Neil Young + Esterina, 22 giugno 2008, Firenze, MandelaForum
Neil Perceval Young, Toronto 1945, musicista. Buffalo Springfield, Crosby Stills Nash & Young, i Crazy Horse, per dire. Nel 2005 ha avuto un aneurisma cerebrale; da piccolo, il diabete e la polio. Malattie dei figli, amici morti, droghe, alcool, mogli e amanti. Country, rock, punk, metal, grunge, noise. Centinaia di musicisti influenzati da lui. Davanti alla sua biografia e soprattutto alla sua discografia, c'è solo da inginocchiarsi.
Lo so, ultimamente ci do un po' troppo dentro con le cariatidi, RATM, Neil Young, ma insomma, anni fa il Nello me lo persi a Viareggio (1982), come si fa a dire di no a Firenze. Pare che Neil e la sua crew siano qui da mercoledì (oggi è domenica) per provare il tour europeo; qualcuno gli ha consigliato il MandelaForum per l'ottima acustica. Se ripenso all'acustica di 20 anni fa mi vengono i brividi, eppure qualcosa dev'essere stato fatto, visto che l'anno scorso Marylin Manson si sentiva molto bene. Niente a che vedere con il caos totale del suono di Ben Harper nel 2003, tanto per non andare molto indietro nel tempo. Giornata caldissima (per strada, a San Miniato, un termometro digitale visibile dalla FI-PI-LI segna 40 gradi) e altra partita della nazionale di calcio persa (stasera quarti di finale contro la Spagna). Atmosfera tranquilla, età media altissima, poche presenze: alla fine poco più di tremila, il palazzetto è stato "diviso" con dei teli verso la metà (avevo visto una cosa del genere solo all'Alcatraz a Milano). Dentro, è un forno.
Aprono tali Esterina da Massarosa, vicino a Viareggio, e ricordano tanto ma tanto i primi Marlene Kuntz senza la loro cattiveria e la poesia aggressiva dei testi. Se la cavano e il pubblico non infierisce. E' un po' una festa.
Poco dopo le 21,15 ecco NY e la band, Ben Keith all'altra chitarra e saltuariamente all'organo, Chad Cromwell alla batteria, Rick Rosas al basso, e meno presenti Anthony Crawford al piano, chitarra acustica, cori, e la moglie di Neil, Pegi, cori, chitarra acustica e vibrafono. C'è perfino un pittore sul palco, dietro ai musicisti e agli strumenti dipinge quadri ispirati ai pezzi e li sistema su un cavalletto sistemato sulla destra guardando il palco. Attacca Love And Only Love e parte un assolo che dura 5 minuti prima di iniziare a cantare la prima strofa. Altro assolo. Altra strofa. Altro assolo. Totale circa un quarto d'ora. Da principio è goffo, ma è la sua natura. Guardo l'uomo Neil Young, poi ascolto il musicista. I volumi sono relativamente bassi, l'acustica è ottima. Dopo il primo pezzo potrei già alzarmi ed andarmene, tanto sono soddisfatto. Rimango.
Un paio di pezzi dal nuovo Chrome Dreams II, non male: Dirty Old Man e Spirit Road, preferisco la prima. Segue un'accoppiata micidiale, almeno per me: da una delle pietre miliari firmate NY, Rust Never Sleeps (Posso dirlo? Che cazzo di disco!), prima ci fa Powderfinger, poi attacca niente popo' di meno che Hey Hey, My My (Into The Black). Minchia. Sapevo che aveva smesso di farla, in seguito al suicidio di Kurt Cobain che aveva lasciato scritto una frase presa da questa canzone, l'immortale (ossimoro) it's better to burn out than to fade away, pluricitata perfino nei film (Highlander), quindi prima dell'inizio scherzando con gli amici avevo dichiarato che se l'avesse fatta, l'avrei ascoltata e poi me ne sarei andato (ancora!). L'ascolto e mi esalto. Ma rimango. Tra l'altro, gran bella versione. Ecco Too Far Gone. Ecco Oh, Lonesome Me, diavolo, da After The Gold Rush, 1970. Ero piccolissimo e me lo faceva ascoltare mia zia. I toni si abbassano: Mother Earth da solo al piano. Non riesco a scindere la prestazione dal rispetto per l'uomo. Probabilmente sono anche un po' prevenuto al rovescio: accetto tutto. Si va avanti a doppiette: da Harvest (Harvest. Quest'uomo ha scritto un disco come Harvest) ci fa The Needle And The Damage Done, con la band ma in versione acustica, e sono virtualmente in ginocchio, dopo di che Old Man, anche questa in acustico con la band. Che dire. Sarà pure un dinosauro, ma questa è storia della musica. Riparte l'elettricità con Winterlong e si chiude la prima parte con una tremenda versione di No Hidden Path dal nuovo disco, che dura più di 20 minuti (c'è chi assicura di aver cronometrato mezz'ora), in un tourbillon di assoli. Purtroppo, il pezzo non è all'altezza dei grandi classici, a mio modo di vedere. Però si apprezza il gesto.
Piccola pausa, rientro sul palco per il finalone. Che si fa? Mah, ecco una versione notevole del super-classico dylaniano (e hendrixiano) All Along The Watchtower. Chapeau. Si chiude ovviamente con Rockin' In The Free World con un finale noise e Neil che strappa completamente tutte le corde della sua chitarra. Son passate circa due ore dall'inizio.
C'è poco da commentare, signori. Quest'uomo è la dimostrazione della sua frase, ancora da Hey Hey, My My: rock and roll can never die, il rock and roll non può morire. Il resto sono chiacchiere. Lunga vita a Neil Young e grazie di tutto.
Una bella biografia: qui.
Foto da qui.
9 commenti:
invidia.
immenso e basta.
Mau
Un concerto che mi ha devastato emotivamente...immenso,come dice mau...
oddio, non che prima del concerto tu stessi bene eh....
puppa!!! Dopo il concerto del Boss di mercoledì (diNNieneanche te Mau!!) sto ancora peggio!!! ^_^
cmq e' out of the blue non out of the black.
io l'ho visto all'arena, stessa scaletta, pero'...come si fa a saltare completamente "on the beach"....non so, ho aspettato anni per andare a vederlo e mi ha lasciato un po' d'amaro in bocca...
te forse intendi che è out of the blue e non INTO the black. ma prima di scriverlo ho verificato, anche se ormai non ha più senso distinguere, e, da quello che ho capito io, la versione elettrica è "hey hey my my (into the black), mentre l'acustica è my my hey hey (out of the blue). Anche se il quadro che il pittore ha messo sul cavalletto recitava la scritta out of the blue.
http://en.wikipedia.org/wiki/Hey_Hey,_My_My
A livello di testo non mi risultano differenze. Poi se ne sai qualcosa di più, ben venga!!!
scusami non sapevo di questo doppio titolo, sono stato precipitoso.(e antipatico)
grazie,
A.
ma grazie a te, figurati. ciao!
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