Rage Against The Machine + Gallows + Linea 77, 14 giugno 2008, Modena, Stadio Braglia
Evento: avvenimento o iniziativa di particolare rilievo. Ci sono tanti amici, oltre a migliaia di sconosciuti festanti, fuori dallo stadio di Modena, oggi. Arriviamo da tante direzioni diverse, alla spicciolata, ci troviamo, ci salutiamo, scherziamo insieme. Qualcuno è già dentro, altri no. I Linea 77 li sento in sottofondo mentre ancora stiamo decidendo quando entrare: non che mi dispiacciano, gli manca l'appeal giusto, sono sempre in mezzo a un guado. Entriamo, ci sistemiamo, c'è un'altra band sul palco enorme, al secondo pezzo riconosco il ritornello: sono i Gallows, non sapevo ci fossero loro di supporto. Il disco mi piace, dal vivo non ha la stessa resa, forse non sono adatti ad uno spazio così grande. Li seguo piuttosto distrattamente, non se la cavano poi così male.
Sono contrario alle reunion. O meglio, non mi piacciono in generale, ma valuto di volta in volta, spesso a pelle. Diciamo che sono diffidente. Stavolta lo sono molto: Zack De La Rocha non si vede da circa 8 anni e da 8 anni dice che sta per far uscire un disco (un po' come Axl Rose), mentre gli altri tre, formando gli Audioslave con Chris Cornell si sono dati all'hard rock radiofonico peggiorando di disco in disco. I nuovi Foreigner, senza nulla togliere ai Foreigner. Non mi sono volutamente e minimamente interessato alle date precedenti a questa, voglio essere sorpreso, in negativo o in positivo lo vedremo, voglio essere libero di gioire o di sparare merda.
I "nastri", la musica diffusa allo stadio, è indicativa ma sempre quella: un po' di rock, molto hip hop, di quello buono. Beastie Boys e Cypress Hill su tutti. Lo stadio di Modena è molto bello, forse più per il calcio che per la musica, non è strapieno ma siamo vicini alle 20mila presenze man mano che si avvicinano le 21,30, orario previsto per l'inizio del concerto dei RATM. Un bel colpo d'occhio. Passano le 21,30. Il palco è enorme, ci sono due mega-schermi ai lati. Arrivano le 22,00, e finalmente si spengono tutte le luci. C'è del movimento dietro al palco, l'amico Fabio fa una battuta sui pompieri che stanno salendo sul palco, magari suonano loro. Parte una sirena da allarme aereo, la folla rumoreggia: ci siamo. Quattro figure nell'ombra. La sirena sta ancora suonando quando si accendono le luci: i quattro RATM sono sul palco senza strumenti, davanti al pubblico, equidistanti e allineati. Hanno tutti addosso una tuta arancione (ecco chi erano i "pompieri") che richiama immediatamente il carcere di Guantanamo, in testa un cappuccio di iuta nero che richiama un po' di tutto in ambito malvagio. D'improvviso, mi è tutto molto chiaro: ecco perchè sono qui, ecco il motivo di questa reunion, ecco perchè stasera sarà una serata bellissima e memorabile. Ecco il senso. I roadies aiutano i quattro, fanno imbracciare basso e chitarra a Tim e Tom, conducono Brad alla batteria, mettono il microfono in mano a Zack. L'inizio di Bombtrack è ovviamente salutato da un boato, le note agili di basso sono coperte immediatamente. Prima ancora di cominciare a cantare, rappare, scandire slogan, l'huh di Zack lascia intendere che sta bene. Burn burn, yes you gonna burn e si chiude il primo pezzo, si spengono nuovamente le luci e parte L'Internazionale. Dura un po', luci, i quattro si sono tolti tute e cappucci, e via con Bulls On Parade. Intensità altissima, pubblico totalmente coinvolto. Versioni decisamente convincenti. People Of The Sun e Testify. Zack ha preso solo qualche chilo, ma sono quei chili che a uno magro donano. Sta benissimo e la voce non ha flessioni. Si muove da rapper, come sempre e come si conviene. Ha i capelli afro e all'inizio, da lontano, potresti scambiarlo per il fratello di Lenny Kravitz. Quello più incazzato e meno piacione. Durante Know Your Enemy e soprattutto Bullet In The Head è uno spettacolo guardare il prato dello stadio, da lontano, e vedere che salta. Down Rodeo è interlocutoria, uno di quei pezzi che non mi hanno mai convinto in pieno, e precede Renegades Of Funk, ci speravo di sentire qualcosa da Renegades, ma la versione non è delle migliori e capisco che si concentrino molto di più sui pezzi loro (anche se ci sarebbe molto da discutere, ormai questo E' un pezzo loro), su quelli che si possono considerare ormai classici, le canzoni di protesta del 2000. Dietro l'angolo però c'è un pugno di canzoni che scuotono nuovamente, per quasi 20 minuti, il prato dello stadio: Born Of A Broken Man, Guerrila Radio, Calm Like A Bomb e "la Nina, la Pinta, la Santa Maria", dove finalmente Maria ha la erre arrotata, densa e messicana del castigliano antico (e non quella da fighette americane che cantava Cornell) di Sleep Now In The Fire. Wake Up ospita un mini-comizio di Zack a proposito dell'amministrazione Bush, ed introduce alla pausa. Prime somme: sono in forma, il tempo sembra non essere passato, anche se mi aspetto che Tim, Tom e Brad chiedano pubblicamente scusa almeno per Revelations. Qualche sbavatura, ma già lo sapevamo, si può attribuire solo a Brad, che un fenomeno, come gli altri due musicisti, non è, e si sente. Tim e Tom fenomeni, non sbagliano un colpo, Morello è sempre il solito geniaccio della chitarra, Commerford non è un virtuoso ma poco ci manca, e le sue linee di basso sono tutto fuorchè regolari e lineari. Il concerto segue impostazioni che conoscevamo già, almeno a livello di durata. Rientrano sul palco per un potentissimo medley di Freedom e Township Rebellion, poi chiudono con il loro manifesto: Killing In The Name Of...
L'eco della frase urlata, arrabbiata, rivoluzionaria, che ci ha fatto sfogare e, lasciatemi dire, sognare, per diversi anni, risuona anche dopo che i RATM hanno ormai lasciato il palco: fuck you I won't do what you tell me!
Probabilmente non faranno mai un disco nuovo, lo dicono loro stessi, e forse è giusto così. E' giusto perchè le loro canzoni, alcune hanno più di 3 lustri, conservano ancora oggi intatta la loro carica. E' una storia strana, se ci riflettete sopra. C'è di che essere felici che una band scioltasi 8 anni fa si sia riformata per non fare un disco nuovo. Eppure, mai come in questo momento, se ne sentiva il bisogno, di questi Rage Against The Machine.
Compromise, conformity, assimilation, submission. Ignorance, hypocrisy, brutality, the elite. All of which are italian dreams.
Foto di Francesco Castaldo, da qui.
1 commento:
stesso discorso fatto per nick cave.
punkow
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