Giudizio sintetico: si può vedere (3/5)
Berlino alla fine del 1923. Abel Rosenberg, un ebreo di origine americana, è un alcolista disoccupato ed ex trapezista che usa l'alcol per affrontare l'orrore e le incertezze della vita nella Germania del dopoguerra, la povertà e l'inflazione che paralizza l'economia tedesca dell'epoca. Una notte torna a casa per scoprire che suo fratello Max si è suicidato. Abel incontra il suo vecchio capo, che gli dà dei soldi nel tentativo di convincerlo a tornare al suo circo di successo. Abel si rende conto che non sarà bravo come era con suo fratello e rifiuta, ma il suo capo gli permette di tenere comunque i soldi. La comunità ebraica viene descritta dai media come un cancro della società; nonostante sia egli stesso un ebreo, Abel ha poca simpatia per le persone, ebree o no, che si mettono nei guai per "agire in modo stupido". Va a trovare la moglie di suo fratello Manuela per darle la notizia della morte di Max. Lei chiede cosa ha innescato il suicidio di Max, ma Abel non è in grado di fornire una risposta solida. L'unica frase nella nota di suicidio di Max che Abel riesce a distinguere recita: "Un flagello sta per abbattersi su di noi".
Film molto amaro (il regista stesso lo definì "quasi un film dell'orrore"), nel quale probabilmente il regista riversa anche i suoi problemi personali con il fisco svedese, sull'ascesa del nazismo, ma a mio modestissimo parere, un po' confusionario, e molto simbolista (il che non aiuta nella comprensione e nella fruizione). Forse uno dei suoi meno riusciti.
Very bitter film (the director himself called it "almost a horror film"), in which the director probably also pours his personal problems with the Swedish taxman, on the rise of Nazism, but in my humble opinion, a little confusing, and too much symbolist (which does not help in understanding and fruition). Perhaps one of the least successful of Bergman.
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