Miracolo a Sant'Anna - di Spike Lee 2008
Giudizio sintetico: si può perdere
1984, New York, un impiegato delle poste uccide un avventore che gli si è presentato davanti chiedendogli un francobollo. A casa sua viene ritrovata una preziosissima testa di marmo appartenente ad una statua di Firenze e scomparsa nel 1944. La notizia, casualmente, arriva "tra le mani" di un italiano che pare particolarmente interessato al fatto, letteralmente dal cielo.
1944, i soldati della compagnia Buffalo (proprio loro, i Buffalo Soldiers), una compagnia che è una specie di esperimento, essendo formata interamente da afroamericani statunitensi, sono impegnati sul fronte del fiume Serchio, in alta Toscana. Quattro di loro riescono miracolosamente ad oltrepassare il fiume, nonostante il fuoco (incrociato, tra l'altro), e ad incunearsi quindi tra le linee nemiche, quelle tedesche. Testimone del bombardamento di un casolare disabitato ma occupato da un bambino, Angelo, in fuga da Sant'Anna di Stazzema, Sam, "il negro più grosso che abbia mai visto" (dice di lui un superiore bianco), nonostante si porti dietro (in una retina attaccata al cinturone...) una strana testa di marmo, salva Angelo e se lo carica in spalla. Arrivati in un paesino minuscolo lì vicino, i quattro si fanno ospitare in una casa di proprietà di un fedele di Mussolini, Ludovico, con una figlia molto bella amica dei partigiani, Renata, dove le donne si prenderanno cura del piccolo Angelo e i quattro soldati tenteranno di rimettersi in contatto con la loro compagnia. Verranno a contatto sia con i tedeschi che con i partigiani italiani, e scopriranno una terribile verità.
Sgombriamo immediatamente il campo da qualsiasi dubbio: siamo davanti al peggior film del grande Spike Lee. Visto che è venuto a girarlo in Italia, dispiace veramente. E dispiace ancor di più, visto che ha scelto come soggetto il romanzo di James McBride omonimo che romanza un episodio di guerra che gira intorno all'eccidio di Sant'Anna di Stazzema, fatto che ha sollevato non poche polemiche, soprattutto qui in Toscana.
I perchè sono molti. Diverse incongruenze piuttosto grossolane (non ve le descrivo, ma leggetevi questa recensione perchè non credo si possa fare meglio), una sceneggiatura che ha soprattutto nei vari espedienti narrativi alcuni punti terribilmente deboli (come accennavo prima, come la notizia del ritrovamento della testa arriva tra le braccia dell'interessato, oppure la conclusione, che definirei ridicola senza mezze misure), il fatto stesso che l'eccidio sia stato usato come pretesto per fare un film sulle possibilità di riscatto degli afroamericani attraverso l'arruolamento e il combattimento tra le file dell'esercito americano; non finisce qui: il tema della contrapposizione bianchi/neri, altrove e con altri film trattato splendidamente da Lee, qua risulta annacquato e tirato via, per niente convincente, e neanche la battuta che il regista mette in bocca a uno dei quattro protagonisti, sul fatto che in Italia nessuno lo faccia sentire diverso, serve a rendere tutto migliore. Un capitolo a parte merita come il regista dipinge gli italiani: delle macchiette, niente di più, niente di meno. Fa una certa tristezza vedere validissmi attori italiani, Favino, Cervi, Lo Cascio, Antonutti, solo per citarne alcuni più in vista, rendersi ridicoli solo per lavorare con un regista di fama internazionale. E il piccolo protagonista Angelo? Dovrebbe essere una specie di fulcro spirituale della storia, ma quello che ne esce è una specie di parodia del Pinocchio di Comencini.
La regia non è scoppiettante come al solito: alcune finezze (il dialogo tra Sam e Angelo sui colpetti ripreso, se non ricordo male, da tre macchine), altri virtuosismi scontati (le preghiere incrociate) che non aggiungono niente, il resto è ordinario. La fotografia lascia molto a desiderare, orrenda soprattutto quella nelle scene nei boschi. Sembra di vedere una brutta fiction televisiva italiana, sempre che ne esistano di belle. Non voglio credere che dipenda dai colori della nostra terra.
La cosa peggiore? Mancano le emozioni. Naturalmente, se si eccettua la brevissima scena dove si mostra l'esecuzione dell'eccidio, anche se, credo, una cosa del genere farebbe emozionare anche in un documentario del National Geographic.
Un brutto passo falso per Spike Lee.
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