Palindromes - di Todd Solondz 2004
Giudizio sintetico: capolavoro irriverente e iconoclasta
Aviva, di famiglia ebrea, è figlia unica di Joyce e Steve Victor. Ha 13 anni, e un desiderio fuori dal comune di diventare madre. E' per questo che fa sesso con un coetaneo, Judah, e riesce a rimanere incinta. I genitori, disperati ma razionali, le organizzano un aborto, anche se stentano a convincerla. Dopo l'aborto, che la renderà sterile, scappa di casa e crede di innamorarsi di un camionista che dapprima le dice di chiamarsi Joe; Joe fa l'amore con lei, poi la abbandona in un motel. Finisce a casa della famiglia Sunshine, due fondamentalisti cattolici che hanno una specie di corte di freaks ai quali inculcano il cattolicesimo fondamentalista sotto forma di gioco. Niente è però quello che sembra.
Un film buffo, agghiacciante, terribile e divertente. Un film di Todd Solondz, ve lo ricordate? Fuga dalla scuola media, Happiness, un regista più che scomodo, nella cui filmografia aborto e pedofilia sono affrontati continuamente e in maniera sicuramente inusuale, un regista che ha tutt'ora dei problemi a far arrivare le sue opere sullo schermo (anche questo film, in gara a Venezia nel 2004, è scomparso nel nulla). Totalmente spiazzante, divide questo film in episodi ovviamente collegati tra di loro a doppio e triplo filo, fa interpretare i ruoli da attori e attrici diversi, anche all'interno dello stesso episodio (oltrepassando anche il maestro Lynch, ma al suo confronto, Solondz è molto meno ermetico, molto più chiaro ed esplicito, senza misteri), in maniera completamente spiazzante per lo spettatore, che però si adegua presto, come in un gioco divertente, da bambini. E spara. Spara forte, dritto, contro la morale comune, contro pedofili e contro gli anti-pedofili sbrigativi, i fondamentalisti, gli ipocriti, i religiosi, gli antiabortisti e gli abortisti, arrivando ad usare veri e propri freaks, come in una sorta di omaggio/citazione al film di Tod Browning (Freaks, appunto) del 1932, un capolavoro assoluto, avanti di almeno mezzo secolo.
Attori completamente calati nelle loro parti, impossibile citarli tutti, anche i meno conosciuti, tutti stupendi, fotografia perfetta, quasi irreale e favolistica, colonna sonora quasi esageratamente dolce, a cura di Nathan Larson degli Shudder To Think, anche spesso compositore di colonne sonore, che fa cantare un paio di pezzi alla moglie, Nina Persson, la cui dolcezza crea ancor di più una stridente atmosfera.
Praticamente un capolavoro. Sbalorditivo.
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