No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20080325

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Un appuntamento classico, il fondo di Robecchi dal Manifesto di domenica.



Padroni che sbagliano
Alessandro Robecchi
Ops! Che distratto! Ops! Che pasticcione! Ma che sta succedendo al capitalismo mondiale? Gli editoriali attoniti di tanti accesi liberisti, sono tutti preoccupati che non si scambi la recente e incombente crisi americana per una crisi del Sistema, dell'Idea. E' la sindrome dell'Urss: per anni e anni molti si affannavano a far notare che il socialismo era una cosa, e il plumbeo socialismo reale era un'altra cosa. Ecco: sta avvenendo lo stesso presso le più fulgide menti del liberismo, cercare di convincere tutti che il capitalismo è bello, buono, magico, un vero toccasana - solo che qualche volta è maldestro, esagera, commette alcune stupidaggini. Non si potrebbe dire meglio di come fa Massimo Gaggi (Corriere): «Attenzione a non confondere la crisi americana (...) con un fallimento del modello economico liberale». Attenzione, eh! Insomma, non è cattivo, è che lo disegnano così. Quanto a caricature, anche qui non si scherza. La periferia dell'impero non può che attendere l'onda lunga, ma intanto affronta l'argomento salari, la più grave emergenza del paese. Non si può legarli all'inflazione è il monito che viene da tutte le parti, e bisogna semmai legarli alla produttività. Belle parole, come se la produttività fosse un'esclusiva del lavoratore e non (e non anche) un investimento del padrone. Già, nessuno ricorda mai di interrogarsi sulla produttività dei padroni. Innovazione? Poca. Ricerca? Niente o quasi. Investimenti? Chissà: se si guarda il comportamento delle prime 50 imprese per fatturato nel biennio 2006-2007, si notano utili eccellenti. E dove sono finiti? Semplice: a pagare dividendi o a comprare loro stesse azioni per non farsi scalare. E quindi, dove starebbe l'apporto del capitale alla famosa produttività che deve farci crescere tutti? Non si vede. E ora, manco a dirlo, ci spiegheranno che non bisogna confondere il modello economico liberale con qualche pasticcione ostaggio della finanza. Padroni che sbagliano. Non sono cattivi, è che li disegnano così.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Questo è il classico articolo di finta protesta che trovi sul bignami.
Sarà che io (da presuntuoso)sono della materia ma questo non è raccontare la realtà.
Se questo robecchi mi dice che ha fatto il magistrale forse un pochino inizio a giustificarlo.

jumbolo ha detto...

Guido, dicci la tua di realtà.

Anonimo ha detto...

Sarebbe troppo lunga, e non mi soffermo neanche sul conflitto di opinione su liberismo/socialismo ecc... che per me sono tutti concetti giusti solo se proporzionati in una miscela di politiche finalizzate al miglior equilibrio di un sistema e non integralisticamente scelte, sia in un caso che nell'altro, riportandoci ai classici equini paraocchi.
Comunque te, conoscendo il mio cammino lavorativo, potrai comprendere che ho toccato più o meno direttamente tutte le realtà e dimensioni.
E' inutile fare leva sulle grandi 50, quelle nella nostra realtà hanno perlopiù aspirato risorse però servono a persone, come questo che scrive, a fare da cassa di risonanza in clima di elezioni.
Mi sembra che ormai anche il più ingenuo sappia che politica e potenza economica vadano a braccetto da molto tempo.
Chiedi a mille commercialisti cos'è che sostiene l'economia nazionale e quasi tutti ti daranno la stessa risposta. Ti lascio la (finta) suspance. Basta che non ti aspetti dipendenti pubblici o Tronchetti.
La cosa curiosa è che non vengono quasi mai tirati in ballo, perché anche nei giornali si sa che è bene non svegliar can che dorme.
Un'ultima cosa, tanto son già stato lungo: sarei curioso di vedere in certe strutture il criterio adottato per valutare la produttività delle persone.....

jumbolo ha detto...

Guido, perdonami, conosco abbastanza bene il tuo percorso, ed è proprio per questo che non vedo il nesso della critica a Robecchi. Secondo me, il senso dell'articolo sta nel fatto che siamo di fronte ad una grave crisi del sistema capitalistico e nessuno lo vuole ammettere. Si torna al discorso economico che si faceva con l'aiuto di Maurino.
La seconda parte, quella si, va verso la critica all'impresa e la discussione sui salari. La domanda vera secondo me è: ci sono i margini per aumentarli? Il discorso sulle prime 50 imprese è, mi pare, logico, perchè se ne conoscono gli utili, mica può venire da te e sapere della tua. E, nella mia ingnoranza economica, non mi pare così sbagliato il discorso che Robecchi fa sugli utili e sul loro utilizzo. La conclusione è una critica ai "padroni" che non "premiano" adeguatamente gli operai nel caso la loro produttività abbia dato vita ad un forte utile. Non mi sembra così puerile come concetto. Che dici?

Anonimo ha detto...

La critica al giornalista sta nel fatto che comunque strumentalizza troppo i "dati", in particolar modo per le 50: è come notare un uomo perché è spettinato mentre magari è un cieco privo di tutti gli arti: il problema sta nelle integrazioni che anche tu io e babbi paghiamo e abbiamo pagato, nei finanziamenti comunitari e statali che entrano a imbuto nelle loro casse senza controllare dove vanno a finire, nell'adeguamento delle leggi ai loro interessi, sia dalla destra che dalla sinistra.
Perché questo signore non dice niente degli artigiani e delle piccole imprese? Come mai non le accusa per i mancati investimenti?
Semplicemente perché ci pensano loro a mantenere per buona parte il sistema dove vive anche lui.
Se con dieci pago sette di tasse e qualche pensione, tre mi bastano per dare da mangiare ai dipendenti e un boccone a me, vedrai che posso al massimo investire un giornalista che attraversa la strada.
Detassare alla base, ci vuole questo atto di coraggio, ed eliminare il "pelo superfluo", altro atto di coraggio.
Un lavoratore dipendente che si mette in tasca 1500 euro ne costa il doppio alle aziende.
La risata piove quando cerchi di premiare il dipendente, magari mettendo una voce di premio in busta magari di 500 euro delle quali al massimo vede la metà.
La gratifica non paga il sacrificio. Si innesca l'ingranaggio. E tutti giù per terra.
Per quanto riguarda la crisi capitalistica è provato che ciclicamente i sistemi vanno in tilt o per esaurimento, o per evoluzione, o per fattori non "caratteristici".
Valgono ancora i grafici dei vecchi libri di economia politica.
Personalmente per il nostro paese mi preoccupa il dato/scusante della difformità nel porre ed applicare le regole sia politicamente che territorialmente.
Poi si fa un'altra puntata

jumbolo ha detto...

grazie per il momento. la cosa è interessante.