La strada - di Federico Fellini 1954
Giudizio sintetico: da vedere
Zampanò è un "animale" (come lo descrive il "Matto"): un energumeno grande e grosso che fa l'artista ambulante, racimolando un po' di soldi con numeri di forza o da clown. Alla morte della Rosa, la sua assistente, "compra" per diecimila lire, dalla famiglia, povera in canna, la sorella, un po' sciroccata, Gelsomina, dall'aria perennemente assente da bambina, e la porta con se in giro, sulle strade e sulle piazze di un'Italia devastata dalla Seconda Guerra Mondiale, nel pieno della ricostruzione e del passaggio da un'economia contadina a quella industriale. Gelsomina, nella sua ingenuità, diventa perfino gelosa di Zampanò, al punto da tentare la fuga, più per i suoi "tradimenti" che per le sue botte e i trattamenti animaleschi. Durante la sua unica fuga, conoscerà il "Matto", un acrobata sempre sorridente, dalla battuta pronta, che costantemente prende in giro tutti. Dopo che Zampanò la ritrova, riprendendola a forza con sé, si ritroveranno in un circo, dove scoprirà che il Matto e Zampanò proprio non vanno d'accordo. Zampanò viene arrestato per aver rincorso il Matto (che gli aveva fatto un gavettone d'acqua) con un coltello, e Gelsomina, che avrebbe l'opportunità di abbandonarlo per sempre, si fa quasi convincere dal Matto a rimanere con lui, tentando di renderlo più "umano". Non ci riuscirà. O forse si.
Premio Oscar nel 1957 (usci negli USA nel 1956) come Best Foreign Language Film (è proprio vero che Ponti e De Laurentiis erano grandi produttori), sceneggiato dallo stesso Fellini insieme a Tullio Pinelli (è morto quest'anno alla ragguardevole età di 101 anni; una filmografia realmente impressionante, provate a guardarla) e a Ennio Flaiano, molto liberamente tratto dal romanzo omonimo di Jack London, probabilmente il film che lanciò Fellini a livello mondiale, La strada parla della solitudine dell'animo umano, nelle sue varie forme; sullo sfondo, un'Italia poverissima e un mondo di mezzi malviventi, ai limiti dell'illegalità, che cercano di sbarcare il lunario. Protagonisti una Masina (Gelsomina) che ha chiaramente ispirato la Mondaini per la creazione di Sbirulino (con un oceano di espressività in più, sia chiaro, seppur a sfondo esclusivamente triste), un Anthony Quinn (Zampanò) spietato e cattivissimo, doppiato da un Arnoldo Foà che dà sfogo al suo accento natale, e uno straordinario Richard Basehart (il Matto), doppiato da un divertente Stefano Sibaldi in fiorentino, anche se, qua e là, i suoi concittadini livornesi, potrebbero rilevare qualche traccia di vernacolo labronico, appena accennato.
Da manuale le inquadrature della processione. Maestro non per caso.
Nessun commento:
Posta un commento