Hereafter - di Clint Eastwood (2011)
Giudizio sintetico: si può vedere ma anche no (2,5/5)
Giudizio vernacolare: inconcrudente
Marie LeLay è una giornalista televisiva francese; è in vacanza/lavoro in un'isola del Pacifico, insieme ad uno dei suoi capi, Didier, che è pure il suo amante. La mattina prima di tornare a Parigi, Didier rimane a letto un po' di più, mentre Marie scende per comprare dei regali, per i figli di Didier. Mentre Marie è in strada, un tremendo Tsunami si abbatte su quella sorta di paradiso; Marie lotta con tutte le sue forze, anche per salvare una bambina locale, ma non ce la fa. Perde conoscenza, abbandona la vita, ma grazie all'aiuto di due abitanti del luogo che le praticano la rianimazione cardiopolmonare, "torna". Durante la sua permanenza in quel limbo tra la vita e la morte, Marie ha delle visioni. Che, tornata, forse troppo presto, alla vita di sempre, le appaiono ancora, e diventano pian piano la ragione della sua "crociata".
George Lonegan, nato e vissuto a San Francisco, è un trentenne che, forse a causa di un'operazione al cervello subita da piccolo, ha un passato da sensitivo. Toccando le persone, riesce veramente a vedere il loro passato, e ad entrare in contatto con i loro cari deceduti. Suo fratello Billy sostiene che sia un dono, per George è una sorta di maledizione: è impossibile, per lui, vivere una vita normale. Infatti, adesso fa l'operaio in una fabbrica del luogo, e non più "sedute". Ma tutti, non solo suo fratello, sono incuriositi dal suo "dono".
Marcus e Jason sono due fratelli gemelli londinesi, indicativamente sotto i 14 anni, che vivono con la loro madre, Jackie, alcolista e tossica, che loro tentano di "coprire" continuamente nei confronti dell'assistenza sociale, che li affiderebbe ad un'altra famiglia. Marcus è taciturno, Jason, il più grande di una decina di minuti, è più spavaldo, i due vivono in una sorta di simbiosi. L'improvvisa morte di Jason, per un banale incidente, distrugge la breve vita di Marcus, e lo lascia senza Jackie, che non ce la fa a sopportare un fardello così pesante, e lo affida ai servizi sociali. Marcus, a quel punto, si rinchiude totalmente in se stesso, ma non essendo affatto stupido, comincia a cercare un modo per comunicare col fratellino.
Non è la prima volta che esco deluso dalla visione di un film di Clint, e spero non sia l'ultima, nel senso che gli auguro di campare e lavorare fin oltre cento anni. Perchè si, questo Hereafter, alla fine, è una delusione. Non totale, perché ci sono belle cose, anche da ricordare. Ma, alla fine, la storia si risolve in una bolla di sapone, probabilmente anche perché il tiro era un po' troppo alto.
Una cosa curiosa da notare: lo sceneggiatore, Peter Morgan, ha raggiunto la notorietà sceneggiando praticamente solo storie vere (Frost/Nixon, I due Presidenti, Il maledetto United, The Queen, L'ultimo re di Scozia, L'altra donna del re). Magari ha qualche problema partendo da storie inventate, chissà.
Hereafter parte da tre storie diverse, che si svolgono lontane l'una dall'altra, per poi incrociarsi più che strettamente. In molti, recensori professionisti e no, hanno avvicinato questo plot ai lavori di Arriaga/Iñárritu (Babel, Amores Perros, 21 Grammi, ma ricordiamo pure The Burning Plain di Arriaga anche come regista), con una parte di ragione, ma manca, a mio giudizio, la discontinuità temporale, oltre ad un migliore amalgama del tutto. Non che i nomi che in passato si sono cimentati con storie parallele siano inferiori, anzi.
Il problema vero è che la parte davvero debole del film viene proprio quando le tre storie convergono, e il finale, molto debole e tirato via. Allo stesso modo, come detto in apertura di commento, che si parli di vita o di morte, soprattutto si parla, come dice il titolo, di aldilà, e quindi si parte con la barra dritta su questa cosa, e poi alla fine ci se ne dimentica. Qualcosa, naturalmente, non va.
Parliamo un momento dei pregi. Clint è innanzitutto un grande utilizzatore di dolly e di gru in genere, e la cosa gli riesce particolarmente bene. Se riuscite a farci caso, è uno dei pochi che riesce ad usare questa tecnica di regia spesso, ma senza che risulti stucchevole. I suoi movimenti di macchina, in generale, sono superbi, danno il senso della grandezza.
Il film è in più punti molto toccante e commovente; è piuttosto delicato, anche se, come detto, non riesce a prendere di petto l'argomento come invece sembrerebbe aver intenzione di fare nella prima parte, quando ad esempio inizia la crociata di Marie, oppure quando Marcus si "scontra" con una lista importante di ciarlatani. Non mancano un paio di frecciate alla Chiesa.
La direzione degli attori è impeccabile. I tre protagonisti, che in realtà sono quattro, sono molto bravi, nei limiti delle loro possibilità. Dico questo perché Matt Damon (George) più di questo, o di quello che ha fatto con Invictus, non può fare; ho trovato però che il personaggio di George fosse interpretato in un modo tutto sommato credibile. Cécile de France (Marie) è molto brava, interpreta il suo personaggio in maniera "misurata" ma corretta, e i due gemelli McLaren (Frankie e George), che si scambiano i ruoli di Jason e Marcus, sono diretti egregiamente (e tutti sanno quanto sia difficile dirigere i bambini), e lasciano il segno.
Infine, le due cose che mi hanno colpito di più, di questo film.
La prima: la scena iniziale, dello tsunami. Davvero un capolavoro. Sono saltato sulla poltroncina almeno 3 volte nel giro di un paio di minuti. Effetti speciali credibilissimi, e soprattutto un montaggio mozzafiato: ti sembra davvero di essere lì ad annaspare.
La seconda: Bryce Dallas Howard. Con un'ennesima "trasformazione" (taglio e colore dei capelli), la "figlia di Richie Cunningham" interpreta Melanie (un personaggio che "passa" nella vita di George Lonegan troppo velocemente, altro difetto del film, a mio giudizio), e a parte rilevare il fatto che soprattutto nella scena in cui Matt Damon la imbocca, anche bendata riesce a risultare una delle cose più sensuali viste ultimamente al cinema, posso dirvi che la ragazza è una delle cose più belle che mi sia mai capitato di ammirare. Come la scena dello tsunami, ti toglie il fiato.
Per Clint, un voto di stima, ma il film non è granché.
4 commenti:
D'accordo su tutto. In ogni caso io adoro Matt Damon, mi piace, mi fa sangue, e detto da me... ;-)
Miki
ma dai. ma non ci posso credere.
secondo me, m.damon appartiene a quella categoria di attori "ingessati".insomma,di quelli che hanno sempre la stessa espressione,e che non riescono a trascinare lo spettatore.altri esempi potrebbero essere n.cage o matt dillon.un pò troppo sopravalutati.
punkow
Amico mio...concordo in tutto e per tutto con la tua recensione...soprattutto sulla debolezza del finale e sulla grandiosità dell'inizio...per non parlare della Howard!!! In generale però mi è piaciuto, anche se, ovviamente, non è tra i migliori firmi di clinte!!!
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