No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20100919

islanda lug/ago 2010 - 14


Hveragerdi e dintorni 1

A colazione domandiamo alla proprietaria del Frumskógar se ci sono problemi per rimanere altre due notti. Ne abbiamo parlato la sera prima, ed abbiamo deciso che va bene così, sono gli ultimi due giorni, ce ne andremo un po' in giro in zona, cose da vedere ce ne sono, il posto è carino ed è conveniente, dopo di che domenica mattina torneremo verso Keflavik girandoci tutta la costa percorribile, e nel pomeriggio consegneremo l'auto. La signora come al solito pare cadere dalle nuvole, come se non ci avesse mai visto, e dopo 5 secondi ci dice che non ci sono problemi. Bene. Usciamo, e ci dirigiamo verso l'imbarco per le Vestmannaeyjar, il famigerato Landeyjahofn, introvabile sulle mappe (nel frattempo, sono riuscito a trovare una spiegazione del cambio di "tragitto" per il traghetto verso le isole, in un blog in italiano tenuto da un islandese: qui). Ci posizioniamo sulla strada nr.1 ed andiamo verso sud-est, seguendo le indicazioni stradali col nome impronunciabile ma con la nave-traghetto ben visibile. Passiamo Selfoss, Hella, Hvolsvollur, e dopo qualche chilometro troviamo la deviazione. La strada sembra essere stata costruita la notte precedente, nuovissima, attraversa il nulla e corre verso il mare. In lontananza, si vede una nave. Man mano che ci si avvicina, si nota una coda. Arriviamo alla coda, e vediamo una distesa di auto parcheggiate e un sacco di gente che, evidentemente, attende di salire sul traghetto. Mentre siamo in coda ci avvicina un ragazzo che, insieme ad altri, stanno informando ogni auto in coda di qualcosa. Il qualcosa è che probabilmente il traghetto è tutto prenotato, e quindi se non abbiamo la prenotazione avremo difficoltà a prenderlo, ad ogni modo possiamo proseguire e verificare. Avevamo letto, infatti, che questo fine settimana alle isole si tiene un festival annuale, in occasione della Verslunmannahelgi (la festa degli impiegati), che cade il primo lunedì di agosto (la festa parte dal giovedì sera, e oggi è venerdì), ed il tutto esaurito ci fa giocoforza cambiare i piani. Torniamo indietro, fino alla strada nr.1, e per prima cosa ci dirigiamo verso la cascata che si vede già a occhio nudo dall'incrocio. Si tratta della Seljalandsfoss, una cascata che avevamo notato anche mentre andavamo a Vìk, ma quella volta non ci eravamo fermati. La giornata è molto bella, e la visita è piacevole: l'acqua della cascata si getta nel laghetto sottostante da una discreta altezza, ma la particolarità è che c'è un sentiero col quale si può passare dietro la cascata. Un po' umido e scivoloso, ma non particolarmente pericoloso, lo percorriamo e diamo un'occhiata ai dintorni, camminando senza particolare fretta. Ci rimettiamo alla guida senza una destinazione precisa, torniamo comunque verso nord dando un'occhiata alla Lonely Planet per capire cosa c'è da vedere. Proviamo con la fattoria medievale, naturalmente dal tetto in torba, di Keldur. Il tragitto è sterrato ma non particolarmente disastrato, però sembra di non arrivare mai. La cosa buffa è che quando arriviamo, è tutto chiuso e non sembra esserci nessuno, anche se c'è una casa e c'è pure qualcuno all'interno. Niente che non abbiamo già visto, per cui torniamo indietro per un'altra strada sterrata, lungo la quale ci fermiamo per ammirare quattro cavalli di razza islandese che si lasciano fotografare a lungo. Tornati sulla strada nr.1, a Hvolsvollur cerchiamo il Sogusetrid, il centro delle saghe, sperando in un qualcosa all'altezza del Settlement Centre di Borgarnes. Nonostante sia paurosamente vuoto, con una ragazza all'ingresso piuttosto svogliata (probabilmente lo saremmo anche noi), il "percorso" ci prende del tempo, anche perchè i tabelloni che spiegano i passaggi sono in islandese, tedesco e inglese, e gli scritti sono complessi. La saga di cui si occupa soprattutto il centro è quella di Njàll, che naturalmente ebbe come teatro la zona circostante. Particolarmente sanguinosa, e, come detto, piuttosto complessa, ma senza dubbio affascinante, anche se, ormai, Skallagrimur ed Egill sono nel mio cuore. Il centro si sta espandendo, c'è anche una taverna (deserta), in stile vichingo, legno e pelli di mucca sulle panche, e una mostra dello sviluppo di Hvolsvollur e dintorni, con ricostruzioni dei negozi che si sono susseguiti in città, con una particolare predilezione per i registratori di cassa (ce ne sono centinaia, di qualsiasi tipo): peccato che tutte le didascalie siano solo in islandese.A questo punto, siamo leggermente affamati, ci fermiamo al Café Eldstò a mangiare qualcosa. E' tutto come dice la Lonely, "Questa piccola caffetteria un po' snob serve pasti leggeri (zuppe, insalate e panini) in porcellane personalizzate e fatte a mano. In sottofondo, brani d'opera (qui sbaglia, solita musica rock o indie-folk, ma buona, n.d.jumbolo) e l'aroma del caffè. Graziosa, ma le porzioni sono un po' piccole". La cosa che la Lonely non dice, o non sa, è che le tre cameriere, due gemelle, sono more naturali, cosa estremamente rara in Islanda, e soprattutto, delle fighe da paura. La
mia compagna di viaggio accetta di buon grado il mio sconvolgimento, mangiamo il nostro "pasto leggero", e ce ne andiamo non prima di aver ribattezzato il Café Eldstò "tempio della figa". A questo punto, ci serve una mission precisa. Destinazione: il mitico vulcano Hekla, o almeno i suoi dintorni. Mentre cerco la strada nr.26, tornando da Hvolsvollur verso Selfoss, subito dopo Hella, inizia un acquazzone. Non dura neppure 10 minuti, e quindi sperimentiamo il proverbio islandese che dice "Non ti piace il clima? Aspetta 5 minuti". Mentre ci avviciniamo alla fattoria di Leirubakki, dove c'è il Centro Espositivo dedicato all'Hekla, osserviamo il vulcano, considerato il più minaccioso d'Islanda, e ci rendiamo conto che effettivamente la cima è sempre e perennemente circondata da nubi. Il Centro espositivo, con relativo negozio di souvenir e ristorante, non è grande come mi aspettavo, ma è suggestivo: gioca sull'oscurità, su rumori di fondo (che alla fine scopriremo essere l'amplificazione di un misuratore dell'attività magmatica dello stesso vulcano), e racconta le varie (e tantissime) eruzioni dell'Hekla, dando parecchie informazioni, comprese le descrizioni del vulcano scritte durante la storia dell'uomo (per molto tempo, l'Hekla è stato considerato la bocca dell'Inferno). In conclusione, una vetrata con vista sul vulcano.
Torniamo all'auto e riprendiamo la strada verso "casa". A Selfoss, per curiosità, ci fermiamo e vado a vedere cosa danno al cinema (a Reykjavik ne ho visto solo uno, ma chiuso): Shrek 4. Poi deviamo verso Eyrarbakki, una volta il porto principale d'Islanda, che oggi conta meno di 600 abitanti. All'ingresso del villaggio un grande edificio recintato, il carcere Litla-Hraun, il più grande esistente sull'isola, casette anche abbastanza graziose, una sorta di argine separa il villaggio dal mare. Diamo uno sguardo al mare, e si nota il fatto che, come altre cittadine lì intorno,
Eyrarbakki è costruita sulla lava (la grande Thjòrsà lava, la più grande colata lavica islandese, risalente al periodo geologico dell'Olocene). Mare piatto e grigio, e l'argine posto lì quasi a sottolineare il rapporto degli islandesi con l'elemento marino che, come fa notare spesso la mia compagna di viaggio, è fonte di sostentamento si, ma non prosecuzione della terra, così come invece lo "viviamo" noi. Sono passate le 18, e quindi qua è già ora di cena: siamo qui apposta. Il Rauda Husid pare un ristorante piuttosto famoso (e caro), e per una sera vogliamo toglierci lo sfizio. So che vi interessa relativamente, ma il risultato è positivo: la spesa è alta, ma non pazzesca (più o meno come in Italia), e l'astice, ma soprattutto la salsa all'aglio (almeno, mi è sembrato di capire che fosse questo), è una roba da farcisi il bagno dentro da quanto è buona.
Torniamo verso Hveragerdi e il Frumskògar a studiare, tra l'altro, il percorso di domani.

Le foto: la cascata Seljalandsfoss, i quattro cavalli vicino a Keldur, il lungomare di Eyrarbakki.

Nessun commento: