Il diciassettesimo album in studio per la band inglese, non solo conferma in pieno, parola per parola, quanto scrissi in occasione del precedente Obsidian (2020), ma nonostante non ci sia una briciola di novità, è un disco che fatico a togliere dalla mia personale rotazione. L'alternanza dosata tra il cantato pulito e sporco, i riff monolitici, le atmosfere decadenti, l'assoluta mancanza di note fuori posto, la compostezza degli assoli, insomma, un disco veramente bello da una band che evidentemente, non si è ancora stancata di fare quel che riesce loro benissimo. Nota curiosa: hanno cambiato nuovamente il batterista (siamo a sei, otto contando quelli "usati" solo in tour).
The English band's seventeenth studio album not only fully confirms, word for word, what I wrote about their previous album, Obsidian (2020), but despite not having a shred of new ideas, it's a record I struggle to remove from my rotation. The balanced alternation between clean and dirty vocals, the monolithic riffs, the decadent atmospheres, the absolute lack of out-of-place notes, the composure of the solos—in short, a truly beautiful album from a band that clearly hasn't tired of doing what they do so well. Interesting note: they've changed drummers again (we're at six, eight if you count the ones they've only used on tour).
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