The Hurt Locker – di Kathryn Bigelow 2008
Giudizio sintetico: si può vedere
La compagnia Bravo è un gruppo di 3 soldati addetti allo sminamento delle bombe, e in Iraq ce n’è un gran bisogno. Il rischio di morire, ovviamente, è altissimo. Infatti, il Sergente Thompson muore nel tentativo di disinnescare una bomba nel centro di Baghdad (e i suoi resti insieme alle sue cose tornano in patria dentro la hurt locker, la cassetta del dolore). Lo sostituisce il Sergente Capo James, che i due collaboratori, il Sergente Sanborn e lo Specialista Elridge non tarderanno ad incasellare come un folle. William James è folle, si, ma maledettamente bravo: ha disinnescato, nella sua carriera, oltre 800 ordigni. La sua vita è quella, mentre gli altri due soldati vedono la meta avvicinarsi: mancano infatti meno di due mesi al rimpatrio.
Torna Kathryn Bigelow, e nonostante i molti passi falsi, c’è chi, come me, la ama incondizionatamente per aver partorito Point Break e Strange Days, due film d’azione, adrenalina, fantasociale il secondo, quasi perfetti. Ecco dunque un nuovo film su un tema scottante, anzi, ancora caldo, come l’Iraq; forse però è ancora troppo presto per tirare le somme.
Giudizio sintetico: si può vedere
La compagnia Bravo è un gruppo di 3 soldati addetti allo sminamento delle bombe, e in Iraq ce n’è un gran bisogno. Il rischio di morire, ovviamente, è altissimo. Infatti, il Sergente Thompson muore nel tentativo di disinnescare una bomba nel centro di Baghdad (e i suoi resti insieme alle sue cose tornano in patria dentro la hurt locker, la cassetta del dolore). Lo sostituisce il Sergente Capo James, che i due collaboratori, il Sergente Sanborn e lo Specialista Elridge non tarderanno ad incasellare come un folle. William James è folle, si, ma maledettamente bravo: ha disinnescato, nella sua carriera, oltre 800 ordigni. La sua vita è quella, mentre gli altri due soldati vedono la meta avvicinarsi: mancano infatti meno di due mesi al rimpatrio.
Torna Kathryn Bigelow, e nonostante i molti passi falsi, c’è chi, come me, la ama incondizionatamente per aver partorito Point Break e Strange Days, due film d’azione, adrenalina, fantasociale il secondo, quasi perfetti. Ecco dunque un nuovo film su un tema scottante, anzi, ancora caldo, come l’Iraq; forse però è ancora troppo presto per tirare le somme.
A parte ciò, la Bigelow parte (e si fa aiutare nella sceneggiatura) dagli scritti di Mark Boal, reporter embedded, e racconta questa guerra dal di dentro. Parte con un altro scritto, di un altro reporter di guerra, Chris Edgar, che appare sullo schermo prima che arrivino le immagini: “La furia della battaglia provoca dipendenza totale, perché la guerra è una droga”. La scritta si dissolve, ma non tutta: l’ultima parte rimane, e spiega l’essenza del film e delle persone che questo film si propone di raccontare. La guerra è una droga. Dopo di che, si parte. E non si tira più il fiato per quasi due ore. Soggettive, camera nervosissima, zoommate, come sempre stile inconfondibile, adrenalina a mille. Attori in parte, due camei, Guy Pearce e Ralph Fiennes (prezioso il primo, quasi inutile il secondo). Il problema è che non c’è altro. La chiosa, che non riveliamo, seppur suggestiva e un po’ amara, non cambia le premesse. E’ un film che tiene lo spettatore incollato allo schermo e all’azione, che racconta benissimo quanto l’essere umano possa essere dipendente dal rischio e dall’adrenalina, quanto possa essere incurante della morte, ma che non dice niente su quella guerra, se non spiegarti di quale tipo è; inoltre, ha lo stesso difetto di Black Hawk Down di Ridley Scott: praticamente non tiene conto dei “nemici”. Sta a noi innescare le riflessioni a posteriori. Un po’ poco per una regista “visionaria” come la Bigelow.
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