al logoramento di paesaggi e di rapporti umani, ma investe una condizione esistenziale che si nutre di rancori, disillusioni, scoramento e protesta quasi simultanei e intermittenti.Di fronte a questo scenario è semplicemente incredibile che la sinistra non abbia avuto niente da dire, non abbia trovato modo di interloquire. La sua componente maggioritaria sembra esaurire il suo «riformismo» nel risanamento dei conti dello stato e nel rompere le scatole a farmacisti e tassisti, immaginando un improbabile consumatore che prende il taxi a prezzo equo e va all'Ipercoop a comprare l'aspirina. La sinistra che con termine orribile e improprio si è usato definire «radicale» ha condotto battaglie di principio, sicuramente nobili, su temi che sono lontanissimi dalle urgenze, dai bisogni e dalla percezione della grandissima maggioranza dei cittadini.L'immagine finale della sinistra che aspetta i dati del disastro elettorale all'Hard Rock Café di Via Veneto è una metafora efficacissima di una sinistra che è sembrata molto edotta del costo delle brioches ma che sembra ignorare il prezzo del pane.Ripartire dal sociale, come si usa dire, è assolutamente necessario, a patto che non si trasformi nella riproposizione di un ennesimo slogan. Per farlo, qualunque sia la forma organizzativa alla fine prescelta, è però indispensabile cominciare finalmente a misurarsi con la società italiana quale essa è, e non come dovrebbe essere. Che non significa assecondare i meccanismi spontanei del suo sviluppo interno (per questo c'è già la destra), ma intervenire con umiltà per orientare e disciplinare, nel caso correggere e invertire tendenze autodistruttive che essa stessa produce. È necessario proporre quello che soprattutto è mancato in quasi vent'anni di grandi passioni e battaglie, ma anche di dibattiti ripetitivi e inconcludenti: una idea di società realistica e praticabile, non confinata in un futuro lontano. Le immagini di lunghe traversate nel deserto e di viaggi di carovane sono molto belle e poetiche. Peccato che siano già state usate vent'anni fa, e che abbiano condotto esattamente al punto di partenza.
pasquale santomassimo
Da qui http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/23-Aprile-2008/art4.html
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