Il solista - di Joe Wright 2009
Giudizio sintetico: si può vedere (2,5/5)
Giudizio vernacolare: un è malaccio
Steve Lopez è un giornalista del LA Times, autore di una colonna molto seguita. E' anche scrittore, ma un po' per il classico blocco, un po' per i tempi che corrono, è a corto di idee. Dopo un incidente in bicicletta, incontra per caso un homeless: si chiama Nathaniel Ayers e suona divinamente un violino che ha due corde. Steve, una vita disordinata, una ex moglie con la quale lavora e conserva un rapporto buono ma malinconico, un figlio grande che nessuno dei due vede mai, e una concreta preoccupazione su come conservare una certa agiatezza visti i licenziamenti che gli fioccano intorno, prima che empatia prova interesse egoistico verso la storia di Nathaniel, ci vede una storia che può fargli guadagnare lettori. Decide di indagare, e dopo aver scoperto che effettivamente, era un più che promettente studente di violoncello di una prestigiosa scuola di musica, decide di aiutarlo. Nel frattempo, si scopre che Nathaniel soffre di schizofrenia, che ha ancora una famiglia, da qualche parte, ma anche del talento. Steve, che decide di intraprendere il viaggio agli inferi per dare una mano a Nathaniel, viene a contatto con gli ultimi di Los Angeles, e, in un certo qual modo, apre gli occhi.
Gli elementi per un drammone melò ci sono tutti, basta che leggiate la trama. Metteteci dentro anche il fatto che il regista è lo stesso di Orgoglio e pregiudizio come pure di Espiazione. Storia vera, dal libro di Steve Lopez (quello vero) The Soloist: A Lost Dream, an Unlikely Friendship, and the Redemptive Power of Music, sceneggiatura di una esperta e marpioneggiante Susannah Grant, adatta a tutte le stagioni (In Her Shoes, Pocahontas, Erin Brockovich). Come già espresso in passato, Wright è onesto lavoratore capace di buone cose e, al tempo stesso, di toccare le corde sentimentali dello spettatore. Il film non è eccelso ma arriva, e commuove. Il cast è superbo, e lavora senza esagerare, ma lascia ugualmente a bocca aperta: se non ci sono più aggettivi per descrivere la bravura di Robert Downey Jr. (Steve Lopez, quello finto) e di Jamie Foxx (Nathaniel Ayers), qui abbiamo un contorno di figure marginali di lusso, sulle quali ovviamente spicca la mai abbondantemente osannata Catherine Keener (Mary Weston), alla quale evidentemente non interessano le prima pagine e i paparazzi, e si accontenta sempre di parti da non protagonista.
Non sarà da Oscar, ma è un film che può dare un colpettino sulla spalla di molte coscienze sopite.
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