parte 9
L’opinione
Un pericolo o un’opportunità?
The Economist, Gran Bretagna
All’inizio degli anni settanta il prezzo del petrolio aumentò del 400 per cento e il mondo entrò in una fase di ristagno economico. Trentacinque anni dopo i prezzi del greggio sono di nuovo alle stelle. Questo sta provocando difficoltà e proteste, ma potrebbe anche essere un’opportunità. A corto di risposte concrete, i leader politici cercano dei capri espiatori. In cima alla lista ci sono gli speculatori, che però non hanno una sola goccia di petrolio: ogni barile che comprano sui mercati dei futures lo rivendono prima della scadenza del contratto. Quindi potrebbero far salire il prezzo dei “barili di carta”, ma non quello della materia prima. Se la colpa non è degli speculatori, vuol dire che è delle compagnie petrolifere? A un’attenta analisi neanche questa accusa sta in piedi: il prezzo del petrolio lo fa il mercato. Altri ritengono che il petrolio sia così caro perché sta finendo, ma ci sono poche prove a sostegno della tesi del peak oil. Il Medio Oriente sembra contenere ancora un mare di greggio e si potrebbero estrarre enormi quantità di petrolio dalle sabbie bituminose. La verità è più semplice: trovare e sviluppare nuovi giacimenti petroliferi è un’attività costosa e lunga. Ci vorrà del tempo, dunque, per uscire dalla crisi attuale. Alcuni ambientalisti potrebbero rallegrarsene, vedendo nel rincaro del petrolio un modo per limitare le emissioni di gas serra. Ma basterebbero delle ecotasse adeguate. I governi devono accelerare il processo di adattamento alla nuova situazione, o almeno smettere di rimandarlo. Metà della popolazione mondiale è protetta dall’aumento dei prezzi dei carburanti grazie ai sussidi statali, che però hanno avuto l’effetto perverso di alimentare la domanda. Gli anni settanta mostrarono come domanda e offerta alla fine favorirono il risparmio energetico e una nuova produzione. Questa crisi potrebbe liberare i trasporti dal monopolio del petrolio che dura da un secolo.
fine articolo, continua reportage
L’opinione
Un pericolo o un’opportunità?
The Economist, Gran Bretagna
All’inizio degli anni settanta il prezzo del petrolio aumentò del 400 per cento e il mondo entrò in una fase di ristagno economico. Trentacinque anni dopo i prezzi del greggio sono di nuovo alle stelle. Questo sta provocando difficoltà e proteste, ma potrebbe anche essere un’opportunità. A corto di risposte concrete, i leader politici cercano dei capri espiatori. In cima alla lista ci sono gli speculatori, che però non hanno una sola goccia di petrolio: ogni barile che comprano sui mercati dei futures lo rivendono prima della scadenza del contratto. Quindi potrebbero far salire il prezzo dei “barili di carta”, ma non quello della materia prima. Se la colpa non è degli speculatori, vuol dire che è delle compagnie petrolifere? A un’attenta analisi neanche questa accusa sta in piedi: il prezzo del petrolio lo fa il mercato. Altri ritengono che il petrolio sia così caro perché sta finendo, ma ci sono poche prove a sostegno della tesi del peak oil. Il Medio Oriente sembra contenere ancora un mare di greggio e si potrebbero estrarre enormi quantità di petrolio dalle sabbie bituminose. La verità è più semplice: trovare e sviluppare nuovi giacimenti petroliferi è un’attività costosa e lunga. Ci vorrà del tempo, dunque, per uscire dalla crisi attuale. Alcuni ambientalisti potrebbero rallegrarsene, vedendo nel rincaro del petrolio un modo per limitare le emissioni di gas serra. Ma basterebbero delle ecotasse adeguate. I governi devono accelerare il processo di adattamento alla nuova situazione, o almeno smettere di rimandarlo. Metà della popolazione mondiale è protetta dall’aumento dei prezzi dei carburanti grazie ai sussidi statali, che però hanno avuto l’effetto perverso di alimentare la domanda. Gli anni settanta mostrarono come domanda e offerta alla fine favorirono il risparmio energetico e una nuova produzione. Questa crisi potrebbe liberare i trasporti dal monopolio del petrolio che dura da un secolo.
fine articolo, continua reportage
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