Desert Flower - di Sherry Horman 2009
Giudizio sintetico: si può vedere - per la causa (2,5/5)
Giudizio vernacolare: storiaccia
Waris Dirie non è sempre stata una top model. E' nata nel 1965 circa, nel deserto somalo, da una famiglia nomade, e all'età di 13 anni è fuggita a piedi, attraverso il deserto appunto, fino a reggiungere la nonna a Mogadiscio, per sfuggire ad un matrimonio combinato dal padre, con un uomo molto più vecchio di lei. Tramite altre conoscenze, al servizio di un diplomatico, si trasferisce a Londra, dove vive per un periodo praticamente segregata. Una sommossa nel paese di origine crea problemi anche nell'ambasciata, dove lei era a servizio, ed è qui che per lei comincia un'altra vita. Perduta a Londra, conoscendo si e no tre parole di inglese, si imbatte in Marylin, una commessa che, a suo modo, ha problemi quanto lei, che dopo un'iniziale disinteresse, la accoglie e la aiuta a trovare lavoro in un McDonald's. E' qui che Waris viene notata da Terry Donaldson, un fotografo di moda, e questa volta è la diffidenza iniziale di Waris che ritarda il suo ingresso nel mondo dorato delle indossatrici.
Contemporaneamente a tutto questo, Waris, a contatto con il mondo occidentale, sessualmente molto più disinibito del suo di origine, scoprirà non senza problemi, che la mutilazione genitale che ha subito da piccolissima, cosa che in molti paesi dell'Africa rurale è tutt'oggi normale, non è praticata. Comincia così il percorso che la porterà, oltre alla sua carriera di modella, a diventare Ambasciatrice per l'ONU.
Tratto dall'omonimo libro autobiografico, naturalmente di Waris Dirie, il film della Horman, nata negli USA ma trasferitasi in Germania all'età di sei anni, sembra un po' un'occasione sprecata. La storia, e i numeri statistici con i quali si chiude il film, sul numero di ragazze che ancora oggi vengono orrendamente mutilate con questa pratica disumana, è di per sé toccante e straziante, ma la messa in scena diretta dalla Horman, dove la parte principale, quella di Waris, viene affidata alla modella etiope Liya Kebede, rende il tutto un po' troppo superficiale, perfino quando vuole essere drammatico, vedi l'insistenza insopportabile del tema musicale nelle parti desertiche. L'inserimento della storia d'amore con Harold sembra solo un pretesto per allungare il brodo, e ogni avanzamento della storia sembra poco fluido.
Nonostante la presenza di due cavalli di razza, Sally Hawkins nella parte di Marylin (che recita in un incomprensibile slang cockney che, a tratti, sembra forzato per far risaltare l'inglese storpiato e decisamente rudimentale di Waris, almeno agli inizi della loro amicizia), e Timothy Spall nella parte del fotografo Terry Donaldson (forse per la prima volta ho visto questo grande attore leggermente a disagio), il film non decolla mai. Per una volta, la distribuzione italiana (il film, presentato a Venezia nel 2009, non è stato distribuito da noi) ci ha preso, non facendolo uscire.
2 commenti:
Minchia, sai che me lo ero totalmente scordato sto film?
sono la tua memoria...
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