No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20071025

distanze


La giusta distanza - di Carlo Mazzacurati 2007


Giudizio sintetico: si può vedere


Polesine veneto, Concadalbero è un paesino piccino piccino, dove tutto scorre tranquillo e tutti conoscono tutti. Giovanni ha 18 anni e vuole fare il giornalista, ha un fratellino più piccolo che incarna tutti i difetti degli odierni pre-adolescenti, un padre che non ha molto da dire e interiorizza la perdita della moglie, piuttosto recente, e si fa aiutare dalla zia. La maestra di tutti, attualmente del fratello di Giovanni, all'improvviso impazzisce, e viene sostituita da una forestiera, la bella Mara, che appena arriva attira immediatamente gli sguardi e i pruriti di gran parte dei maschi di Concadalbero.


Scorrendo la filmografia di Mazzacurati, non si può che convenire sul fatto che i suoi lavori più riusciti sono quelli dove il regista radiografa vizi e virtù della provincia italiana, soprattutto quella del benestante Nord Est, evidentemente quella che conosce bene, quella dalla quale proviene. Nonostante ciò, anche i difetti dei suoi migliori film sono sempre gli stessi: l'introduzione di troppi temi sui quali riflettere. Eppure, questo suo ultimo lavoro è piacevole, divertente, a momenti leggerissimamente inquietante. La sceneggiatura viaggia un po' a strappi, e a tratti mostra la corda. Troppa voce fuori campo, addirittura più di una (l'espediente della lettura delle e-mail tra Mara e la sua amica del cuore che cos'è, se non una doppia voice off?), effetto ridondante assicurato. Sembra che a volte Mazzacurati dimentichi che una scena senza dialoghi (molte di quelle dove vediamo la solitudine di Hassan, su tutte quella dove si ferma nella zona delle prostitute, didascalica seppur, appunto, senza dialoghi) è spesso migliore di una scena troppo parlata. D'altro canto, va apprezzato però lo sforzo continuo di cercare una via originale senza per forza scimmiottare qualcuno: nel complesso del lavoro del regista, vedo questo.


E' spiazzante la direzione noir che prende il film nella seconda parte (già in troppi lo hanno accostato all'acclamato La ragazza del lago), ma se effettivamente questa "deriva" genera parti forse inutili e superflue, è bello vedere la mano leggera del regista che con due o tre scene in sequenza riesce a mostrare, in un punto cruciale del film, tutta una serie di personaggi che, con la coralità del racconto, è riuscito a far diventare potenziali colpevoli.

Non tutte riuscitissime le prove attoriali. Per un Battiston e un Bentivoglio che si limitano al compitino, viaggiando a filo di gas, si nota un leggero impaccio nella prova del giovane protagonista Giovanni Capovilla, che ci lascia la sensazione di poter dare di più; i complimenti vanno invece alla promettente Valentina Lodovini (Mara), vista (poco) ne L'amico di famiglia, e all'intenso Ahmed Hafiene (Hassan). Interessanti alcuni comprimari (Artuso, Cantarelli, Abbiati).


Assolutamente da ricordare almeno un paio di scene: l'apertura, con la ripresa del Po' e di Concadalbero (paese inventato) dall'elicottero, che termina poi "dentro" la corriera, magistrale, una grande introduzione; l'avvicinamento fisico tra Mara e Hassan, i loro sguardi carichi di una tensione sessuale che quasi esce dallo schermo, vibrante. Certo, ce ne sono alcune da dimenticare (la citazione felliniana con la maestra sul barcone, la semi-conclusione troppo retorica; per fortuna che nell'ultimissima scena, quella immediatamente seguente, inutile fin da subito, Mazzacurati si è fermato appena in tempo: se avesse fatto capire distintamente che, alla fine, nasce qualcosa tra Giovanni e la sua prima fiamma, avrebbe davvero rovinato tutto. Già così è stucchevole), ma prendiamo quel che c'è di buono, e rallegriamoci. E' tornato il regista de La lingua del santo, de Il toro e dello splendido Vesna va veloce, che, speriamo, ha seppellito per sempre quello dell'orribile L'amore ritrovato.

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