No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.
20061017
metropoli e provincia - presente e passato
Ieri sera stridente doppietta cinematografica. Parliamone.
Oliver Stone e il suo World Trade Center, un film sulla tragedia dell'11 Settembre 2001. Purtroppo, è proprio come ce lo aspettavamo. Le storie, strettamente legate, dei due poliziotti John McLoughlin e William Jimeno, rimasti sepolti e intrappolati per molte ore sotto le macerie delle torri, dove si erano recati per svolgere servizio immediatamente dopo lo schianto del primo aereo, e quando ancora non era chiaro che anche la seconda torre era stata centrata da un ulteriore aereo, non sono un semplice espediente narrativo, ma la spina dorsale del film stesso.
Quel che ne esce quindi, è un film anche intenso, sofferto e sofferente, claustrofobico sia nelle lunghe scene dei due sotto le macerie, intrappolati, che lottano e si aiutano per rimanere coscienti, e quindi vivi, sia nei paralleli delle due famiglie, che a casa si macerano nell'attesa di una chiamata, ma, purtroppo, la visione non si "allarga" mai ad inquadrare il fatto e a guardalo da un'angolazione complessiva, cosa che ci sarebbe anche interessata, vista la capacità di Stone di affrontare criticamente la realtà americana in momenti cruciali.
Il film è, dunque, molto "americano" (e non è una battuta) nel suo modo di affrontare la retorica della tragedia umana, il coraggio, l'abnegazione, l'amor patrio e la coesione familiare, non riesce mai ad essere intimo seppur zeppo di flashback di vita familiare; oltre ad avere la grande pecca di limitare la visione, come detto prima, sull'avvenimento storico, non riesce ad andare granchè in profondità a livello delle psicologie dei personaggi principali, seppur messi alle strette dalla situazione.
Ovviamente ben fatto dal punto di vista effettistico, rimane sottotono anche a causa di un cast abbastanza mal assortito (e meno male che Cage recita una buona parte del film intrappolato dalle macerie e quasi completamente coperto dalla fuliggine e dalla polvere), dove riesce a spiccare un po' solo la bella e brava Maria Bello nella parte della signora McLoughlin, ma soprattutto per colpa di Stone e dello sceneggiatore, che traggono dalla vera storia di questi due agenti solo il lato forzatamente commovente. E' chiaro che i più sensibili singhiozzeranno e soffriranno un sacco durante l'arco emotivo della storia, ma anche un piagnone come me rimarrà inorridito quando Stone si inventa una visione del Cristo che offre una bottiglia d'acqua all'agente Jimeno che sta per lasciarsi andare al sonno eterno. Meno male che, forse memore del suo passato, il grande (ex?) regista mette in bocca immediatamente dopo al personaggio una risata, mentre racconta divertito la visione avuta al compagno di sventura.
Si poteva, e si doveva, fare di più.
Dopo un paio di film che non mi avevano convinto per niente (My name is Tanino e Caterina va in città), il livornese Paolo Virzì se ne esce prepotentemente con un film al quale non avrei dato un euro, e fa centro alla grande.
Liberamente tratto dal romanzo "N" di Ernesto Ferraro, N Io e Napoleone ci racconta la storia di Martino, un elbano aspirante scrittore, fallito maestro elementare per le sue idee giacobine, alle prese con il fratello grande Ferrante, che lo vorrebbe instradare al commercio navale, tradizione familiare, e la sorella Diamantina, che non lo vorrebbe veder correre dietro alle sottane della baronessa Emilia, bellissima ma con 20 anni di più ed un marito, seppur ottantenne.
Martino è ossessionato dal sogno ricorrente dove lui uccide Napoleone, ed è schifato dall'arrivo dello stesso in esilio appunto all'Elba, e dai suoi conterranei che lo accolgono come un re, un po' provinciali e un po' convinti che la sua presenza porterà denaro e prosperità.
Quando Martino viene scelto come scrivano personale proprio da Napoleone, dapprima si stupisce, poi accetta, vedendo questa come un'opportunità unica per raggiungere il suo delittuoso scopo. Non tutto però, andrà come programmato da Martino.
Virzì firma probabilmente il suo miglior film, unendo ricostruzione storica, satira attuale, commedia all'italiana e grande direzione del cast. Il film avvince senza soffocare, diverte fino ad essere scoppiettante in alcuni momenti, in altri commuove perfino; lascia spazio a paralleli non troppo difficili, regala momenti epici (la scena di Auteil/Napoleone che si trucca pensieroso è superba) e riesce ad essere più ficcante del Caimano di Moretti (Dite che non c'entra niente? Andate a vedere questo film e poi ne riparliamo). Unite il tutto ad una interessante ricostruzione storica, e ad una sopraffina eleganza stilistica nei movimenti di macchina. Come già detto, Virzì firma la sua personale vetta.
Il cast è ottimo, seppur tutto italiano a parte qualche eccezione e al superlativo Auteil, riesce digeribile finanche la Bellucci, per la quale però neppure l'escamotage della parlata umbra, la sua natìa, funziona a dovere, mentre mirabile il lavoro sul linguaggio fatto dalla Inaudi, la Impacciatore, Germano e Mastrandrea, che rende tutto molto credibile e a tratti esilarante. Interessante e convincente Ceccherini, che seppur sempre col sorriso sulle labbra, recita una parte marginale ma non troppo.
Insomma, paga la scelta di Virzì di non rimanere intrappolato in un genere, e giustamente convince con un film che, alla fine, risulta difficilmente incasellabile.
Spero di avervi incuriosito, perchè questo film merita davvero.
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4 commenti:
quello di virzì lo voglio proprio vedere!!!
c'è il ceppa che fa la comparsa
interpretazione fantastica
UN TI CREDO SEI TROPPO DI PARTE............
sul ceppa si
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