No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20100809

islanda lug/ago 2010 - 03

Fino a Hofn

Partiamo di buon'ora, come detto verso est. L'idea è di passare la notte a Hofn. Usciti da Vik, lo scenario si fa più interessante di quello che ci si è presentato fino a ieri, anche se pure ieri abbiamo costeggiato i ghiacciai Eyjafjallajokull (proprio quello sotto il quale borbotta il vulcano Eyjafjoll - naturalmente -, quello che ha paralizzato quest'anno per ben due volte l'intero traffico aereo europeo; da notare che anche gli stessi islandesi, per la metonimia di cui parla la scheda wikipedia del vulcano, chiamano il vulcano col nome del ghiacciaio, anche sulle t-shirt di cui vi ho parlato nella "puntata" precedente) e Myrdalsjokull. Mentre il primo non si riesce a vedere dalla Hringvegur, quest'ultimo si intravede. Mentre viaggiamo verso l'altro ghiacciaio, l'enorme Vatnajokull, ci imbattiamo in un paio di "campi" (prima foto allegata) che a prima vista sembrano di lava vecchia, ricoperta di vegetazione bassa, ma camminandoci sopra ci si accorge che è morbida (e molto polverosa, grazie ancora all'eruzione recente). Buffa sensazione.
Altra peculiarità del paesaggio in questo tratto, i cosiddetti sandar (singolare sandur; un esempio dei quali potete vedere nella seconda foto) generati dai fiumi che scendono al mare dai vari ghiacciai, e che non ne vogliono sapere di rimanere dentro ai loro letti, o meglio ancora dalle inondazioni conseguenti alle eruzioni vulcaniche di vulcani posti sotto a ghiacciai, chiamate Jokulhlaup. Altra cosa piuttosto spettacolare è il lago Jokulsàrlòn, che troviamo poco dopo aver tirato dritto, evitando la deviazione per il Parco nazionale di Skaftafell, che non ci pare, dalle descrizioni, imprescindibile, lago che si "nasconde" dietro le dune che separano la strada da una visione più netta dei vari ghiacciai posti all'interno. Lo spettacolo è imponente, e spero di riuscire a rendervene almeno la minima parte con la terza foto allegata a questo post.
Dopo un po', il paesaggio vira verso qualcosa di meno selvaggio e brusco, e si iniziano ad intravedere (di nuovo), svariate fattorie. Ci avviciniamo a Hofn, dove arriviamo nel primo pomeriggio, con una discreta fame e con la necessità, per la prima volta, di fare benzina. Ci fidiamo della Lonely Planet, e ci accomodiamo al Kaffi Hornid, una struttura in legno con pochi coperti (ma più che sufficienti) e un paio di camerieri in quello che impareremo essere lo standard islandese (sia lui che lei grassi e biondi, lui chiaramente gay lei chiaramente in grado di sollevare 150 kg in palestra, cordiali ma lentissimi, e con quell'aria di chi pare essere appena sbarcato da Marte) e ci saziamo senz'altro, anche se cominciamo a capire che la cucina islandese è pesante e tendente al dolce anche quando non lo dovrebbe, ma avremo modo di approfondire: per questa volta, vi basti sapere che i gamberetti sono molto "agliati" nel caso specifico.

Troviamo posto per la notte a colpo sicuro, alla Guesthouse Hvammar, giusto sul porto (la quarta foto è scattata dal pianerottolo delle scale esterne).
La tranquillità e l'assenza di diffidenza è un'altra caratteristica degli islandesi. Arrivi, paghi, ti danno le chiavi e stop. Sanno già che ti comporterai come si deve e che il giorno dopo lascerai la camera e le chiavi. Prima che chiuda (alle 19,00, ma a volte alle 18,00), andiamo al centro commerciale (presente anche nei centri più piccoli, ma dove i negozi annessi sono spesso chiusi, non si capisce bene perchè) a comprare qualcosa da mangiare per portarcelo dietro ed evitare di mangiare "fuori" pranzo e cena (la colazione è quasi sempre compresa, o comunque te la offrono con un extra che varia tra le 700 e le 1000 corone - da 4,50 euro a 6,40), e guardandoci intorno dobbiamo capitolare a quella che ci è parsa, alla fine del viaggio, la moda imperante tra i giovani islandesi, uomini e donne. Tenetevi forte, perchè soprattutto per un feticista della scarpa come me, è stato davvero un colpo tremendo. In Islanda va di moda la ciabatta di plastica, possibilmente Adidas o similare, col calzino. Una roba tremenda, apocalittica, da scomunica.
Ci aggiriamo per Hofn cercando di farcene una ragione, ma soprattutto in cerca di qualcosa di interessante, che non arriva, e sperando di venga di nuovo fame. La luce, seppur offuscata, non accenna a diminuire, il porto è quieto, il mare una tavola, gente in giro poca, ad eccezione di un biondino su un pick up rosso che non si da pace, e che supponiamo essere il figlio del benzinaio, visto che è l'unico in giro.
Alla fine, entriamo in una delle case più vecchie, che ospita una specie di caffè, che serve dolci, caffetteria, ma pure piatti salati (aringa, tra l'altro). Solo quattro tedeschi ad un tavolo, e un ragazzo vagamente emo a servire. Per me un cappuccino e una specie di meringa, non ho voglia di una cena come si deve. Non ricordo il nome del posto, ma si trova al termine di Hafnarbraut (la via principale), 10 metri prima dell'incrocio con Vikurbraut: non potete sbagliare.
Laviamo un po' di biancheria, e la stendiamo. A domani, per dirigerci verso nord.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Damiano:
Meglio di Piero e ir suo figliolo sur Primo Canale...continua cosi Uiky...