Tutto il bene del mondo - di Alejandro Agresti 2004
Giudizio sintetico: straziante
Argentina, oggi; Isabel ha due figlie, avute da uomini diversi, ma quello che ha amato è il primo; quando scopre che non è morto come credeva, si mette in viaggio con Leticia, la figlia grande, e Beba, quella piccola, per Mar del Ajo, piccola località turistica sul mare, che d'inverno conta 1000 abitanti e d'estate 50mila, dove Cholo, l'uomo da lei amato, si è rifatto una vita come panettiere; lì ha come cancellato il suo passato, raccontando a tutti una storia diversa da quella vera. Il confronto sarà doloroso, il processo di avvicinamento lento e difficile; il finale, un piccolo spiraglio di speranza.
Agresti questa volta va fino in fondo con i sentimenti, senza fermarsi a quelli dei piccoli come fece nel già delicato "Valentín" (del quale conserva una buona parte del cast); addirittura li affronta tutti, a tutti i livelli generazionali, e mentre la storia si dipana, mette un sacco di argomenti sul piatto, tanto che quando Leticia legge la lettera dell'ebrea quasi non si capisce dove voglia andare a parare, un po' come quando Isabel si ferma in casa dell'istruttore di volo e lo fa sfogare, introducendo il tema della guerra contro l'Inghilterra per le Malvine; se ha un difetto, è appunto il numero di problematiche introdotte; ma il punto, evidentemente non è questo, il punto sono i sentimenti violentati, e la paura della gente nell'affrontarli.
Come è impossibile non apprezzare la diversità nell'affrontare la tragedia argentina, pensando a come è stata sempre presa di petto ad esempio da Marco Bechis ("Garage Olimpo", "Figli/Hijos") e confrontandola con lo stile di Agresti, che invece si sofferma sulle conseguenze subite dalle persone, e dai figli di quelle persone, così è impossibile non commuoversi assistendo alla scena durante la quale Isabel entra nel locale dove Cholo gioca a carte, con un pezzo argentino kitsch in sottofondo, ma così struggente che si fa fatica a trattenere le lacrime; Agresti in modo semplice, con accorgimenti che sembrano di poco conto (i dialoghi dei bambini, i personaggi di contorno così ben caratterizzati anche con poche scene, gli arredamenti spartani), movimenti di macchina basilari, sa arrivare al cuore, e nello stesso tempo, darci uno spaccato genuino del suo paese.
Delicatissimo e struggente, se vi capitasse di vederlo al cinema, guardate le facce di quelli che sono in sala con voi appena si accenderanno le luci alla fine.
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