Fahrenheit 9/11 - di Michael Moore 2004
Giudizio sintetico: da vedere
Innanzitutto, diamo atto a Moore di essere riuscito a "sdoganare" il documentario al cinema, aiutato da diversi fattori; era un po' che non si vedeva in giro un'eccitazione e un'attesa del genere per un "film" dai contenuti simili.
Insospettito da tanta attesa, impaurito dalla possibilità che Moore potesse essere diventato trendy, e che magari si fosse anche montato la testa, mi avvicino a questo "Fahrenheit 9/11"; e ne rimango folgorato.
Si parte dai sospetti sui presunti brogli elettorali che avrebbero permesso a George W. Bush di diventare presidente USA, si continua con un esame di quello che ha fatto e di quello che non ha fatto a livello decisionale e di "impiego del tempo" (spassoso), la sua parte nella tragedia dell'11 settembre, i suoi legami con la famiglia Bin Laden, le guerre nelle quali ha trascinato il suo paese.
Il taglio è sarcastico nella prima parte, com'è nel suo stile; ma provate ad immaginare di essere davanti ad un'inchiesta giornalistica alla televisione; tutto va in una direzione, ma è ben documentato, ed è l'obiettivo del "servizio" del resto.
Quello che soprende (ma, in effetti, non dovrebbe), è che questo lavoro è fortissimamente americano (o pro-americano); si comprendono (anche se sono ingiustificate) le accuse di aver fatto un film anti-arabo, mosse da alcune fonti arabe, appunto; ma si capisce soprattutto quanto Moore tenga alla "salute" del suo paese (non risparmia neppure i democratici, vedi la seduta presieduta da Gore, nella quale non si trova nemmeno un senatore disposto a firmare un'interpellanza di protesta sull'operato dei giudici sul conteggio dei voti in Florida, dopo le ultime elezioni).
Infatti, per l'ultima parte, la più toccante, con la madre e la famiglia del militare concittadino di Moore (Flint, Michigan) morto in Iraq, abbandona il sarcasmo. Anzi, forse preme un po' troppo sul pedale della retorica e del dramma umano (anche se del tutto reale).
Detto fuori dai denti, non ce ne può fregare di meno; la retorica, in questo caso, è giustificata dal fine: un mondo senza guerre.
Documento che, forse, sposta i confini del cinema moderno.
1 commento:
Quando l'ho visto mi son molto arrabbiata a vedere quante bugie ci sono state dette...Grande Moore!
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