No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20090730

va, vis et deviens


Vai e vivrai – di Radu Mihaileanu 2005


Giudizio sintetico: da vedere assolutamente


Nel 1984, milioni di africani, provenienti da 26 paesi diversi, si ritrovano in alcuni campi profughi in Sudan, spinti fino lì dalla carestia. Un’operazione congiunta tra Israele e USA, organizza un ponte aereo per portare in Terra Santa i milioni di ebrei etiopi, chiamati Falashas. Stremata, come tutti gli altri, dai lutti, dalla fame e dalle condizioni dei campi, una madre cristiana etiope, approfittando della morte del figlio di una donna falasha, spinge il figlio di 9 anni a sostituirsi al bambino morto in tutto e per tutto, a spacciarsi per ebreo, per vivere. Al momento di lasciarlo perché salga sui camion che portano agli aerei, la donna gli dice la frase che dà il titolo originale del film, “va, vis et deviens”.
Inizia così una vita complessa, per il bambino, che verrà rinominato Schlomo, da Salomon, nome che era del vero figlio della donna falasha. La donna muore subito dopo l’arrivo in Israele, Schlomo è bravo a scuola, ma problematico; viene adottato da una famiglia ebrea di origine francese, di sinistra, con già due figli. La famiglia gli vuole un gran bene, ed allora per Schlomo cominciano gli altri problemi, quelli del razzismo da parte degli israeliani verso gli ebrei neri. Senza contare che Schlomo continua a vivere la sua vita, tutto sommato piena di successi, a scuola, con le ragazze, nella menzogna “originale”, quella di non essere ebreo di nascita. Menzogna che si porterà dietro fino all’età adulta.
Non ultimo, il pensiero continuo di Schlomo per la madre rimasta in Sudan, senza possibilità alcuna di salvezza o di fuga da qualche parte, un pensiero che lo fa parlare continuamente alla luna, dormire sul pavimento, togliersi le scarpe e i calzini non appena può, per tornare idealmente in Etiopia, e scriverle continuamente lettere piene di amore filiale, e rimorso.
Sullo sfondo, dopo la carestia africana, il razzismo israeliano, la guerra in Iraq, i continui tumulti in Terra Santa.

Ci sono film che andrebbero visti da soli. Ci sono film che andrebbero visti da soli, e dopo andrebbero lasciati decantare, sempre in solitudine, per lasciare che tutte le sensazioni che ti ha trasmesso vengano a galla. Un po’ come quando si beve del buon vino, e si assaporano lentamente tutti gli aromi che questo lascia sul palato, e da lì, nella mente. “Vai e vivrai” appartiene a questa categoria, una categoria per niente affollata, ma che premia lo spettatore attento e devoto nella ricerca di queste perle. E’ un film che ti attanaglia le viscere, e che ti fa venire un groppo in gola, tanto che ci vuole qualcosa da bere appena usciti dalla sala.
Parte come un documentario, proprio perché nasce da una pagina di storia contemporanea, sconosciuta ai più, ma molto interessante. Poi prosegue raccontandoci la vita del personaggio principale, interpretato da tre attori diversi (due dei quali, i più grandi, Mosche Abebe e Sirak M. Sabahat, hanno vissuto realmente l’odissea dai Falashas dall’Etiopia a Israele), pieno di cose che gli succedono, anche troppe, se proprio vogliamo cercare il classico pelo nell’uovo; ma è un peccato davvero veniale, da perdonare assolutamente, in un film di questo tipo. Tra l’altro, non risulta mai noioso, nonostante duri due ore e venti minuti. Gli si possono perdonare anche alcune ovvietà, tipo il finale, perché pieno di scene intense, scene che danno modo allo spettatore di scegliersene una da ricordare. Schlomo che si toglie le scarpe all’uscita della scuola appena ce lo lasciano andare da solo, e cammina scalzo e ad occhi chiusi sulla nuda terra, il dialogo tra lui e Papi nel kibbutz, l’improvviso campo lungo finale. Fate voi.

Cast impeccabile, anche tra i debuttanti, bellissima come sempre Yael Abecassis, abbonata ad Amos Gitai (“Kadosh”, “Kedma”, “Alila”), una Isabelle Adjani della porta accanto, meno irreale.
A ricordarci il legame col film precedente, l’altrettanto splendido “Train De Vie”, il nome del protagonista: Schlomo era il matto del villaggio. Un nome ostico, Radu Mihaileanu, ma un talento chiaro.
Imperdibile.

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