No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20061008

state of love and trust


Pearl Jam + My Morning Jacket, 20/9/2006, Pistoia, Piazza Duomo

Sono fondamentalmente contrario ad assistere a più concerti dello stesso tour di una qualsiasi band, ma non sono fondamentalista. Mi è capitato, quasi sempre per ragioni che esulavano dalla musica. Questa volta è diverso, anche se dopo il concerto di Verona sono arricchito e pieno. Pistoia è a un’ora da casa, i PJ meritano massimo rispetto, ma soprattutto non fanno parte di quelle band o di quegli artisti che sono in Italia due volte all’anno. Tutto questo, introduce una riflessione che dovete fare da soli, io posso solo imbeccarvi. Se vi dice qualcosa, siamo sulla stessa frequenza.
Conclusione: vado a Pistoia ma sono già soddisfatto, la prendo come una gita di piacere.

Pistoia, mi costa dirlo da toscano non pistoiese, è bella, e assolata, calda e piena di bella gente in fregola per un concerto pare acquistare anche qualcosa. Saluto gli amici in coda all’ingresso privilegiato per il Ten Club, mi prendo un caffè mentre familiarizzo con altri fans mai conosciuti discutendo sull’assurdità dei prezzi dei biglietti e sulla mafiosità delle organizzazioni che gestiscono il tutto, mi avvio verso l’ingresso non privilegiato e mi metto in coda, con altri amici. Alle 17,30 c’è già un sacco di gente, tutta allegra, Sky Tv fa qualche intervista e in coda ci si preoccupa per un piccione appollaiato su un cavo elettrico per paura che scagazzi di sotto.
Il palco ci è di fronte, un posizionamento atipico per Piazza Duomo, e rifletto sul fatto che ancora non sono convinto che la piazza stessa abbia una buona acustica. Si apprezza il soundcheck in coda, Eddie saluta. Si scorre lentamente, ormai è una cosa alla quale ci siamo abituati, ma se mi fermassi a riflettere anche su questo diventerei anti-italiano. Arrivo “dentro” e la piazza è già mezza piena e oltre. Rimarrò defilato. Arrivano altri amici e si chiacchiera di cose nostre, mentre attorno alle 20 Ed arriva sul palco e si lancia nella bella Throw Your Arms Around Me, una rarità delicata, così, all’improvviso. Dà l’illusione di un pre-set acustico, e quando invece annuncia, coprendoli di elogi, i My Morning Jacket, l’illusione svanisce. Certo però, che già questa parentesi è memorabile. Minuti struggenti, una canzone che simbolicamente abbraccia tutti i fans. Ed rimane sul palco per la cover It Makes No Difference dei The Band, molto bella anch’essa, poi li lascia alla loro esibizione, che, come già detto, mi lascia totalmente indifferente. Torno a cose mie.

Mi scuoto poco dopo le 21. Arrivano sul palco e dopo il classico intro partono le note di Interstellar Overdrive dei Pink Floyd, che immettono la piazza direttamente dentro Corduroy, e si capisce che anche stasera, qui, si fa sul serio. Le parole non servono più. Si passa attraverso una Rearwievmirror feroce e veloce, per ricordare che sanno ancora suonare così, per aprire una parentesi a favore dell’ultimo disco con, di seguito, le dure Life Wasted e World Wide Suicide, la rocciosa Severed Hand (live acquista diversi punti), la più leggera Unemployable. Elderly Woman Behind The Counter In A Small Town è sempre un tuffo al cuore, come rincontrare un amico che non si vede da tanto, e la sensazione si fa tangibile se la segue una Dissident accolta da un’ovazione e suonata con grinta invidiabile. ½ Full piace perché l’hanno fatta loro, segue la chicca I Got Id, nell’originale suonata con il loro amico Neil Young, e una raffica di pezzi che ti stendono: Even Flow, Come Back (sempre più bella), Not For You, l’antichissima Breath che mi riporta indietro, ai tempi dei camicioni di flanella e dei pantaloni strappati (dal tempo, e non da chi te li vende, come usa adesso) con la calzamaglia sotto (e non mettetevi a ridere!), Given To Fly, Why Go, la nuova Comatose e, per finire, ancora un vecchio classico: Porch.
Una cosa che si è notata quasi subito, è che il suono lascia molto a desiderare, un po’ per il volume basso, un po’ per il missaggio. Le chitarre sono affogate, poco in evidenza. Non si sono notati miglioramenti col passare del tempo, come invece accade di solito. Peccato davvero, visto che il concerto che sta venendo fuori stanotte è davvero un altro gran concerto. I ragazzi sono in grande forma, ed evidentemente sentono un pizzico di emozione in più visto che è l’ultima sera in Italia, dopo una settimana. Eddie parla spesso, sempre seguendo dei fogli scritti in precedenza, ma il tutto risulta piuttosto spontaneo, anche se a dirla così fa un po’ ridere.

Si riprende con la dolce ma divertente Last Kiss, e siamo tutti un po’ più felici, nonostante il testo, ma è solo un attimo di respiro prima di un fuoco di fila di quasi mezz’ora: Hail Hail, State Of Love And Trust (Oh mio Dio! Mi ritrovo ancora una volta a pensare a quanto è bella questa canzone…e capisco che in tutti questi anni non l’ho riascoltata molte volte perché forse, in alcuni momenti non avrei retto dall’emozione. Un pezzo che ti aggredisce ma allo stesso tempo ti squarcia il petto dal carico emotivo, dalla bellezza della melodia. Ogni volta, ogni fottuta volta mi torna in mente quello che pensai la prima volta che la sentii: primo concerto dei PJ in Italia, dopo un disco bellissimo ed emozionante, sento questo pezzo e mi dico “Cazzo, che pezzo stupendo….visto che questa dentro Ten non c’è, se tutto il secondo disco sarà così posso anche morire”), Black (Non ci sono parole appropriate. Le cerco, ma non le trovo. Forse è meglio che mi tappi le orecchie e non ascolti quelle parole. Se sei innamorato senza speranza, sentire il vecchio caro Eddie che canta I know someday you’ll have a beautiful life, I know you’ll be a star in somebody else’s sky, but why, why, why can’t it be, why can’t it be mine potrebbe essere letale….vabbè dai, al limite appena arrivo a casa metto su I Will Survive di Gloria Gaynor), Crazy Mary (diavolo, che bellissima canzone….che bellissima voce) e per finire il loro manifesto, Alive. Potrebbe creparsi il marmo del Duomo. Potrebbe finire in questo momento il concerto. Potrebbero chiedermi altri 35 euro. Silvio potrebbe chiedermi di votare Forza Italia. No questo no. Sono emozionato, ma non lo dò a vedere. Scherzo con gli amici. Arrivo perfino a dire, perché me ne rendo conto, che Matt Cameron, in pratica il mio batterista preferito nel rock da parecchi anni, su alcuni pezzi, come Alive ad esempio, non è adatto. E’ troppo tecnico e macchinoso per suonarla come si deve. Ma sono sofismi, i ragazzi mi stanno dando grosse soddisfazioni, lassù sul palco.

E invece riprendono ancora. Last Exit, sono indiavolati e non ne vogliono sapere di mollare. Pestano sodo, e il confronto con le altre band è duro. Come si dice dalle mie parti, non ce n’è pane secco. Do The Evolution, stessa storia. Wasted Reprise apre la strada al solito, ma sempre emozionante, angolo di Better Man, pezzo che, così pare, è molto caro a Eddie, e come sempre c’è spazio per la folla che canta la prima parte, mentre lui riempirà di calore la seconda. La doppietta che precede il rito finale è da brividi: Spin The Black Circle è suonata in maniera selvaggia, una versione devastante e definitiva. So che mi ripeto, ma è un peccato che l’acustica sia davvero poca roba. Si passa poi a Rockin’ In The Free World che è sempre la stessa ma fa sempre piacere, ed un Eddie scatenato si arrampica su un traliccio lateral-frontale del palco (vedi foto). Si chiude, come anticipato poc’anzi, con la rituale Yellow Ledbetter, e i saluti sinceramente commossi della band. Un altro concerto grandioso, un altro mattone, se ce ne fosse stato bisogno, alla costruzione della indistruttibile credibilità di questo combo. E sono davvero felice, perché ci ho creduto fin dall’inizio, ed ho le prove.

Torno verso la macchina e poi verso casa con diversi amici, ed è una festa. Se penso all’ultima volta che sono venuto via da Piazza Duomo a Pistoia, in Luglio, per Ben Harper, e metto a fuoco che il prossimo mese lui sarà di nuovo in Italia, sento la differenza e, memore del ragionamento espresso inizialmente (ricordate?), mi ritrovo a sperare che i PJ tornino tra almeno 4 anni. Non me ne vogliate: gli voglio troppo bene, e per questo voglio ardentemente che si conservino così: li aspetterò in uno stato di amore e fiducia.


Grazie ad Antò per la foto
www.supergossard.it

1 commento:

Anonimo ha detto...

mi hai fatto venire i lacrimoni