Da Il Manifesto di ieri, un tema interessante del quale avevo già sentito parlare.
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Riciclaggio latinoamericano: dal basso
Antonio Graziano
Il primo incontro mondiale dei raccoglitori informali di rifiuti solidi si è concluso a Bogotà il 4 marzo. Un evento di quattro giorni alla presenza di oltre 700 delegati, attivisti ed esperti provenienti da America Latina, Africa, Asia ed Europa. Si sono incontrati per condividere esperienze e conoscenze per rafforzare la rete mondiale sui rifiuti. È l'altra faccia della Colombia. Diversa da quella violenta che sacrifica vite umane al servizio degli interessi imperialisti e del predominio sulle risorse naturali. È la Colombia dei movimenti sociali e dei beni comuni. La Colombia che dà voce ai più poveri tra i poveri, quelli che vivono nelle baraccopoli delle periferie del sud del mondo e hanno trovato nei rifiuti un'alternativa di sopravvivenza. Il loro lavoro rappresenta, in più, un valido esempio di sostenibilità ambientale. Proprio nella regione latinoamericana si trovano alcune tra le esperienze più importanti di gestione dei residui «dal basso». In Argentina si chiamano cartoneros, in Brasile catadores, in Uruguay clasificadores in Colombia recicladores. Fanno parte dell'esercito di lavoratori informali del continente. I più fortunati non vivono nelle discariche e svolgono il lavoro in tre tappe: raccolta per strada, classificazione davanti al cortile di casa e vendita agli intermediari, a prezzi stracciati, per racimolare quei pochi spiccioli che servono ad andare avanti. In aggiunta, spesso i raccoglitori di rifiuti devono fare i conti con la discriminazione, i rischi e le politiche non sempre amichevoli delle istituzioni locali. Proprio in Colombia nel 1992 nell'Università di Barranquilla furono ritrovati i corpi di undici raccoglitori. I cadaveri erano stati sezionati ed utilizzati in laboratorio da studenti di medicina, gli organi venduti all'interno di una rete internazionale. In Cile l'anno passato sei raccoglitori sono morti bruciati all'interno di un deposito di rifiuti, a causa dell'assenza di strutture idonee al lavoro. A Buenos Aires, il nuovo governatore (berlusconiano) Macri ha avviato politiche di taglio alle spese pubbliche e conseguente privatizzazione dei servizi di gestione dei rifiuti, con l'esclusione di molti cartoneros.Exequiel Estay, segretario generale della Rete Latinoamericana di Riciclatori, intervistato dal quotidiano colombiano El Expectaor, spiega che il problema rifiuti in America Latina e nel resto del mondo è grave e che le conseguenze per l'ambiente saranno nefaste se i governi non prenderanno le misure necessarie. In America Latina «non c'è ancora una cultura del riciclaggio e della gestione dei rifiuti» spiega Estay. Di fatto, nel sud del mondo non esistono ancora politiche solide mentre nei paesi del nord l'incremento dei beni di consumo e la loro eliminazione sta provocando un'accumulazione esponenziale dei rifiuti. Il Brasile è una delle poche eccezioni. In città come San Paolo si ricicla fino al 20%, e a Porto Alegre i catadores servono l'80% dell'area urbana, costituita da oltre 1 milione di abitanti.Uno sguardo globale mostra che gli Stati uniti e l'Europa producono in media 1.5 kg di rifiuti pro capite al giorno, mentre il Benin ne produce solo 0.125 kg. In India, nella città di Mumbai, lavorano 250.000 raccoglitori che producono 1 miliardo di dollari all'anno. Nei paesi in via di sviluppo il 2% della popolazione vive di raccolta e riciclaggio dei rifiuti. La gestione dei rifiuti è un problema globale che richiede azioni globali. Il tema interessa anche gli Obiettivi di sviluppo del millennio delle Nazioni Unite, in particolare l'obiettivo 7 che riguarda la sostenibilità ambientale e auspica una riduzione delle emissioni di gas serra. Tra questi il metano, tra i principali prodotti di decomposizione che si originano dalle discariche. Perciò, Estay è convinto che «se non si avviano misure di riciclaggio consistenti si incrementeranno i gravi problemi ambientali legali al riscaldamento globale».
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