I faraglioni di Vík í Myrdal
L'arrivo all'aeroporto di Keflavik è in orario, il volo me lo sono dormito tutto, sono circa 4 ore (da Bologna). Mi faccio un giro ma finisce subito, l'aeroporto è minuscolo, mangio qualcosa e compro una cartina convinto che sia dell'intera isola e invece scoprirò dopo che è solo dei fiordi nord-occidentali. Mi accorgo che i prezzi sono alti, ma mi riprometto di controllare fuori dalla realtà aeroportuale. 50 euro mi vengono cambiati (sempre all'aeroporto, uno sbaglio da principiante, ma che compio consapevolmente per cominciare a prendere dimestichezza con la moneta islandese) con circa 7600 corone islandesi (ISK). Mi siedo e mi guardo intorno: c'è effettivamente una percentuale di obesità spaventosa, per essere l'una di notte. La mia compagna di viaggio arriva con Iceland Air verso le 2,00, e a quell'ora ci dovrebbero venire a prendere dal Bed & Breakfast nel quale abbiamo prenotato la notte. Arriva in orario pure lei, ci salutiamo, cerchiamo il passaggio, e alla fine arriva. Neppure 5 minuti di minibus e ci siamo. Paghiamo, e scopriamo che si puà pagare in euro e, se paghiamo in contanti, c'è uno sconto di 5 euro. Il mito dell'Islanda senza denaro in banconote e monete crolla e non siamo arrivati nemmeno da mezza giornata.
Il Bed & Breakfast Keflavik Airport è ricavato in uno stabile fra i tanti che ospitavano la ex base militare USA, proprio accanto all'aeroporto, ma dalla parte opposta dell'accesso "civile" attuale. Le camere sono spaziose e pulite, i letti comodi. Unico neo, le prese di corrente "a taglio" e 110. Dormiamo, che l'avventura deve ancora cominciare. Da notare che seppure il sole tramonti, sulla carta, in tutta l'isola, in questo periodo, data la rifrazione solare e il breve periodo durante il quale rimane sotto l'orizzonte, in pratica c'è sempre luce.
La mattina seguente il tempo è buono, il breakfast compreso, dopo di che approfittiamo del servizio shuttle verso l'aeroporto per andare a ritirare l'auto che abbiamo già prenotato e pagato, alla Hertz. Ci danno una Toyota Yaris, e ci spiegano le regole: tra queste, per fortuna, che le piccole scalfitture da pietra sulla carrozzeria, in Islanda non sono considerate danni. Si parte.
Prima di tutto, andiamo verso la strada numero 1, la "famosa" Hringvegur, che fa il giro dell'isola, per cominciare il nostro tour in senso antiorario. Abbiamo fissato preventivamente la prima tappa a Vík, un villaggio poco abitato ma famoso per essere uno dei pochi agglomerati quasi urbani nel tratto sud, molto vicino al vulcano che ormai tutti conoscono ma nessuno pronuncia. A tale proposito, sappiate che gli islandesi, che hanno capito che questa eruzione ha fatto loro perdere un sacco di turismo, ci scherzano sopra e cercano il business: dappertutto si vendono le ceneri in bottiglia, e un paio di magliette giocano sul fatto. Una, in particolare, reca la scritta esatta e la pronuncia corretta.
Sfioriamo la capitale, ma non ce ne accorgiamo neppure. In un primo momento, la strada pare molto buona, ma è solo uno specchietto per le allodole. Incontriamo prima Hveragerdi (mi perdonerete se "italianizzo" la lettera ð con la d), poi Selfoss, dove sbaglio strada ma me ne accorgo subito, quindi ci fermiamo per comprare alcune cose "dimenticate" o non portate nel bagaglio causa controlli (collutorio), e qualcosa da mangiare, nel caso ci fosse bisogno di uno spuntino, ma pure per risparmiare sui pasti. Poi viene Hella, Hvolsvollur, e mentre proseguiamo tenendo alla nostra destra il mare, sulla sinistra ecco Skógafoss (la desinenza foss significa cascata; se cliccate sulla voce Wikipedia linkata, e ve lo chiedeste, si, abbiamo salito i 700 gradini, e anche se io ero distrutto, mi sembravano meno), vicino al minuscolo insediamento di Skógar. Arriviamo a Vik che quasi non ce ne rendiamo conto. E' un luogo minuscolo (300 abitanti, pare), e piuttosto deludente, se non fosse per la spiaggia nera e i faraglioni (Reynisdrangar). Facciamo una sorta di merenda appena arrivati, poi cerchiamo posto per la notte, cosa che si rivela più ardua del previsto: sono quasi tutti al completo, alcuni luoghi sembrano chiusi, ma alla fine troviamo posto alla Guesthouse Arsalir (camera decente ma non pulitissima, bagno in comune anch'esso non pulito al massimo, accomodation con sleeping bag - come già segnalato nel primo post spesso si può scegliere tra lenzuola o solo letto con copri-materasso, avendo il sacco a pelo -), grazie all'intercessione dei ragazzi alla reception dell'hotel Lundi, che "premieremo" cenando al ristorante dell'hotel.
Iniziamo a notare alcune cose degli islandesi. Fanno un sacco di figli. Parlano inglese con un accento e soprattutto una esse che sembra quella degli spagnoli.
Dopo cena passeggiata sulla spiaggia con vista sui faraglioni. Poca gente in giro. In terra c'è ancora cenere.
Non fa freddissimo, ma il vento fa in modo che ci voglia la giacca a vento. Per noi freddolosi del sud Europa. Ci ritiriamo. Domani rotta sempre verso est.
4 commenti:
ma ce l'ha un nome leilì?
non lo farei, per la sua riservatezza
cmq tu la conosci
Sì...Grimilde, la strega cattiva! Ale, a presto le foto, ora sto facendo un certosino lavoro di post-produzione, tra una polpetta al sugo e un bacino alla neonata nipotina. Le foto sono proprio belle, quelle dei puffin suscitano spesso urletti corredati da OHHH che carini...sapessero come li ammazzano!
Grimilde!!! ciao cara. oh, ho trovato un museo a copenhagen che potrebbe darci quello che cerchiamo!
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