No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20061008

sangue e sperma


Good Life – di Jay McInerney

Russell e Corrine Calloway sono sposati da anni, e hanno due gemelli nati da una complicata operazione di inseminazione artificiale (sperma di Russell, ovuli di Hilary, sorella aspirante attricetta in realtà super troietta, utero di Corrine); lui editore semi-fallito con l’hobby della cucina e amici famosi, lei sceneggiatrice frustrata tutta dedita ai bambini col terrore che la sorella se li voglia in qualche modo riprendere, trascinano avanti un matrimonio che ormai va avanti per forza d’inerzia, in mezzo a cose non dette e tradimenti di lui.

Luke e Sasha McGavock, anche loro sposati da un bel po’, soffrono un allontanamento inesorabile anch’essi; Luke, ottimo broker a Wall Street, lascia il lavoro forse per la sua prorompente sensibilità che gli fa odiare la vuotezza di quel mondo, sogna di scrivere un libro sui Samurai, lei, bellissima e di gran classe, vive nell’ovatta e nel mondo delle celebrità, impegnatissima ad essere sempre dove si deve essere per finire sui rotocalchi, e probabilmente lo tradisce con gente facoltosa. Crisi profonda, acuita dalla distanza insormontabile della unica figlia adolescente Ashley, che lotta per sopravvivere in un mondo tutto fatto di apparenza e invidia.

Luke scampa al crollo delle torri, l’11 settembre, per un nulla, e quando riemerge dalle ceneri vede lei, Corrine. Insieme, fanno volontariato servendo pasti caldi ai volontari, e tra di loro scocca la scintilla, facendoli sentire allo stesso tempo felici e colpevoli, per un interminabile serie di motivi.

Mi rendo conto che per me è davvero difficile essere imparziale, giudicando un libro di McInerney. E’ quell’indulgenza rispettosa che avvolge allo stesso modo una recensione di un disco di una band che ti è piaciuta, che hai amato fin dagli esordi. E’ uno sforzo sovrumano, ingigantito dal leggere e dal sentire le critiche che piovono un po’ dappertutto, critiche che relegano questo romanzo nelle serie più basse. Sarà per il momento, sarà per ciò che ho detto prima, questo romanzo mi è piaciuto molto. So benissimo che esistono libri molto più belli e profondi, e che ce ne sono altrettanti più crudi e irrispettosi fino a diventare bellissimi. Fatto sta che McInerney riesce a descrivere la crisi di mezz’età, dei rapporti di coppia, la speranza in un futuro migliore, l’amore incondizionato per i figli, il disprezzo per un certo mondo falso, insieme ai sentimenti nazional-popolari statunitensi di fronte all’enorme tragedia dell’11/9, senza per questo diventare ottusamente filo-Bush. Scende nel profondo, dà vita a dialoghi reali, riesce ad unire sentimenti e ruvidità con un piglio da grande scrittore, quale è. Non credo sia così facile riuscire a rendere conto di un innamoramento selvaggio insieme ad un sentimento di perdita così devastante come quello che assale un americano davanti a Ground Zero.

Ispirato dalla stessa opera di volontario praticata dallo scrittore dopo l’11/9, riprende i Calloway e li ripropone come protagonisti dopo il suo Si spengono le luci del 1992, forse con miglior fortuna.
Non è il suo capolavoro, che rimane L’ultimo dei Savage, non ha l’impatto sociale del suo indimenticabile debutto Le mille luci di New York, ma è senz’altro un libro che ti trasmette qualcosa.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Se Milano, nel suo esser tale , leggesse "le mille luci", con la semplicità che
il libro riesce a trasmetterti, sarebbe una rivoluzione.
that's all falks!

jumbolo ha detto...

considerazione interessante