La terza parte il primo gennaio 2009
Un modello per il futuro
"Chi sta morendo ha diritto ad avere cure che non lo facciano soffrire. A scuola insegniamo che cosa è giusto fare per un determinato paziente, in modo che sia lui a decidere quando e in che misura vuole essere curato".
Michele Gallucci è un medico palliativista che insegna alla Simpa (Scuola Italiana di Medicina e Cure Palliative) di Milano.
Che cosa fa un palliativista?
"Cura la qualità della vita del paziente togliendo i motivi di sofferenza, in parte con i farmaci. In Italia facciamo fatica a dare al malato la proprietà delle sue decisioni. La fine della vita deve avvenire con dignità, siamo d'accordo. Ma chi decide la dignità? Il medico? Il familiare? In Italia non è certo il malato".
Come è nato il suo interesse per queste cure?
"Sin da quando studiavo Medicina mi è sempre interessato il tema della morte, anche se nel corso di laurea non viene mai menzionata, come se non esistesse. Vinsi una borsa di studio all'Istituto Tumori, e cominciai a occuparmi di terapia del dolore e cure palliative. Nell'82 sono stato il primo a fare assistenza domiciliare a Milano. Non c'erano gli hospice e distribuivo lo sciroppo di morfina. Fu l'inizio di un'avventura rivoluzionaria".
Le pesa fare questo lavoro?
"È un lavoro che deve essere fatto. Tutti i medici che lavorano in un luogo dove si muore devono avere una competenza per curare le persone che muoiono".
Che cosa si farà nei prossimi anni?
"Siamo bravi a curare la fase terminale di un cancro, non di malattie neurologiche, polmonari, cardiache... Questi pazienti hanno un percorso diverso per cui è necessario elaborare un modello diverso".
M.A.
continua domani
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