No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20080309

venti di guerra e strette di mano


Qualche giorno fa parlavamo preoccupati della situazione sudamericana. Nel numero 733 di Internazionale, quello della settimana 29 febbraio/6 marzo, c'era un articolo di John Carlin per The Observer che raccontava le collusioni del Venezuela di Chavez con le Farc e col mondo dell'export della cocaina. Teorizzava che a parte condividere l'ideologia marxista e bolivariana delle Farc, il paese di Chavez abbia una specie di joint-venture con le Farc, e per questo le spalleggia e le favorisce nel passaggio della frontiera e per far partire i carichi verso l'Europa. L'articolo era accoppiato con uno del cileno Jorge Edwards, scrittore e giornalista cileno, per El País, dove si contestava lo spalleggiamento di Chavez alle Farc, che come forse tutti sapete, vuole che il mondo conceda lo status di combattenti legittimi alle Farc, appunto.

Opinioni, rispettabili, soprattutto per noi che siamo lontani.


Sul numero 734 della settimana in corso (Internazionale), visto l'aggravarsi della situazione, altro articolo che riprendeva diverse voci dal Sud America. Su Semana, settimanale colombiano, si parlava della morte del numero due delle Farc Raúl Reyes per mano dell'esercito colombiano, in uno scontro vicino a Santa Rosa in Ecuador. Si sostiene la linea dura del Presidente Uribe, si sottolinea che all'interno delle Farc ci sia crisi, che la selva non sia più sicura, ma non si sottolinea che l'esercito colombiano ha sconfinato in Ecuador, se non sottintendendo che era legittimo, in quanto le Farc attraversano tranquillamente i confini con Ecuador, Panama, Perù e Venezuela, mentre l'esercito colombiano non poteva.

Su Página 12, argentino, Horacio Verbitsky invece analizza la situazione che si è venuta a creare, rimarcando le iniziali bugie di Uribe (che sosteneva che lo scontro era avvenuto in Colombia); prosegue però indicando che i governi progressisti sudamericani hanno rotto l'indifferenza verso la situazione colombiana, attuata in passato, e sono stati propositivi nelle trattative, soprattutto quelle per la liberazione degli ostaggi delle Farc. Auspica che si eviti l'escalation, rallegrandosi che anche alcuni paesi europei si siano decisi ad intervenire diplomaticamente (Spagna, Francia e Svizzera).

La Jornada, messicano, mette il dito sul filo-americanismo di Uribe, e insinua il dubbio che l'escalation sia gradita dalla Casa Bianca, per mezzo di Uribe. Le tecnologie usate per il bombardamento di Santa Rosa sembrano essere farina del sacco statunitense.

Hoy, dell'Ecuador, auspica che il governo ecuadoriano continui sulla linea diplomatica, dice che il confine è stato violato doppiamente (dalle Farc e dall'esercito colombiano), e sostiene Correa (il Presidente) che chiede le scuse della Colombia e una maggiore sorveglianza dei confini alla Colombia stessa. Ma il pezzo che mi ha stupito più di tutti è quello di Teodoro Petkoff per Tal Cual, venezuelano, che critica aspramente Chavez (ma non era un dittatore contro la libertà di stampa?) per aver schierato i carri armati al confine con la Colombia, e sottintende la stessa tesi di John Carlin di una connivenza Venezuela chavista/Farc.

Tutto molto interessante, direi.


Fortunatamente, al momento, la crisi pare sia stata risolta grazie a una stretta di mano tra Uribe, Correa e Chavez, al vertice dei capi di Stato del Gruppo di Rio, in corso in questi giorni nella Repubblica Dominicana. Qui l'articolo di Repubblica. Forse Europa, USA e Medio Oriente hanno qualcosa da imparare. Speriamo.

1 commento:

Anonimo ha detto...

se dovessi insultare uribe gli direi:SEI UN GRANDISSIMO FIGLIO DI BUSH!!!

povero sud america.

punkow