Reykjavík 1
Piove. Ma nessuno, o quasi, porta l'ombrello. Nessuno ha su il cappuccio come me. Il nostro appartamento ha il solo difetto di avere una finestra che dà sulla strada. Ma nonostante, come scoprirò tra pochissimo, sia praticamente a ridosso del centro, non è così trafficata. Siamo alloggiati in Aegisgata, a pochi metri dall'incrocio, con semaforo, con Myrargata, praticamente strada principale che fa da lungomare, e che cambia nome (andando verso il centro prende il nome di Geirsgata, poi Kalkonfnsvegur, poi Saebraut). Se prendete una cartina di Reykjavík, e pensate che Tryggvagata, che poi diventa Hverfisgata, Versturgata, Hafnarstraeti, Austurstraeti che poi diventa Bankastraeti e poi ancora Laugavegur, sono le vie principali, capirete che eravamo posizionati magnificamente. Percorro queste strade per orientarmi, prendere punti di riferimento, capire cosa c'è attorno. Il mio passatempo preferito quando sono fuori dall'Italia, guardarmi intorno, guardare i luoghi, le persone. Supermercati, negozi, caffè, pub, discoteche, ristoranti, locali heavy metal (il vicinissimo Sodoma), hotel, ostelli, negozi di souvenir. C'è tutto a un passo. Non solo: siamo praticamente davanti al vecchio porto, e nei vecchi docks ci sono ristoranti e negozi, e lì dintorno almeno 5 agenzie che vendono escursioni per il whale-watching, addirittura con la clausola "avvista la balena altrimenti hai diritto ad un'altra escursione gratis". Molti giovani in giro, tutti vestiti alternative, con tocchi personali, soprattutto sulle ragazze. Gli islandesi si sposano presto e fanno figli. Molti turisti, anche. Dopo un paio d'ore, ho capito e visto abbastanza. Mi viene fame, e torno verso "casa". Voglio provare uno di quei posti vicinissimi all'appartamento. La mia compagna di viaggio poco prima, mi ha mandato un sms per chiedermi se poteva usare le mie infradito per farsi la doccia, è già successo, lei le ha dimenticate, il fatto che me lo chieda via sms è indice del fatto che non vuole fare quella che se ne frega, ma che c'è ancora "ruvidità". Rifletto un po', se sia il caso di mandargliene un altro chiedendole se vuole uscire, attraversare la strada, e cenare insieme a me, poi desisto, se ha voglia di stare da sola è un suo diritto. Opto per Piripiri, specialista del pollo, cucina portoghese. Non mi piace moltissimo cenare fuori da solo, ma tant'è. Spesa modica, porzioni super. Soddisfatto, lascio una mancia discreta. Esco e torno verso il centro, ho notato un posto dove pare si possa usare internet, ed è esattamente presso il Reykjavik Backpackers (come potete intuire dal nome, un ostello), in Laugavegur; alla reception, che funziona anche da punto informazioni, ci sono due ragazzi giovani ed efficientissimi, che snocciolano un inglese senza il forte accento che abbiamo notato un po' dappertutto, e un sacco di gente che chiede info, che va e che viene. Chiedo al più estroso, uso internet per scrivere questo post qui, e quando gli chiedo quanto gli devo mi fa un cenno amichevole di andarmene. Passeggio ancora un po', poi mi infilo in un pub dove c'è musica dal vivo, bevo una Guinness, e rientro pian piano. Sono oltre le 23,00, ed è forse la prima volta che in questo viaggio, a parte il giorno dell'arrivo, che vado a dormire così tardi.
Se andate a Reykjavík, procuratevi The Reykjavík Grapevine: è un giornale, mensile da novembre ad aprile, quindicinale da maggio a ottobre. Scritto in inglese, formato tabloid, è interessantissimo, ti dà un'idea di cosa succede in Islanda, di cosa si dibatte, oltre a contenere l'elenco dei locali dove si suona dal vivo e dei concerti, recensioni musicali, ristoranti e via discorrendo. Senza peli sulla lingua, è pure molto divertente ed autoironico. L'ultima copia la troviamo nell'appartamento. Detto questo, partiamo con il primo giorno interamente trascorso nella capitale islandese. Usciamo non prestissimo, e mi pare giusto, non c'è fretta, e non avendo fatto spesa facciamo colazione all'ottimo Café Paris in Austurstraeti 14, che offre un po' di tutto. Decidiamo il da farsi. Partiamo dal Reykjavik 871 +/- 2, che prende il nome dalla datazione del ritrovamento sul quale fa perno (871 Dopo Cristo, con una tolleranza in più o in meno di due anni): una casa vichinga, probabilmente la cosa più antica d'Islanda. Ora, essendo obiettivi, c'è da aprire una parentesi (auto)critica, dopo aver visitato questa sorta di mostra della colonizzazione. E, secondo me, ragionamenti del genere sono obbligatori, in quanto italiani e "possessori" di una percentuale stratosferica del patrimonio storico mondiale. Hanno ritrovato queste pietre, disposte a rettangolo, ed altre cosette nei pressi. Ci hanno costruito una struttura ultra-moderna tutto intorno, con una teca di vetro che dà sulla strada sovrastante. Hanno inoltre costruito una sorta di percorso multimediale ad ellisse, sempre intorno, che mostra, sfiorando alcuni schermi, costumi ed usanze, storia. Premendo dei bottoni su alcune "consolle" addirittura si accende un fuoco ologrammato nel centro della casa. Ogni cosa è spiegata nei minimi dettagli (anche in inglese), con soluzioni all'avanguardia, le informazioni sono numerose, allargano il campo a tutta la cronologia della colonizzazione, insediamento, le "conquiste" vichinghe, le influenze genetiche (anche non vichinghe) sulla popolazione islandese, la lingua; i giovani custodi sono disponibili e si dilungano oltremodo, rispiegando il tutto, dialogando, rispondendo a domande e a battute, sopportando anche i visitatori più tediosi, sbruffoni e antipatici. Il merchandising è simpatico, i bagni ovviamente sono pulitissimi, l'ingresso è moderno e suggestivo. E' aperto 7 ore al giorno. E ci sono 4 sassi in fila, del 900 dc. La domanda sorge spontanea: cosa dovremmo fare noi in Italia? La risposta, lo sapete già, come diceva Quelo, "è dentro di te epperò è sbajata".
La giornata è discreta, si fa spazio il sole, fuori si sta bene. Decidiamo di "tentare l'impresa": andiamo a piedi a Perlan. La Lonely Planet parla di 2 km dal centro, ma secondo me sono di più. Tra l'altro, all'andata sono tutti, inesorabilmente in salita. Perlan è una struttura architettonicamente moderna, ma sicuramente non di alta qualità di design, che "impatta" molto, ed è situata giusto sopra l'aeroporto nazionale, in cima ad una collinetta verdissima (Oskjuhlid). Costruita attorno alle enormi cisterne di acqua calda, fatta principalmente di vetro ed acciaio (molto simile ad un aeroporto, quindi), consta di più piani, dove ci sono un caffé/snack bar/self service con vista a 360 gradi sulla città e sulle colline circostanti, un ristorante di lusso (ultimo piano), due geyser finti, uno all'interno della struttura, uno all'esterno, e il Museo delle saghe. Dopo uno spuntino al caffé, entriamo a vedere questo museo. C'è anche qui un "cd player" (così lo chiama il sito ufficiale, ma come vi ho spiegato in occasione del meraviglioso Settlement Centre di Borgarnes, è una sorta di lettore mp3 che fa da guida), che però non ha l'opzione dell'italiano, quindi scegliamo l'inglese. La caratteristica del museo è che ricostruisce la storia islandese, sempre a metà tra realtà e leggenda (le saghe, appunto), con "quadri" realizzati da manichini in silicone (i modelli sono stati, oltre al proprietario - nonchè ideatore e realizzatore, insieme ad una società da lui fondata - e alla sua famiglia, anche abitanti della capitale), spesso inseriti in scene cruente. Alcuni di essi sono semoventi, e qualche visitatore si spaventa. C'è anche un documentario che illustra la realizzazione dei manichini; il problema, oltre alle lunghe spiegazioni in inglese, è l'odore che ricorda la candeggina, il quale può indurre mal di testa. Interessante, ma mi aspettavo di più, vagamente tetro, questi si. Torniamo "verso casa", ma siccome non ci vogliamo far mancare nulla, sulla strada del ritorno facciamo in modo di passare dalla Hallgrímskirkja, che visitiamo velocemente. Imponente ma sobria, interni moderni e funzionali, l'organo interno ha 5275 canne, e l'intera chiesa sembra costruita più per i concerti che per le funzioni. Distrutti dalla camminata, ci dirigiamo all'appartamento, e un riposino più doccia ci sta tutto, prima di uscire a cena.
Nelle foto, interno (l'organo) ed esterno della Hallgrímskirkja.
1 commento:
Ricordami quando hai finito il report del viaggio di farti una domanda.
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