No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20100825

islanda lug/ago 2010 - 12



Reykjavík 2



Dopo le abluzioni e un riposino, si esce per cena. Girato l'angolo, ci colpisce lo Icelandic Fish & Chips, ed entriamo. Già le ragazze che ci lavorano, indaffaratissime dietro e davanti al bancone, in giro per i tavoli, sono uno spettacolo (e non perchè siano belle, ma perchè sono soprattutto buffe, e rigorosamente in ciabatte e calzini...). Si autodefiniscono organic bistro, e c'è la coda per avere un tavolo. Atmosfera molto informale, musica forse la peggiore sentita nei locali in genere, cosa strana, perchè c'è un gusto musicale mediamente molto elevato, un po' dappertutto (un po' il contrario di quello che accade nei gusti femminili per le scarpe...), domandiamo come funziona. Prima di tutto, aspettiamo che si liberi un tavolo, poi ordiniamo al banco, paghiamo, dopo di che ci danno un soprammobile col numero del tavolo e ci indicano qual è. I coperti e le bevande te le porti al tavolo da solo, e attendi che ti servano il cibo. Mentre aspettiamo, addirittura spiego come funziona alla coppia che ci segue, e siccome si libera un tavolo da due, e davanti a noi c'è un terzetto di ragazzi, la "caposala" ci fa passare avanti spiegando la cosa al terzetto, con i quali c'è uno sguardo di intesa simpatico. Ovviamente pesce, il problema qua è che soprattutto lo friggono (vabbè, fish & chips, cosa ti aspettavi), ma la "doratura" è tutto fuorchè pesante. Consigliato. Un giro in centro, il solito movimento da giorno infrasettimanale, poi finiamo per aggirarci sui moli del vecchio porto, assaporando la luce delle undici di sera, e oltre. Siamo più rilassati, e la giornata è stata piena. Domani un altro giorno intero a disposizione della capitale.



Il mercoledì è una bella giornata, meglio di quella precedente, e facciamo colazione "a casa", il giorno prima ce l'abbiamo fatta perfino a fare spesa. Nel 10/11 vicino, abbiamo scoperto che esiste un banco self-service dove ti puoi fare la tua pasta fredda personalizzata. Dopo di che, ci dirigiamo verso il Museo Nazionale (tra l'altro, il mercoledì gli ingressi ai musei sono gratuiti), rigorosamente camminando. La struttura, vista da fuori, non fa una grande impressione, ma dentro ci sono un sacco di cose, tre piani organizzati per periodi storici (colonizzazione, secoli seguenti, tempi moderni), reperti interessanti con trovate interattive anche angoscianti (i telefoni che ti mettono in contatto con uomini e donne vichinghe che ti raccontano come si svolgeva la loro giornata). Per non parlare dei bagni ultra-moderni, del guardaroba gratuito (dappertutto), della tipa all'ingresso gentilissima, del funzionale caffé, dove ci rifocilliamo dopo aver compiuto l'intero percorso cronologico. Una delle soprese di questo viaggio, e ve lo dico anche se non depone a mio favore, è quella della data dell'indipendenza dell'Islanda: 17 giugno 1944 (dalla Danimarca). Proprio la sera precedente, abbiamo cominciato a leggere il libro di storia islandese comprato dalla mia compagna di viaggio a Borgarnes, e proprio lei mi ha fatto questa rivelazione che a me era completamente sfuggita, nonostante preparassi questo viaggio da qualche anno. L'ultima parte della storia d'islanda, ben rappresentata da un percorso cronologico situato proprio alla fine del museo, al terzo piano, dimostra molto bene quanto il progresso di questo piccolo paese sia stato esponenziale dopo la Seconda Guerra Mondiale. Torniamo verso il centro, passando vicino, anzi, attraversando il Tjornin, un laghetto pieno di uccelli acquatici, sulle cui sponde si affaccia pure il municipio, punto di ritrovo delle famiglie (che ovviamente hanno tutte un sacco di bambini), e puntiamo alla Casa della Cultura Nazionale, nella zona dei ministeri. Dopo un macchinoso deposito (gratuito, of course) dei nostri averi negli armadietti appositi dotati di lucchetto (per far funzionare i quali ci vuole un gettone, sempre gratuito, che si può chiedere all'ingresso), cerchiamo di capire meglio cosa ci offre. E dunque, partiamo dall'alto, con il piano dedicato alla mostra sul cinema islandese, un enorme stanza dove, su diversi schermi, scorrono le immagini di molti film islandesi, dal 1904 al 2009, in ordine cronologico, a gruppi di 5, con schede dedicate alle sinossi, e con 4 o 5 postazioni che permettono di vedersi l'intero film che uno può scegliere tra tutti quelli presenti. Poi c'è la Library Room, con una serie imponente di testi, una mostra dedicata a Sigurdur A. Magnusson, uno particolarmente stimato pare, una discreta mostra fotografica intitolata Icelanders (alla faccia della fantasia), tratta dal libro omonimo del 2004 (di Unnur Jokulsdóttir e Sigurgeir Sigurjónsson), ovviamente con soggetti locali, con una certa predilezione per quelli delle campagne, ed una sala con molti manoscritti medievali. Non è finita qui. Quando andiamo a riprenderci le nostre cose, nel sottoscala, c'è una sala dove viene proiettato a ciclo continuo un documentario di mezz'ora dal titolo The Nation And The Nature, di Páll Steingrímsson. Tutto in islandese, senza sottotitoli, illustra il rapporto che gli islandesi hanno con gli animali che popolano l'isola, e ci colpisce la parte sui Puffin (pulcinella di mare), che i locals fanno fuori un po' come i nostri anziani facevano con i polli. Alla fine, interessante anche questo posto. Vaghiamo per un po' di shopping, ma alla fine non compriamo niente, anzi, un cd in uno dei due negozi "famosi" per essere legati ai Sigur Rós, e ci riposiamo al Té og Kaffi, dove avevamo fatto tappa anche ieri (ma mi ero dimenticato di dirvelo, rivivendo la stanchezza di quel giorno), posto al piano superiore di un negozio di souvenir, libreria compresa, dove il caffè è buono, così come il cappuccino e le varianti aromatiche, sono buoni anche i dolci, e si può leggere un libro prendendolo direttamente dagli scaffali; il personale è cordiale, ma ti ricorda che durante la settimana chiudono alle 18,00 (il sabato addirittura alle 16,00). Ci divertiamo a guardare gli e le abitanti della capitale passeggiare lungo lo struscio, aprire e chiudere negozi, spingere i (numerosi) passeggini.


Continuiamo a girare per le vie principali in tutta tranquillità, consci di avere visto quanto più possibile, assaporando il ritmo islandese fatto soprattutto di rilassatezza e sorrisi. Per la cena, scegliamo, su mio suggerimento, Piripiri, del quale vi ho parlato nel post Reykjavík 1, e scambiamo addirittura due chiacchiere con il cameriere, che contrariamente a quelli che ci hanno servito fino ad ora, ci chiede da dove veniamo. Non sembra, ma è islandese purosangue (è castano scuro di capelli), ha viaggiato, e ci dice che Roma città è nel suo cuore, il luogo dove vorrebbe tornare almeno una volta. Il cibo è come sempre molto carico ma buono (ricordate che Piripiri è specialista nel pollo), e lo smaltiamo lentamente con una passeggiata lungomare, dove troviamo una mostra all'aperto di fotografie di luoghi della capitale "a confronto" (50, 60, 100 anni fa e oggi), e una locomotiva restaurata e posta sui 100 metri di binario, gli unici esistenti in Islanda, messi giù quando si stava ingrandendo il porto. Rientriamo curiosi di proseguire la lettura del libro di storia islandese, che, non ci crederete, fa molto ridere. Vi spiegherò perchè più avanti. Domattina lasceremo la capitale per gettarci nel Circolo d'Oro, e probabilmente ci fermeremo a Hveragerdi per la notte.




Nelle foto: alle 23,40 del 27 agosto, preso dal molo del vecchio porto, il cielo di Reykjavík (dalla parte del Sole, e verso la Luna)

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