Sånger från andra våningen - Di Roy Andersson (2000)
Giudizio sintetico: si può vedere (3,5/5)
Un uomo è in piedi in un vagone della metropolitana, la faccia sporca di fuliggine. Nella mano destra porta un sacchetto di plastica con dei documenti, o meglio, gli avanzi carbonizzati degli stessi. In un corridoio un uomo si aggrappa disperatamente alle gambe del boss che lo ha appena licenziato. Sta urlando: "Sono qui da trent'anni!" In una caffetteria qualcuno sta aspettando suo padre, che ha appena dato fuoco alla sua azienda di mobili per i soldi dell'assicurazione. Ingorghi e agenti di cambio autoflagellati stanno riempiendo le strade mentre un economista, alla disperata ricerca di una soluzione al problema del lavoro che diventa troppo costoso, guarda in una sfera di cristallo. I personaggi principali hanno tutti degli obiettivi ma le loro destinazioni cambiano durante la storia.
Come vi dicevo nel commento del film precedente, girato però 30 anni prima, dopo appunto, moltissimi anni passati a girare geniali spot commerciali e documentari socialmente e politicamente impegnati, Andersson torna al cinema e avvia una serie di film, così come questo del quale parliamo oggi, pregni di simbolismo, surreali, a tratti divertenti, esteticamente molto belli, sicuramente difficili da dimenticare.
As I told you in the commentary on the previous film, shot 30 years earlier, after indeed, many years spent shooting brilliant commercials and socially and politically engaged documentaries, Andersson returns to the cinema and starts a series of films, as well as this one we are talking about today, full of symbolism, surreal, at times funny, aesthetically very beautiful, certainly difficult to forget.
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