No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20100810

islanda lug/ago 2010 - 04


Hofn - Egilsstadir - Lago Myvatn

Nei piani prima della partenza, l'intenzione era quella di fare tappe relativamente brevi, per apprezzare quello che c'era lungo la strada e all'arrivo, per avere il tempo necessario per cercare una sistemazione, e magari per avere tempo da dedicare a un qualcosa che eventualmente avremmo scoperto "sul momento". Dopo colazione quindi partiamo, riprendendo la strada nr.1, per Egilsstadir, nell'interno, salendo verso nord (allego mappa, foto nr.2).

Lo scenario è quello che avevamo lasciato ieri prima della brevissima deviazione per entrare in "città", ma adesso costeggiamo il mare e abbiamo le montagne (che in Islanda raggiungono i 2000 metri con difficoltà) sulla nostra sinistra. Verso il basso, fin quasi al mare, fattorie, campi verdissimi e coltivati, è già ultimata la mietitura del grano; mare piatto, di un blu profondo. Dall'altro lato montagne che a volte sembrano di sabbia, e qualche nuvola bassa, bassissima, come potrete notare dalla terza foto allegata.
La giornata è splendida, e ovviamente il panorama ne guadagna (o forse è una questione d'umore); poche decine di chilometri dopo Hofn stiamo attraversando la Riserva Naturale di Lònsoraefi, e verso il mare è la laguna di Lòn (in islandese, appunto, laguna) a farla da padrone: moltissimi uccelli galleggiano sull'acqua, e tra di loro numerosi cigni. Le piazzole di sosta della Hringvegur sono quasi intasate (è un modo di dire, sia chiaro) per la gente che si ferma per fotografarli o anche solo per ammirarli, e cominciamo a riconoscere turisti, come noi, che incroceremo un po' per tutto il viaggio.Dopo la laguna, doppiamo Djùpivogur, e costeggiamo quindi il Berufjordur, del quale potete ammirare un paio di viste panoramiche nella prima e nella quarta foto allegate. Continuiamo costeggiando il mare fino al bivio per Breidalsvik, e a questo punto seguiamo la strada nr.1 anche se "ci avvertono" che diventa "strada di montagna". Chissà cosa ci attende, prima di scollinare ed avvicinarci a Egilsstadir.

Ci attende quasi un'ora di sterrato, sulla principale strada dell'isola. Ed è bene non lamentarsi troppo, visto che fino a pochi anni fa la situazione era molto peggiore, e con (tra le altre) la scusa della "modernizzazione" e di strade migliori, in Islanda è stato realizzato il progetto di Karahnjukar, una serie di dighe
legate ad un ulteriore progetto di una
acciaieria, progetto che ha visto una
serie di oppositori anonimi ma anche
famosi, tra cui i Sigur Ròs (a tale
proposito potete rileggervi la mia recensione del loro Heima), e sul quale ho trovato un interessante punto di vista qui. In effetti, il paesaggio muta, anche se non diventa mai un classico paesaggio di montagna, ma si sale fino a ritrovarsi poi a scendere in una vallata che si estende a perdita d'occhio, e dove ci sono più di una traccia di vegetazione di altezza media, cosa piuttosto rara sull'isola delle ciabatte a fascia col calzino.
Comincia intanto a farsi sentire un po' d'appetito, e noi non siamo ancora
arrivati a Egilsstadir. Ci arriviamo
poco dopo, avvertiti però dalla solita
Lonely Planet che si tratta di una
cittadina di rara bruttezza, e in effetti appena la raggiungiamo, constatiamo pacificamente che è proprio così, e neppure la "gemella" Fellabaer (gemella perchè è dalla parte opposta del ponte sul lago Lagarfljòt, ma è minuscola in confronto all'altra, che invece conta ben oltre 1900 abitanti...) riesce ad emanare una parvenza di fascino. Frastornati dalla quantità di turisti (buona parte già visti) fermi alla principale stazione di servizio (spesso in Islanda centro nevralgico e vitale del paese, qualsiasi esso sia), troviamo un tavolino posto ai margini di un condominio, e ci sediamo per mangiare "al sacco" e decidere il da farsi. Riflettendo, credo
anche che l'assenza del mare, che a
mio modesto avviso "ravviva"
l'interesse di un paesino o un
minuscolo villaggio, abbia giocato un ruolo determinante sulla nostra decisione. Dopo un caffè e una visita al centro informazioni, dove mi faccio appuntare su una mappa, dalla ragazza addetta, il lunghissimo post-ringraziamento (un po' come il nostro "non c'è di che" o più semplicemente "prego"), che mi sono sentito dire già alcune volte, dopo che avevo ringraziato con takk. Si tratta di takk fyrir og somuleidis (alla lettera qualcosa come grazie molte e allo stesso modo), ci dirigiamo senza indugi verso il lago Myvatn, che dista circa 170 chilometri. Viste le numerose cose che ci sono nei dintorni, l'idea è di rimanerci un paio di giorni, visto che, in fondo, abbiamo "guadagnato" un giorno sull'ipotetica tabella di marcia. Quindi seguiamo la strada nr.1, che punta ancora verso l'interno. Dopo qualche decina di chilometri, il paesaggio si fa lunare (foto 5 e 6), e decisamente spettacolare. Ci fermiamo un paio di volte per sentirci dentro tutto questo.
Mentre ci avviciniamo sempre di più al lago, ecco che si vedono colonne di fumo. Altra caratteristica islandese, molte zone geotermiche.
Arrivati a Reykjahlid (un paio di centinaia di abitanti), sono circa le 17,00, e prendendo visione del luogo, cerchiamo da dormire. Ci rimbalzano un paio di guesthouse (tutto pieno), e finiamo al campeggio Hlìd, dove per una "stanza" ricavata da un container, tra l'altro appena finito di montare, anche se pulita e con bagno in stanza, ci prendono 20.000 corone (circa 130 euro). Ci rendiamo conto che è un po' troppo, anche se il posto è evidentemente pieno di turisti ed è alta stagione, per cui, cercando un posto in cui cenare, ci imbattiamo in un altro campeggio, il Vògar, dove prenotiamo per la notte seguente per qualche corona in meno, e ci mangiamo una pizza all'annessa pizzeria.
Breve giro lungo la strada che costeggia il lago, e torniamo verso il "nostro" letto per lavare biancheria e farci una doccia. I container sono un po' distanti dalla reception del campeggio, proprio vicini all'aeroporto (da dove, è bene dirlo, non parte e non arriva nessun aereo, almeno durante il nostro soggiorno). La zona è interamente vulcanica, e i container sono posti proprio al margine di un estesissimo campo di lava. C'è un silenzio irreale, e alla fine il luogo è suggestivo, a suo modo. Il giorno seguente sarà piuttosto impegnativo, ci sono davvero un sacco di cose da vedere, per cui è bene riposare.

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