Facciamo colazione e ci portiamo dietro quel poco che avanza, rimettiamo in moto l'auto, che abbiamo ferma da ormai due giorni e mezzo, e partiamo verso il famigerato Circolo d'Oro. Bisogna tornare da dove siamo arrivati, verso Mosfellsbaer, e prendere la strada nr. 36. Principalmente, quello che viene appunto chiamato Circolo d'Oro, consta di Thingvellir, l'antico parlamento, Geysir e la zona geotermale, e la cascata di Gullfoss. Dopo un'oretta circa, siamo nel luogo che, se andrete in Islanda, viene pubblicizzato in maniera da fartelo venire a noia ancora prima di vederlo. Ed è strano, visto che già prima di arrivare, si capisce che non c'è davvero niente di niente. La pianura dove il fiume Oxarà si getta, placidamente, nel lago Thingvallavatn, sotto una sorta di muraglione naturale di roccia, è un luogo tranquillo e pure suggestivo, all'interno di un Parco nazionale, ed è stato dichiarato dall'Unesco patrimonio dell'umanità (credo più per la sua valenza storica, anche se effettivamente il luogo è bello). Qui, la storia dice che nel 930, venne fondato dai locali l'Althing, probabilmente il primo parlamento del mondo. Gli islandesi ne vanno molto fieri, ecco perchè prima vi dicevo che quasi ve lo fanno venire a noia prima di vederlo. Se vi interessa, troverete notizie più precise in rete; non pensate però a un qualcosa di esageratamente avanti (venivano discusse le leggi si, ma venivano pure affogate persone direttamente nel fiume, per eseguire sentenze lì stabilite), ma, se riflettete sul fatto che l'Islanda fu colonizzata da Vichinghi, famosi anche per la loro violenza (anche se la storia ci insegna che non erano affatto stupidi), già da questo si intuisce che erano partiti bene. Anche se, nei tempi moderni, il parlamento si è ovviamente spostato, e per lunghissimi secoli il Thingvellir non ha legiferato (perchè l'Islanda era parte della Danimarca), il luogo è come sacro per gli islandesi, e molte celebrazioni sono state fatte in questo luogo.
Ci arriviamo mentre la giornata sembra prendere una piega brutta, a livello meteo (ma è solo un passaggio), e per visitarlo ci copriamo anche per la pioggia. Il risultato saranno due schizzi di numero, ma in compenso una bella sudata (per me). Luogo incantevole (anche se col sole sarebbe stato ovviamente migliore), un sacco di turisti e di guide, addirittura, dentro la costruzione che si trova accanto al parcheggio, un addetto che conta i visitatori, e, per l'ennesima volta, la
sensazione che gli islandesi si sappiano vendere davvero bene.
Ripartiamo alla volta di Geysir, o meglio, verso la valle di Haukadalur. La prendiamo con molta calma, anche perchè una deviazione ci costringe ad un tratto di strada sterrata. Quando arriviamo sul posto, parcheggi pieni e facce che abbiamo già visto, naturalmente nella tappa precedente. Come spiegato bene su ogni guida, Geysir è più grande (fino a 80 metri di "zampillo") ma "erutta" 4 o 5 volte al giorno (c'è chi dice anche meno), mentre a garantire un'attrazione praticamente continua c'è Strokkur, che seppur più piccolo (15/30 metri di"zampillo") , ogni 5/6 minuti, prima fa sparire l'acqua della sua pozza, con un mulinello e un risucchio, e poco dopo zampilla per il divertimento di grandi e piccini.
Il luogo è una sorta di grande parco geotermico, con pozze d'acqua calda un po' ovunque, e Geysir è appunto il "soffione" (così si chiamano quelli boraciferi di Larderello), la sorgente d'acqua calda che ha dato il nome a tutte le altre nel mondo (geyser). Geysir, inoltre, emetteva getti fino ad 80 metri di altezza, si occluse varie volte, sia a causa di oggetti gettati dai turisti, sia per scosse di terremoto. Adesso pare erutti qualche volta al giorno, ma noi, visto Strokkur, non aspettiamo, e tiriamo innanzi, dopo una breve pausa pranzo al sacco. In zona c'è anche una grande stazione di servizio (ovviamente con una calca disumana di turisti al suo interno), e un centro con una mostra audiovisiva su geyser e vulcani. Lasciamo il simpatico Strokkur e ci dirigiamo verso Gullfoss, che dista 10 km.
La cascata, che ha anche una storia curiosa ed eroica (quella della contadina che minacciò di gettarsi nella cascata se la società inglese che, all'inizio del secolo scorso, era intenzionata a costruirvi una diga e la relativa centrale idroelettrica, contadina alla quale è dedicato un piccolo monumento vicino alla cascata stessa), è effettivamente molto molto bella, e facilmente raggiungibile dalla strada. Eravamo un po' dubbiosi (a forza di cascate, si ha sempre paura che la seguente sia una bufala), e invece quando saliamo di nuovo in auto dopo la fermata e l'osservazione, seppur tra molti turisti, siamo soddisfatti. Doppio salto e portata imponente.
Torniamo verso il mare tramite la strada 35, direzione Selfoss, per poi svoltare sulla 1 verso Hveragerdi. Lungo il percorso, ci fermiamo presso il cratere con lago interno chiamato Kerid, molto suggestivo: la Lonely Planet sostiene che è talmente suggestivo che Bjork vi ha tenuto un concerto, precisamente su una zattera al centro del lago. In effetti, è proprio una cosa alla Bjork.
Quando arriviamo a Hveragerdi, dove abbiamo deciso di fermarci per la notte, la mia compagna dorme, quindi decido di tirare dritto verso Thorlakshofn, visto che sono appena le 17,00, e visto che il porto dista neppure 20 km, per capire come muoverci. Abbiamo parlato dell'opportunità di andare a visitare le isole Vestmannaeyjar, e, sempre la Lonely Planet, dice che i traghetti partono da Thorlakshofn. Appena vedo le prime abitazioni, mi viene il sospetto che, dopo i tour di
whale-watching che non partono più da Olafsvik, e altre cose meno importanti, la guida abbia bisogno decisamente di essere aggiornata. Il paese è in via di smobilitazione: case in vendita, molte, nessuno in giro, porto deserto, nessuna nave, nessun traghetto. Mi fermo davanti ad un punto informazioni, chiuso, e leggo l'affissione esposta. I traghetti non partono più da lì, bensì da un luogo chiamato Landeyjahofn, ogni giorno. Ora, se provate a cercare questo posto su una qualsiasi carta aggiornata dell'Islanda, non riuscirete a trovarlo. Vi spiegherò perchè poi. Torniamo verso Hveragerdi, facciamo un giro di perlustrazione, capendo che siamo alle solite (circa 2000 abitanti), quindi cerchiamo la guesthouse Frumskògar, e, non senza difficoltà (incredibile, visto che ci sono sì e no 10 strade in tutta Hveragerdi), la troviamo. C'è posto, il prezzo è buono, fissiamo per una notte, non ancora abituati alle espressioni della padrona, che ogni volta che le chiedi una cosa ti guarda sempre come se tu avessi parlato una lingua di un altro pianeta (ci faremo l'abitudine), quando poi dopo un paio di secondi ti risponde facendoti capire che aveva compreso tutto perfettamente. Scarichiamo i bagagli e ci rimettiamo a girare paese e dintorni. Sembra tutto adagiato sopra un immenso campo geotermico. Molto verde, l'immancabile supermercato, due grandi negozi di fiori, che qui pare siano tradizionali (così come le serre, riscaldate dal calore del sottosuolo).
Visto che siamo qui, sulla strada principale, la Breidamork, c'è un ristorante che si chiama Kjot & Kunst (il sito sarebbe www.kjotogkunst.com ma non funziona, non so perchè), ed ha come "sottotitolo" earth cooking. Il proprietario, Olaf, simpatico ma professionale, ci spiega che tutto viene cucinato con il vapore che viene dal sottosuolo, ed i prodotti sono il più possibile locali. Puoi scegliere da menù, oppure cenare a buffet, e alla fine il piatto viene pesato e ti viene fatto il conto. Scegliamo la seconda opzione (ed ancora oggi non sono convinto di aver fatto la scelta giusta), e devo dire che il cibo è tutto buonissimo lo sottolineo alla moglie di Olaf (suppongo), dicendole che siamo italiani per cui molto attenti alla qualità del cibo, e lei mi dice che in Italia non c'è mai stata, ma non esclude di chiudere questo posto per fare la stessa cosa in Italia. Le sto per dire che
potrebbe farlo a Larderello, poi lascio perdere.
Durante la cena, un chiarimento tra me e la mia compagna di viaggio, rende tutto molto più tranquillo, usciamo soddisfattissimi dal Kjot & Kunst, ci sediamo sul muretto di fronte, guardando la tipa che fa le pulizie dentro la banca dall'altro lato della strada, ci fumiamo una sigaretta e ridiamo. E' il momento di ritirarci per prepararci al riposo, e soprattutto per continuare l'avvincente lettura del libro sulla storia dell'Islanda, e la sua faticosa marcia verso l'indipendenza, a colpi di proteste verbali.
Nelle foto: Thingvellir, due vedute di Gullfoss, e Kerid
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