Absurdistan - di Gary Shteyngart
Incuriosito dal fatto che l'autore si fosse espresso sulla situazione italiana, avendoci vissuto per un periodo (vedi anche i ringraziamenti in fondo al libro), e avendolo trovato nel bagno di amici che mi hanno ospitato per alcuni giorni, ho iniziato a leggere questo Absurdistan, secondo libro dell'ebreo russo americanizzato Gary Shteyngart. La lettura mi ha preso, seppur non esaltandomi sempre, e mi ha velocemente portato alla fine, nel giro di pochissimi giorni (sono un lettore molto lento). Il protagonista è (guarda caso) un ebreo russo molto molto grasso, che ha studiato negli USA, con un padre ricchissimo (e quindi molto molto ricco di riflesso), che torna in Russia dopo di che non riesce a rientrare negli States a causa del lavoro del padre: trafficante di ogni cosa, all'occorrenza anche killer, il padre uccide un cittadino americano, e la cosa fa innervosire l'ufficio immigrazione. Misha però è un rapper nel cuore e americano fino al midollo, e la cosa lo rende nervoso. La morte (manco a dirlo, violenta) del padre complica ancor di più la situazione. Rimpatriata anche la fidanzata Rouenna, l'amore della sua vita, Misha si ritrova, cercando un escamotage per rientrare in America, in Absurdsvani, una ex repubblica sovietica, ribattezzata Absurdistan, in riva al Mar Caspio, dove scoppia una guerra civile stranissima, e dove lui viene coinvolto oltremodo.
Leggendo altre recensioni qua e là, pare che in inglese il libro renda decisamente meglio (per cui, se potete, leggetelo in originale); anche se qualche valutazione ("tra i migliori libri del 2006" ha detto il New York Times) è probabilmente esagerata, il libro in questione non è niente male. La scrittura è scorrevole e lo stile rispecchia un certo romanticismo amaro per la letteratura russa, i personaggi sono buffi e, seppur un po' stereotipati (volutamente), le bordate critiche che escono dal complesso della storia sono micidiali, e un po' per tutti, provare per credere. Ci si diverte, insomma, ma l'amarezza è sottotraccia. Non a caso, l'azione termina il 10 settembre 2001.
Nonostante quel che dice l'autore («A differenza del mio romanzo precedente, Il manuale del debuttante russo, che era anche il mio esordio, inevitabilmente autobiografico, in questo c’è un lavoro da reporter», dice in questa interessante intervista a La Stampa), molti riferimenti autobiografici, alcuni pure troppo evidenti (il nome del professore di Rouenna, il titolo del suo libro), ma, alla fine, un libro che risulta graffiante soprattutto a posteriori.
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