A volte anche quelli bravi non trovano le parole. E' allora che entrano in campo quelli ancora più bravi. Mi è capitato di essere in disaccordo con le cose che scrive Curzio Maltese. Non molte. Di certo, stavolta ha espresso perfettamente come mi sento. E non solo: immodestamente, mi sento di dire che il 90% di quelli che conosco si sentono esattamente così. Come quel 10, 15% descritto dalle ricerche di cui parla Maltese nel suo Contromano apparso venerdì scorso sul Venerdi di Repubblica. Sentite qua.
Contromano di Curzio Maltese
Nell’attesa messianica e improbabile di un Obama italiano che non arriverà mai, vale la pena guardarsi intorno in Europa, dove la crisi sta cambiando la mappa della politica. Il primo effetto è la rinascita, un po’ ovunque, di una sinistra sociale forte, incarnata in Germania dall’avanzata di Die Linke di Oskar Lafontaine.
Le ricerche rivelano in Italia un pezzo consistente di elettorato, dal 10 al 15 per cento, disposto a votare una sinistra sinistra, che si batta per una maggiore giustizia sociale – siamo diventati il Paese più ineguale dell’Occidente -, per il recupero della dignità quotidiana dei lavoratori, per l’ambiente e per i valori laici.
Questi milioni d’italiani oggi non hanno una rappresentanza politica. Cioè, in teoria, ne avrebbero perfino troppa, fra le varie bande di Rifondazione, gli altri partitini ex comunisti, i rimasugli verdi e gli altri sovversivi da salotto televisivo, oggi impegnati tutti in un regolamento di conti intorno alla torta decrescente dei finanziamenti pubblici ai partiti.
Ma se uno affronta un esperimento semplice, per esempio rendere un treno di pendolari al Nord e fermarsi a parlare durante le lunghe soste, capisce subito che la piccola nomenclatura postcomunista, per quanto gradita a Bruno Vespa e alle reti di Silvio Berlusconi, non ha alcuna speranza di riprendere i consensi perduti.
Queste persone, operai, insegnanti, studenti, intellettuali, oggi non votano più, nella maggioranza dei casi, altri votano insoddisfatti il Pd, oppure Di Pietro, certi credono alla Lega, ma sempre meno. Sono in attesa di qualcuno che rimetta al centro della politica gli interessi dei lavoratori, al posto del gossip da Palazzo romano o delle diatribe narcisistiche in cui si esaurisce la ridicola battaglia politica dei liderini di sinistra.
Ora, il vuoto in politica dura poco e durerà pochissimo anche questo. Il mondo è cambiato, anche se nessuno lo ha detto a Paolo Ferrero e Fausto Bertinotti. La crisi economica muta le prospettive, le idee, aggiorna le mappe ideologiche e perfino le stravolge. L’hanno capito i destri più svegli, come Tremonti, che attacca oggi il libero mercato più di quanto non lo esaltasse l’altroieri. E dove sono finiti i trombettieri della guerra permanente, che fino all’altro giorno sfottevano i pacifisti?
Quelli si muovono in fretta, magari troppo. Ma a sinistra dormono e qualcuno, prima o poi, li sveglierà in malo modo.
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Dal Venerdì di Repubblica del 16.1.2009
Nell’attesa messianica e improbabile di un Obama italiano che non arriverà mai, vale la pena guardarsi intorno in Europa, dove la crisi sta cambiando la mappa della politica. Il primo effetto è la rinascita, un po’ ovunque, di una sinistra sociale forte, incarnata in Germania dall’avanzata di Die Linke di Oskar Lafontaine.
Le ricerche rivelano in Italia un pezzo consistente di elettorato, dal 10 al 15 per cento, disposto a votare una sinistra sinistra, che si batta per una maggiore giustizia sociale – siamo diventati il Paese più ineguale dell’Occidente -, per il recupero della dignità quotidiana dei lavoratori, per l’ambiente e per i valori laici.
Questi milioni d’italiani oggi non hanno una rappresentanza politica. Cioè, in teoria, ne avrebbero perfino troppa, fra le varie bande di Rifondazione, gli altri partitini ex comunisti, i rimasugli verdi e gli altri sovversivi da salotto televisivo, oggi impegnati tutti in un regolamento di conti intorno alla torta decrescente dei finanziamenti pubblici ai partiti.
Ma se uno affronta un esperimento semplice, per esempio rendere un treno di pendolari al Nord e fermarsi a parlare durante le lunghe soste, capisce subito che la piccola nomenclatura postcomunista, per quanto gradita a Bruno Vespa e alle reti di Silvio Berlusconi, non ha alcuna speranza di riprendere i consensi perduti.
Queste persone, operai, insegnanti, studenti, intellettuali, oggi non votano più, nella maggioranza dei casi, altri votano insoddisfatti il Pd, oppure Di Pietro, certi credono alla Lega, ma sempre meno. Sono in attesa di qualcuno che rimetta al centro della politica gli interessi dei lavoratori, al posto del gossip da Palazzo romano o delle diatribe narcisistiche in cui si esaurisce la ridicola battaglia politica dei liderini di sinistra.
Ora, il vuoto in politica dura poco e durerà pochissimo anche questo. Il mondo è cambiato, anche se nessuno lo ha detto a Paolo Ferrero e Fausto Bertinotti. La crisi economica muta le prospettive, le idee, aggiorna le mappe ideologiche e perfino le stravolge. L’hanno capito i destri più svegli, come Tremonti, che attacca oggi il libero mercato più di quanto non lo esaltasse l’altroieri. E dove sono finiti i trombettieri della guerra permanente, che fino all’altro giorno sfottevano i pacifisti?
Quelli si muovono in fretta, magari troppo. Ma a sinistra dormono e qualcuno, prima o poi, li sveglierà in malo modo.
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Dal Venerdì di Repubblica del 16.1.2009
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