Il curioso caso di Benjamin Button - di David Fincher 2009
Giudizio sintetico: si può vedere
New Orleans, 2005. E' in arrivo un fortissimo uragano, chiamato Katrina. In un ospedale della città, Daisy, una ex ballerina ultraottantenne, sta morendo. Al suo capezzale, la figlia Caroline le tiene compagnia e si preoccupa che la madre non soffra, aiutata dalle infermiere. La madre, cosciente che la sua ora è quasi arrivata, la invita a leggerle un diario che tiene gelosamente tra le sue cose. Il diario racconta non la storia di Daisy, bensì quella di Benjamin, che nacque nella notte in cui finiva la Prima Guerra Mondiale, nel 1918. Sua madre muore partorendolo, suo padre, un ricco industriale, è spaventato dall'aspetto del neonato: il bambino è nato vecchio. Lo lascia così sulle scale di una casa di riposo. Lo trova la factotum della casa, Queenie, che lo cresce con amore, come un dono di Dio, nonostante l'aspetto e la stranezza della malattia che lo affligge: Benjamin soffre della decadenza fisica di un novantenne. Ci vede poco, ha i dolori, è quasi sordo. Ha decisamente l'aspetto di un vecchio, ma non ha vissuto. Un giorno che Benjamin non dimenticherà mai, nella casa di riposo arriva Daisy bambina, ospite della nonna. Benjamin sente qualcosa per quella bambina, e Daisy è incuriosita da quel vecchio che ragiona come un bambino. Il tempo passa, e Benjamin sembra lentamente ringiovanire. Ci sente bene, ha meno dolori, gli ricrescono i capelli, si muove senza le iniziali difficoltà. Decide di partire per conoscere il mondo: in fondo, non ha vissuto.
David Fincher accetta la sfida di portare sul grande schermo una storia ispirata ad un breve racconto (omonimo) di Francis Scott Fitzgerald del 1922, dove il protagonista nasce vecchio e ringiovanisce. La sceneggiatura, che si discosta di parecchio dal racconto, diventa una impossibile e struggente storia d'amore, combattuta e destinata a non finire, in fin dei conti, e, sullo sfondo, una sorta di storia degli USA dalla fine (appunto) della Prima Guerra Mondiale all'uragano Katrina e la distruzione di New Orleans. Ha ragione chi vi ha visto una sorta di Forrest Gump, evidentemente a Eric Roth, lo sceneggiatore appunto, ama le narrazioni dal respiro storico, che attraversano il tempo per lunghi periodi. Fincher si conferma regista eclettico, che non ama un solo genere, prova a sperimentarli tutti. Questa volta si cimenta col genere sentimentale, se così lo vogliamo definire, ed evidentemente ha pensato bene di farlo con una storia senza dubbio fuori dagli schemi.
Fotografia pulita e scenografie a volte perfino palesemente e volutamente teatrali (le scene sulla nave), il regista si mette al servizio di una sorta di riflessione sul senso della vita, sull'amore e soprattutto sull'incedere inesorabile del tempo: non c'è via di scampo, è doloroso sia che scorra in un senso, sia che scorra nell'altro. Fincher non è eclettico con la macchina da presa, ma è rigoroso, ordinato. Dirige gli attori con polso fermo, e si vede. Un cast di contorno coi fiocchi, ognuno che fa la sua parte in maniera egregia, due protagonisti impeccabili, seppur non strabilianti. Pitt è, ovviamente, man mano che ringiovanisce, sempre più bello, ma è ottimo lavorando per sottrazione, muovendosi il meno possibile, esibendo la dolcezza che si richiede a quest'uomo che prende la vita come un dono, ancor più di quelli (tutti) che la percorrono nel senso contrario al suo, recitando spesso solo con occhi e piccoli movimenti del viso (nelle scene in cui è vecchio, per mezzo di effetti speciali, ha recitato solo col viso truccato, dopo di che la computer graphic ha "innestato" il suo viso sul corpo di un altro attore), Cate Blanchett è, come sempre, superlativa, senza per questo strafare. Per di più, è bellissima, ma anche questa è una cosa che già sappiamo.
I sopra citati effetti speciali rendono possibile il film, e tutto sommato sono piuttosto ben riusciti. Non sarà probabilmente il film più bello che concorrerà agli Oscar, ma è sicuramente una storia che riesce a commuovere lo spettatore senza ricorrere a trucchetti facili, anche perchè dichiara da subito come andrà a finire. La riflessione che innesca sul passare del tempo non è neppure troppo profonda, ma spesso capire che le cose sono semplici può sconvolgere.
Film dal respiro classico; un inno all'amore eterno.
7 commenti:
Già riflettuto con Higlander
h
era caduta dal monitor
si, il concetto è rovesciato, ma insomma, siamo lì col conto.
io l'ho trovato insopportabilmente lungo e palloso!
anche un'altra nostra amica comune. magari è un film prettamente maschile.
La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu
Si, probabilmente lo e
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