No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20090106

a proposito di morte 6

La quinta parte il 4 gennaio 2009

I film e le ultime cose

"Volevo rompere il silenzio, perché parlare di malati terminali è un fatto di civiltà".

Dice così Francesca Catarci, la regista di RaiTre che ha realizzato il documentario Intorno alle ultime cose dove intervista due malati oncologici negli ultimi mesi di vita.

"Ci ho messo un sacco di tempo - mesi - per far passare la mia idea, sembrava che non interessasse a nessuno. Parlare della morte è considerato sconveniente".

Così ha scelto due pazienti consapevoli di quello che stava per accadere, che riescono a raccontare l'ultimo pezzo di vita con una certa serenità. Gianni, uno dei due malati terminali di cui il film racconta la storia, diceva:
"Io voglio morire vivo, non da pre-morto. E questa speranza posso alimentarla soltanto qui, in questo hospice. La vita è prima di tutto relazioni. Anche i trattamenti teraputici sono relazioni, solo una piccola parte è sostanze, terapie, macchinari". Oggi quel documentario "vive di vita propria", continua Catarci. "E continuano a chiedermelo da scuole, università, associazioni".

What do you see, cosa vedi, è la domanda che pone la regista inglese Amanda Waring. Ovvero: riusciamo a vedere delle persone oltre i corpi martoriati dalla vecchiaia e dalla malattia? Dieci minuti di film girati in un hospice e dedicati alla mamma, l'attrice inglese Dame Dorothy Tutin, che al termine della vita è stata assistita in un ospedale londinese da persone che non la guardavano nemmeno in faccia. Amanda l'ha spostata in un'altra struttura. Dopo la sua morte, ha tirato le somme di una società ancora parzialmente incapace di difendere i malati terminali dall'onta dell'invisibilità sociale. Ha venduto la casa dove abitava per fare quel film, poetico e toccante - drammatizzazione della poesia di un'infermiera inglese negli anni '60 - che oggi ha raggiunto quasi un milione di persone.
"Perché ero convinta della sua giustezza, della forza del suo messaggio: alla fine della vita serve dignità come e più di prima, rispetto e umanità da chi si prende cura di te".
Dietro a questo piccolo grande film c'è, in verità, il cambiamento di coscienza di una società, quella inglese:
"Oggi il person centered care è entrato nella coscienza di molti e sono stati definiti standard assistenziali precisi, monitorati ogni nove mesi. Inoltre esistono già alcune strutture che da anni mettono le persone al centro dell'assistenza, come le McMillan Nurses che si occuparono anche di mia madre".
Waring non ha abbandonato l'impegno. Conferenze e incontri - il prossimo al British Institute for Human Rights - e persino un festival nel 2010 per celebrare, nel West Sussex, le diverse generazioni a confronto. Intanto, al primo film se ne aggiungeranno altri: The Big Adventure, sul valore trasformativo della morte, e No Regrets, sul sentimento di colpa dei parenti.

Giuliano Di Caro

fine

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