Non pensarci - di Gianni Zanasi 2008
Stefano Nardini è un chitarrista punk rock che ha avuto dei momenti di notorietà, lo testimoniano le copertine a lui dedicate di Rockerilla, Rumore, Mucchio Selvaggio; vive e suona a Roma, dove abita con la fidanzata. Una sera, durante un concerto sfigato, il suo cantante prova lo stage diving senza successo: i pochissimi presenti sotto il palco non "raccolgono" il suo tuffo e lo lasciano cadere nel vuoto. Risultato: un braccio rotto, concerto e attività momentaneamente sospesa. Stefano torna a casa prima e trova la fidanzata con un altro. Invece di fare una scenata, riconosce nell'amante della fidanzata il chitarrista di un'altra piccola band (i Lager), e gli fa i complimenti per il nuovo disco. Esce nel cuore della notte, dorme in macchina e la mattina dopo si mette in viaggio verso casa, un indefinito paesone tra la pianura padana e l'Emilia Romagna. Lì, in una villa piuttosto lussuosa, ci sono il padre, ritiratosi dall'attività di famiglia (una fabbrichetta di ciliege sciroppate) dopo un infarto, la madre, che frequenta corsi di rilassamento, il fratello Alberto, ingrassato ma alla guida della fabbrica di famiglia, separazione in corso e due figli, la sorella Michela, che ha lasciato l'università per lavorare al delfinario. Tutto intorno, gli ex compagni di scuola, chi sindacalista, chi metronotte, chi politico.
Intendiamoci, non è che sia una bomba o un capolavoro, questo quarto film di Zanasi (confesso però che, visto che non ne conoscevo nessuno, mi è venuta voglia di recuperare la sua filmografia), ma, nonostante un finale un po' deludente e consolatorio, probabilmente dovuto ad un difetto di sceneggiatura o a una certa mancanza di coraggio, è un film italiano che sorprende per la freschezza, per quanto risulta divertente senza essere la solita cafonata, e al tempo stesso per quanto inquadri piuttosto bene la realtà della provincia italiana, che tra l'altro può essere tranquillamente usata come spaccato anche di una realtà molto più grande, senza per questo risultare pesante, intellettuale e spocchioso.
L'intera storia è sorretta da dialoghi mai banali, seppur non altissimi, e da gag e battute davvero divertenti, anche perchè gli attori risultano lavorare con grande coesione. Nonostante ciò, se si esclude la grande prova di Valerio Mastandrea, il resto del cast si accontenta di rimanere sottotono, non colpisce più di tanto. Risulta, a posteriori, realmente difficile pensare a questo film senza il romano.
Una fotografia non eccelsa, al limite del televisivo, qualche appesantimento (la scena della corsa sotto il misuratore di velocità, per di più al ralenti, evitabile), e soprattutto una colonna sonora che avrebbe potuto fare la differenza, ma, forse per problemi di budget e di royalties, non regge (anche se Agnese di Ivan Graziani, nel finale, ci sta benissimo), ed è un peccato.
Si può dare di più, osando. Però, Mastandrea è una certezza.
Giudizio sintetico: si può vedere
1 commento:
visto piacevolmente!
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