Ecco una recensione che non avrei mai voluto scrivere. Ma, se anche l'amore finisce, pure le belle storie hanno una fine, a volte ignobile. Ascoltare Scream, il nuovo disco solista dell'uomo che ha fatto sognare un'intera generazione con la sua voce, sto parlando di Chris Cornell, è come fare quattro passi lungo un viottolo sull'orlo di un burrone profondissimo: ti fa venir voglia di buttarti di sotto e morire. Il disco è prodotto dal famosissimo Timbaland, ma è come se fosse frutto di un duo. Il lato forse peggiore, è che anche Timbaland è parecchio sottotono in questo disco, perchè invece di inventarsi o pensare a qualcosa di nuovo, avendo per le mani un artista dalla voce immensa, si limita a produrre una versione adulta di Justin Timberlake. Il problema, soprattutto per i videoclip, come già mi pare di aver sentito da qualcuno, è che Cornell, nonostante abbia ormai quasi 45 anni e rimanga un uomo bellissimo (lo dico con sincerità, e spero che mi crediate se vi dico che la recensione non è assolutamente influenzata dall'invidia), non sa ballare. Suona ironico, vero? E invece non è questo che voglio trasmettere. E' solo infinitamente triste.
E' inutile girarci intorno: come già ebbi a dire in occasione di altre recensioni, non si può prescindere dal passato, quando ci si confronta con artisti di questo calibro. Il passato, come le dimensioni nel caso di Godzilla (e anche di qualcos'altro), conta eccome. Dando un'occhiata alla carriera e alla discografia di Cornell, si ha l'impressione di una rovinosa discesa negli ultimi anni. Per i pochi che non lo sanno, Cornell è stato il cantante (e fondatore, anche in qualità di batterista) dei Soundgarden, componente della band "temporanea" (un misto di Soundgarden e Pearl Jam, come dire, non gli ultimi arrivati) Temple Of The Dog, che dette alle stampe un album di quelli da portare sull'isola deserta, dopo di che è stato negli Audioslave con i tre ex Rage Against The Machine orfani di Zack de la Rocha, dopo aver fatto uscire un disco solista molto diverso da quello che faceva con i Soundgarden, ma non per questo non apprezzabile, dal titolo Euphoria Morning, che si ispirava al suo lato melodico/acustico e rendeva omaggio, tra l'altro, all'amico Jeff Buckley (in particolare nel pezzo Wave Goodbye). Dopo il primo disco degli Audioslave, dal titolo omonimo, nel 2002, tutto è andato a rotoli. I due dischi successivi degli Audioslave sono uno peggiore dell'altro, e il secondo disco solista di Cornell, Carry On, non sfiora neppure la dignità di Euphoria. Eppure, l'artista è capace di toccare le corde del cuore. Un unplugged pirata, che gira in rete dalla fine del 2006, e del quale parlammo a suo tempo, dimostra che il vecchio Chris può ancora fare grandi cose. Per assurdo, l'unico pezzo decente di Scream è il conclusivo Two Drink Minimum, che a quanto ne so non appare in tutte le versioni. Questo suo tentativo di mettersi al passo con i tempi, per mezzo delle mani di Timbaland, è un buco nell'acqua tremendo, nonostante la bella copertina. Speriamo se ne renda conto e non insista su questa linea.
Altrimenti, reciteremo in suo Riposi In Pace, e così sarà.
Chris Cornell - Scream
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