Il ruolo dei sindacati
Dall’ufficio di Arne Byrkjeflot sono passato in quello, qualche piano più su, di Knut Fagerbakke, il leader locale della Sinistra socialista, artefice del successo elettorale del 2003. Fagerbakke mi ha raccontato che la vittoria della sinistra nel 2003 era stata accolta con un diffuso scetticismo dai partiti di destra e dalla maggior parte dei commentatori politici: tutti dubitavano che il suo programma potesse funzionare. Un anno più tardi gran parte dello scetticismo era stato spazzato via. Trondheim era diventata la prima città norvegese a risolvere il problema della carenza di posti negli asili nido e nelle scuole per l’infanzia, aveva dimezzato le liste di attesa per gli alloggi e rimesso in sesto l’istruzione pubblica. Era diventata una vetrina per la sinistra: l’esempio locale che dimostrava come si potevano cambiare radicalmente le cose. I partiti conservatori avevano torto: fare una politica davvero di sinistra era possibile. Lo stesso meccanismo è stato poi usato a livello nazionale. I sindacati hanno lanciato una campagna per raccogliere proposte politiche e suggerimenti dai loro iscritti. Il successo è stato enorme e ha contribuito a far nascere un nuovo rapporto di collaborazione tra la Confederazione sindacale e il Partito laburista, che negli ultimi tempi, sotto la guida di Jens Stoltenberg, si era spostato su posizioni centriste, ottenendo nel 2001 il peggior risultato elettorale dal 1924. Il sindacato, guidato per la prima volta da una donna, Gerd-Liv Valla, stava cambiando pelle: più che puntare alla lealtà verso i laburisti, ha adottato una strategia radicale per cambiare il paese e mettere fine al liberismo economico.
“Il nostro obiettivo”, ha detto Gerd-Liv Valla inaugurando la campagna elettorale per le elezioni del 2005, “è fare in modo che i nostri iscritti sappiano esattamente quali differenze ci sono tra i
partiti a cui dovranno dare il loro voto”. La strategia ha funzionato di nuovo e a vincere è stata la coalizione formata dai laburisti, dalla Sinistra socialista e dai centristi del Senterparti.
Il loro programma prevedeva una netta svolta a sinistra: niente più scuole paritarie, blocco delle privatizzazioni e maggiore democrazia nel settore pubblico. Inoltre, la Norvegia si impegnava a non pretendere che i paesi poveri aprissero i loro mercati ai suoi prodotti. Era la fine del liberismo e il ritorno a una politica di sinistra.
continua
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