No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20100609

heart of my own


Basia Bulat + Paula I Karol + Paul Frith & The Considerate Lovers
12 maggio 2010, Varsavia, Café Kulturalna
13 maggio 2010, Cracovia, Forty Kleparz

Basia Bulat ha le mani piccole. Piccolissime. Ma ha un cuore grande, non si spiegherebbe altrimenti come faccia a scrivere canzoni così belle e appassionate.
L'avevo promesso a me stesso, di cominciare così questa recensione doppia. Questa doppia recensione, dalla quale tutto vi dovete attendere, fuorché obiettività e giudizi misurati. Perchè come ho già avuto occasione di dire, amo questa artista canadese di origini polacche (ce lo dirà lei stessa), e finalmente sono riuscito perfino a dirglielo di persona.
Andiamo con ordine. Sono in Polonia, per la terza volta nel giro di tre anni, per riuscire a vedere finalmente Basia, autrice di due dischi stupendi. Per la seconda volta in meno di un anno è in giro in Europa non toccando l'Italia, negli ultimi mesi del 2009 non sono riuscito ad organizzarmi, ma ho convinto l'amico Massi ad assistere alla sua data di Varsavia, sempre qui, al Café Kulturalna, e il giudizio è stato super-positivo. All'annuncio di nuove date a cavallo di aprile e maggio 2010, per alcune settimane ho pensato di andare a Manchester, poi quando ha aggiunto due date spagnole e due polacche ho optato per Barcellona, acquistando volo e biglietto, e prenotando un ostello. Ma la cenere del vulcano ha costretto Basia stessa ad annullare le prime quattro date di questo nuovo tour europeo: Parigi, Amsterdam, Madrid e Barcellona. La sera stessa in cui il locale di Barcellona, l'Apolo 2, mi ha scritto una e-mail avvertendomi dell'annullamento, dopo il cortese invito di Massi e della consorte, ho subito prenotato un volo per Varsavia. Stasera siamo qui fuori dal Kulturalna a mangiarci uno zapiekanki prima di entrare.
Il Café Kulturalna è un bar al piano terra dell'immensa struttura che è conosciuta come Palazzo della Cultura e della Scienza (qui potete vedere un video di Basia che canta The Shore dentro al Kulturalna vuoto, mentre qui la vedete che canta Hush davanti al Palac Kultury i Nauki), e consta di due grandi stanze arredate con poltrone, tavolini e sedie datate; al fondo della stanza più grande, un bancone. Un'apertura dà sull'esterno e fa circolare un po' d'aria, in questa serata di maggio particolarmente calda. Con stupore apprendiamo che non si può fumare all'interno: una novità assoluta, in Polonia. Il palco è disposto su un lato del locale dove si trova il bancone. Tra il palco, piccolo ma fortunatamente rialzato di almeno mezzo metro, e il banco mixer, si e no quattro metri. Ci mettiamo in prossimità del palco, centrali. Non esageriamo, ma siamo in seconda fila. Su tre "possibili" fisicamente.
Non me ne accorgo, ma Basia mi passa di fronte. Sembra nervosa, e stringe gelosamente uno dei suoi autoharp, come se qualcuno volesse rubarle il suo tesoro. La vediamo confabulare prima con una bionda di pelle molto chiara (scopriremo poi che si tratta di Holly Coish, che suona con lei l'ukulele da anni), poi con una ragazzona castana, che scopriremo essere Paula dei Paula I Karol, la band polacca che aprirà i due concerti. Non sono ancora le 22,00, e sale sul palco Paul Frith, del quale non conoscevamo l'esistenza fino a poco fa. Paul è inglese, suona la chitarra (ma non solo), e canta le sue canzoni da solo, facendosi chiamare Paul Frith & The Considerate Lovers. Ha baffi e basette da fare invidia, e ci sta simpatico a pelle. Suona quattro pezzi, uno dei quali accompagnato ai cori da Holly e Basia, il più bello, Mother, che non è contenuto nel suo EP d'esordio All Wisdom Ran Away, ma che potete ascoltare nel suo myspace. Sono pezzi che mi verrebbe da definire sinfonici, se non fosse che li esegue chitarra e voce, ma hanno un respiro romantico e soffice; la sua voce risulta più profonda di quanto, me ne accorgerò poi ascoltando l'EP, non sia su disco. Sorride e ringrazia con un dziękuję (grazie in polacco) impacciato.
Dopo di lui, Paula I Karol, con l'aggiunta di Igor alle percussioni e tastiere (Massi mi racconta che hanno aperto anche nel dicembre scorso per Basia, e Igor non c'era). Giocano in casa, e il pubblico, molto caloroso per tutta la sera, li acclama. Karol suona la chitarra e canta alcune parti, Paula suona una sorta di vibrafono in miniatura, il violino, e si accolla la maggioranza delle parti vocali, Igor sostiene vigorosamente il tutto. La musica è una sorta di folk giocoso, quasi bambinesco, che in molti momenti sfiora la filastrocca. Sorridono sempre. L'apoteosi è quando, quasi in conclusione, eseguono Goodnight Warsaw. Basia si presta per un pezzo dove sostiene i cori (Hold Onto, ascoltatela sul loro myspace perchè si capisce anche qui, con pochi vocalizzi, la grandezza di Basia), poi c'è anche un'altra ospite, locale, che suona il basso su un paio di pezzi. Archiviata la pratica, ecco che arriva il momento tanto atteso. Il palco è suo, e, per i primi tre pezzi, suo soltanto. In effetti, prima che salga sul palco, si smonta pure la batteria. Non ci sarà, quindi, suo fratello Bobby, e neppure la violoncellista Allison che, mi dice Massi, la accompagnava la volta scorsa (e che ho visto in diversi video live su youtube). Ma non c'è tempo di temere: Basia si accomoda su uno sgabello altissimo (per lei), stivali da cowgirl e vestitino leggero fantasia, zazzera bionda che spesso le copre gli occhi celesti molto chiari, e con il suo autoharp suonato con i thumbpick attacca A Secret. Esecuzione impeccabile, ma soprattutto, la voce è qualcosa di difficilmente descrivibile a parole. Prosegue in solitaria con In The Night, uno dei pezzi di punta del primo disco, anche se a distanza di 3 anni non mi è chiaro il perchè non ci sia su alcune versioni (probabilmente è un'aggiunta della seconda edizione). Anche qui, difficile da credersi, ma un pezzo che in versione originale è denso di percussioni, acquista un senso eseguito in questa maniera scarna, soprattutto perchè Basia è brava a suonare l'autoharp e ad "aprire il gas" della sua ugola che impressiona in quanto a potenza. Il terzo pezzo che esegue da sola, ancora con l'autoharp, è una cover: il titolo è To Nie Ptak ("non è un uccello"), ha il testo in polacco, ed è contenuta originariamente nel disco Kayah i Bregović, collaborazione del 1999 tra la famosa (in patria) cantante polacca e il compositore nato a Sarajevo. Basia la spoglia dai ricami balcanici e arabeggianti e la fa sua, con grande trasporto, scusandosi per la pronuncia, ma ovviamente conquistando una platea ridotta (saremo duecento, forse), ma adorante.
A questo punto ecco sul palco Holly con il suo ukulele e la sua voce, e, a sorpresa, Paul Frith, visto prima, che imbraccia il basso (ma, più tardi, anche la tromba) e non disdegna ovviamente di sostenere i cori. In effetti, ci vuole sostegno, non essendoci le percussioni, per la canzone che apre questa parte del concerto: Gold Rush. L'impegno dei tre non fa percepire la mancanza di una sezione ritmica completa; Basia svaria con una padronanza impressionante della sua voce. Il pezzo seguente è Run, con un apporto importante ai cori di Holly, e come sempre convincente nella sua riuscita complessiva. Basia a questo punto cambia autoharp, ne prende con grande attenzione uno che sembra essere più vecchio, che suona poggiandolo sulle ginocchia, a differenza dell'altro (che invece poggia sul petto), e, altra differenza, percuotendo le corde con un martelletto (vi rimando al video linkato prima, per capirne di più). Nonostante l'apparente complessità dell'esecuzione strettamente musicale (alcune note non escono perfettamente, e mi sembra quasi di capire che le luci le impediscono di vedere bene lo strumento), Basia non rinuncia a "giocare" con le note della sua voce, e ne esce un altro momento (di circa cinque minuti) da fiato sospeso. Ecco che per la prima volta imbraccia la chitarra per eseguire Little Waltz, un altro pezzo struggente dal primo disco, un'altra occasione per rimanere a bocca aperta davanti alla quantità di variazioni della sua voce. Ritmo che si alza per If Only You, che paradossalmente risulta velocizzata dall'assenza della batteria e, anche se leggermente meno ricercata e arrangiata per via dei cori meno "spessi", semina allegria dentro il Kulturalna.
Paul lascia il basso e prende la tromba, per questo pezzo, e se la cava alla grande, arricchendo l'arrangiamento.
L'allegria di cui sopra non si placa, perchè la piccola canadese ha in serbo una sopresa tutta polacca: ecco W Zielonym Zoo, un pezzo polacco degli anni '60, che parla d'amore allo zoo, di Ludmiła Jakubczak che, da vagamente ammiccante come nell'originale, diventa simpatico e ingenuo nella versione di Basia, che alla terza strofa si dimentica completamente il testo e si fa aiutare da un'amica nelle prime file. Apoteosi.
Arriva anche Snakes And Ladders, un pezzo che mi dà sempre quella sensazione di qualcuno che mi apre il petto e mi toglie il cuore, e mi rendo conto che ormai sono suo. Di lei, qui, a due metri scarsi da me, che canta "I love the way we come undone". Ecco anche Go On, cantata (ancora) splendidamente (quando "alza" mette i brividi), con quell'incedere un po' western, ed ecco I Was A Daughter, durante la quale il ritmo dell'audience viene messo alla prova da un clap-hands ritmatissimo. Il risultato è buono, e quando arrivano gli stop ci si commuove quasi, col cantato struggente e i cori angelici di Holly.
E' il momento della title-track del nuovo disco, Heart Of My Own, un pezzo dedicato, a quanto comprendo, al "sentirsi a casa", cosa che Basia sostiene di sentire qui in Polonia, grazie agli amici. Sono un po' invidioso. Degli amici, intendo. Cominciano a mancarmi gli aggettivi, dopo la versione che ci regala. Il pezzo ha un che di marziale, e credo che tutto il Kulturalna battesse il piedino, durante l'esecuzione.
Pausa. Sono in pace con me stesso. Mi sento bene. Però adesso torna, ti prego.
Si va avanti con un pezzo che avevo quasi dimenticato, e mi pento amaramente, perchè è di una bellezza quasi offensiva: The Pilgriming Vine. Così come il pezzo che segue, sempre dal disco di debutto, esattamente il pezzo di apertura, quello che dice "Oh, it was the first time I fell in love": Before I Knew, durante tutto il quale l'intero Kulturalna si spella le mani in un clap-hands completo fino all'applauso finale che travolge Basia che ha, per questo pezzo, lasciato la chitarra, Holly che l'ha sostenuto tutto con il suo ukulele, e pure Paul.
Ringraziamenti in polacco e non, emozionata e contenta, scende e poi risale sul palco. Chiede ai tecnici di spegnere completamente i microfoni, e ci lascia con una gemma preziosa (ancora una volta, vedi uno dei link in apertura): Hush, la bonus-track di Heart Of My Own per iTunes, un gospel cantato a capella, con battito di mani e sbattimento di tacchi sulle assi del palco, che lascia attoniti e ammirati.
Ci sarebbe, a questo punto, da raccontare secondo per secondo quello che accade. Ma non sarebbe molto professionale, anche se so benissimo che questo blog, e soprattutto questa recensione, è tutto meno che professionale. Ma non vorrei annoiarvi.
Riassumerò il tutto. Almeno, provo a non farla troppo lunga. Consci che l'indomani andremo fino a Cracovia per rivederla, ci prendiamo una meritata birra al banco, e ci sediamo su due comode poltrone (una delle quali è proprio quella su cui è seduta Basia in questo video), aspettando che sfolli un po' di gente, compresa quella al banco del merchandise. Non pensate però a folle oceaniche. A metà birra ci avviciniamo, Basia chiacchiera gentilmente con chiunque le si avvicini, io compro una copia del disco nuovo dalle mani di quello che scopriremo essere il tour manager europeo, e gli racconto in breve che vengo dall'Italia e che avevo pure comprato il biglietto per il concerto di Barcellona. Lui a queste parole strappa Basia dalla sua conversazione e ci presenta (io e Massi). Mi autografa il dischetto chiedendomi lo spelling esatto di Alessandro, le racconto la stessa storia, lei mi ringrazia e fa tutta una serie di esclamazioni, Massi le racconta che in dicembre le aveva parlato di me e le aveva fatto autografare il primo disco (sempre per me), le diciamo che domani la "seguiremo" a Cracovia, arrivo a dirle addirittura che la amo e amo la sua musica, le chiediamo delle date annullate, ci spiega di un problema con i voli annullati e i biglietti che le hanno rimborsato, Massi le dice che dalla volta scorsa il suo polacco è migliorato, e alla fine esagero: le indico col ditino Walk You Down sul retrocopertina di Heart Of My Own e le chiedo se me la suona domani sera.
Mi aspetto una risposta vaga, e invece lei mi dice tranquillamente che si, ci proverà. Rischio di rimanerci secco, ma resisto, Massi addirittura le dice che se le serve un batterista io me la cavo, le dico che si, non sono bravo come suo fratello Bobby, ma giustamente fa finta di niente. Si congeda per dare soddisfazione ad altri e noi imperterriti blocchiamo Holly e le raccontiamo per un po' le solite cose, poi iniziamo a parlare di tutt'altro, e ne ricaviamo l'impressione che se non fosse per il tour manager che la richiama all'ordine per raccogliere le sue cose dal palco, saremmo ancora lì a parlare di tutto e di niente.
Usciamo, e la notte di Varsavia è fresca, ha piovuto ma si sta proprio bene. Ridiamo e ci inventiamo flirt canadesi. Non mi rendo conto, scherzandoci su, di quanto mi ha regalato questa serata, e non penso neppure a quella di domani, ma solo al viaggio per arrivarci.

L'orario di inizio è alle 20 anzichè alle 22 come quello di ieri sera a Varsavia. Il Forty mi ricorda Le Catacombe di Volterra, un locale fatto in mattoncini con tanti vani comunicanti. Compriamo il biglietto alla cassa, e si conferma il fatto che qui in Polonia, se compri il biglietto in prevendita lo paghi meno. Il biglietto non ce lo danno proprio, ci fanno direttamente la contromarca sulla mano. Entriamo nella sala dove c'è il palco, che è bassissimo, rispetto a quello del Kulturalna; da notare però che c'è una tastiera/piano. La sala non è grandissima, e ci sono dei cubi a divanetto per le prime file. Incredibile, ci sediamo in prima fila. Massi stasera ha portato la macchina fotografica, si prepara. Aspettiamo fiduciosi, si inizia leggermente in ritardo, e c'è sempre Paul che stasera per il suo pezzo forte si fa accompagnare solo da Holly ai cori. Le sue canzoni hanno un deciso respiro poetico e romantico, delicato.
Ecco poi Paula I Karol, che cambiano leggermente l'ordine della scaletta; Holly li accompagna per un pezzo, niente Basia, sembra che non stia benissimo (e qui ci preoccupiamo un po'), e Paul suona il basso con loro per alcuni altri pezzi.
Quando finiscono, ecco Basia che prepara il suo pezzetto di palco, sempre con l'autoharp, e dispone le scalette. La sbircio, l'ha cambiata, ha inserito Walk You Down. Nonostante comprenda la tensione pre-concerto, la disturbo per un attimo, la saluto e la ringrazio facendole capire di aver letto la setlist. Lei è gentilissima seppur indaffarata, sorride. La facevo molto più timida, penso. Niente di tutto questo, era un'idea mia e chissà come mi era venuta in mente.
Passano alcuni minuti, ed è tutto pronto. Nessun segno di indisposizione, Basia è lì sul palco, su uno sgabello più basso e probabilmente più confortevole di quello di ieri sera, col suo autoharp, e sta per iniziare il suo concerto. Si parte.
La scaletta, nella sua parte iniziale, segue pedissequamente quella alla quale abbiamo assistito la sera precedente a Varsavia. Primi tre pezzi da sola con l'autoharp suonato a mano con i thumbpick, A Secret, In The Night e To Nie Ptak, senza nessun cedimento, con il solito trasporto passionale che Basia mette nella sua musica. Arrivano i rinforzi, i soliti Holly e Paul, e si passa a Gold Rush, Run e The Shore. Su questa ultima, sempre eseguita con l'autoharp che chiameremo "a martelletto", l'esecuzione soddisfa più di quella di ieri. Note più precise, anche Basia mi sembra più soddisfatta. Mi convinco definitivamente che era colpa della luce, infatti il palco del Forty, seppur più basso, è decisamente più professionale e meglio illuminato. Su Run invece mi rendo conto che ormai è da ieri sera che canto quasi a memoria ogni pezzo, e sto cominciando a fare i cori a voce alta e a percuotermi le gambe alla ricerca della batteria perduta. Dopo The Shore si passa alla prima variazione, sempre rispetto a ieri sera: If Only You, quindi salta Little Waltz, W Zielonym Zoo, dove Basia salta una strofa (ce ne accorgiamo perchè non la sentiamo pronunciare hipopotamy, cosa che mi aveva colpito la sera prima), viene "anticipata" Heart Of My Own e poi ripresa Go On. Il pubblico è meno numeroso ma ugualmente coinvolto, l'attenzione alla prestazione e la simpatia modesta di Basia, insieme al profilo bassissimo dei suoi due partner sul palco, non possono non impressionare favorevolmente anche chi si trovasse qui per caso. I pezzi scorrono veloci e non vorrei che finisse mai. Basia si siede al piano, e Holly imbraccia la chitarra. Basia dice che per Holly è la prima volta con una chitarra su un palco. Eseguono Walk You Down, e per la prima volta influisco su una scaletta di un concerto. Alcune piccole sbavature, che riesco a sentire però sapendo che è stata provata tra ieri e oggi, quindi figuriamoci quanto, non sono sufficienti per scalfire la bellezza di questo pezzo che secondo me è enorme. Basia non si risparmia, e la versione alla fine è più che apprezzabile. Chiude la prima parte della scaletta I Was A Daughter, dove Holly fa una parte importantissima, sia con i battimani che con i cori.
Dopo la pausa, ecco Snakes And Ladders, "saltata" prima, in una versione intensissima con Basia al piano. Da brividi veri. Avanti con la coppia The Pilgriming Vine e Before I Knew (col consueto clap-hands corale), e sappiamo che è quasi finita. Sono ipnotizzato ormai.
Basia torna sul palco da sola, chiede di spegnere i microfoni (i tecnici del Forty sono meno pronti di quelli del Kulturalna, si capisce da quanto ci mettono per fare questa manovra), ed esegue la ormai consueta, ma sempre impressionantemente (alla Cetto Laqualunque) bella Hush.
Con Massi ci prendiamo una birra, tanto per consolidare una tradizione nata ieri ma che ci preme, e dopo qualche minuto andiamo verso l'ingresso. Basia ci accoglie come vecchi amici. La ringrazio ancora per Walk You Down, anche se non le risparmio la mia pignoleria sull'esecuzione, e le dico che è riuscita a farmi piangere. Approfondiamo il discorso sull'annullamento delle prime date di questo tour europeo e sul fatto che non abbia tutta la band con sé. Ci spiega che, per via delle ceneri del vulcano islandese, le hanno rimborsato solo due passaggi, per cui ha deciso di "portarsi dietro" solo Holly. Con un ragionamento da bambini ci spieghiamo Paul: il tour manager europeo che è inglese, glielo ha probabilmente "reclutato", ottenendo così di farlo aprire le sue date. Holly suona con lei, se capisco bene, da sempre. Il discorso cade sul fratello Bobby, perchè lei sostiene che con questa scelta ha fatto, come si suol dire, di necessità virtù, dice che è una prova anche per lei, e che suo fratello prima o poi avrà una band tutta sua e la lascerà, per cui va bene così, e si provano nuove soluzioni. Scopriamo che l'indisposizione, della quale aveva accennato Paula durante il concerto, è solo che Basia non è riuscita a dormire granchè stanotte. E non solo: tra poche ore, alle 4,00 precisamente, dovranno prendere un aereo da Cracovia per Londra, perchè tra due giorni li aspetta l'ultima data europea a Brighton. Alla fine, la salutiamo con baci e abbracci, e le dico che sono felice di averla conosciuta. Facciamo due chiacchiere con Holly, che poi ha da fare e ci lascia momentaneamente, usciamo a cercare Paul che voglio comprargli il cd e lo voglio dalle sue mani. E' l'ora di andare, ma non abbiamo salutato Holly, rientriamo a cercarla, troviamo il tour manager che ci fa passare verso una delle stanze del locale adibite a sala mensa, e li troviamo tutti lì intorno ad un tavolo pieno di cartoni per la pizza e frutta. Salutiamo Holly, che non potevamo andarcene senza, e Basia quasi si commuove. Ci saluta con le sue mani piccole, e il suo grande cuore. Saliamo su un taxi nella notte cracoviana.

Non so spiegare bene cosa mi tocchi tanto profondamente nella musica e nella voce di Basia Bulat. Ma so che è così. Mi è costato del tempo scrivere questa recensione, ma solo perchè per un paio di settimane abbondanti dopo questo concerto, e dopo essere tornato a casa, non riuscivo più ad ascoltare le sue canzoni senza commuovermi, senza che mi venisse un groppo in gola. Adesso ci riesco di nuovo, ed ancora mi fanno provare sentimenti contrastanti, ma sempre forti. E' stato un po' come una seduta di autoanalisi scriverla. Come le ho detto di persona, come un adolescente fa al poster del suo artista preferito, "I love you, and I love your music".
Non so se c'entra qualcosa, ma in casi come questi mi viene sempre in mente Benvegnù. Siamo troppo suggestionabili. Yes I am.

6 commenti:

massi ha detto...

Lo sapevo, ti sei dimenticato della carota attaccata alla cinghia del basso di Paul.

ndruglio ha detto...

applausi
quando ha detto che bobby la lascia potevi dire "deh ci so io beLLa, miha ti serve pefforza i ffiLLio di tu ma"

jumbolo ha detto...

touché massi

Filo ha detto...

mi hai fatto commuovere pure a me.

exit ha detto...

Sì, ma adesso la "febbre" a che punto è? Un po' scesa?

jumbolo ha detto...

si. come detto e scritto. out of sight, out of mind. e, mio malgrado, sono dovuto diventare esperto in razionalizzazioni di "idee impossibili".