Preoccupati per il surriscaldamento globale? Avete una casa a 280 passi dal mare? Da Liberazione di sabato scorso.
Una nazione sta sparendo sotto l'Oceano a causa del surriscaldamento globale. La Repubblica di Kiribati, arcipelago da sogno ormai assediato dalle onde e dalle emissioni. L'Sos dalle radio: «Evacuateci»
Tre metri sopra il mare. Mayday dal paradiso
Ivan Bonfanti
I naufraghi del climate change non hanno tanta voglia di scherzare, anche se dalle radio di Betio e Tarawa-Sud c'è chi ironizza mandando tra una canzonetta e l'altra una voce gracchiante che lancia nell'etere un Mayday. «M'aider», aiuto: stiamo affondando perché gli umani hanno trasformato il mondo in un letamaio. Kiribati è un piccolo arcipelago indipendente nel mezzo del Pacifico, incastrato nel paesaggio da sogno della Micronesia. Di qua le Marshall, un migliaio di chilometri più a Sud le Figi e in mezzo l'arcipelago di Kiribati, una trentina tra isolotti, atolli e scogli accovacciati sul 180esimo meridiano, dove fino a una decina di anni fa il mondo esterno lo si sentiva appena, al massimo per i pochi resort che attraggono turisti opulenti a caccia di atolli da cartolina, spiagge immacolate e una vita marina bella da far male. «Semplicità, esclusività, pace», promette il sito del ministero del Turismo, che ricorda orgoglioso come le isole siano dislocate «dove l'Equatore e la International Date Line fanno l'amore». Ebbe infatti un pomeriggio di gloria, l'arcipelago, visto che il 180esimo meridiano non è altro che la linea di demarcazione posta dagli umani tra inizio e fine del giorno. A Ovest del meridiano il giorno nuovo inizia, a Est è ancora ieri. E così con l'approssimarsi del cambio di millennio, Kiribati spostò le lancette un'ora indietro, abolì l'ora legale e voilà: furono i primi a entrare nell'anno 2mila. Ironia miserabile, sembra proprio che Kiribati sarà anche la prima a pagare a carissimo prezzo le conseguenze del surriscaldamento globale.Dopo anni di appelli caduti nel vuoto, un dispendioso quanto inutile lobbysmo per spingere i Grandi del mondo ad azioni concrete per ridurre le emissioni e qualche pacca sulla spalla incassata qua e là, questa piccola nazione del Pacifico sta letteralmente affondando sotto l'avanzare del mare, il cui livello cresce come conseguenza diretta e incontestabile del global warming. E' stato lo stesso presidente della piccola Repubblica, il presidente, Anote Tong, a chiarire una volta per tutte l'emergenza - due giorni fa durante la Giornata mondiale per l'Ambiente in Nuova Zelanda - lanciando una richiesta internazionale di aiuto per evacuare le isole. Evacuare.In questi anni recenti - ha spiegato - le spiagge si restringono a vista d'occhio, anno dopo anno. Basta una mareggiata e si porta via gli alberi, le case, le piccole costruzioni che da duemila anni regolavano come un pacifico orologio il rapporto tra la comunità umana e l'ambiente circostante. «Le riserve d'acqua dolce sono ormai contaminate da quella salata, i raccolti distrutti. Le comunità costiere sono già state costrette a spostarsi all'interno, ma presto occorrerà abbandonare anche la macchia e le zone più alte dell'arcipelago». Alte, si fa per dire visto che i centri abitati si elevano alla vertiginosa altezza di tre metri. Saranno coperti dal mare - prevedono i locali - in circa quaranta anni. Giorno più, giorno meno. «Credo che l'irrimediabile sia stato raggiunto, abbiamo passato il punto di non ritorno. Le emissioni nell'atmosfera continuano a non ridursi e anche in questo momento - ha detto Tong il cui discorso ha inaugurato la conferenza sull'ambiente che oggi vedrà la giornata clou - i gas serra spingono il cambiamento climatico verso il continuo surriscaldamento del pianeta e il livello del mare lentamente sale. E così, le nostre piccole isole saranno sommerse». Da non crederci. «Certo che non possiamo crederci, tra la nostra gente il senso di frustrazione è profondo, l'impotenza genera rabbia ma che altro possiamo fare? Non abbiamo altre opzioni», ha aggiunto il capo di questo piccolo Stato, che dopo una serie di rimpalli coloniali che ne rivendicarono la sovranità (prima un'ammiraglio al servizio dello Zar, poi i francesi, gli olandesi, infine i britannici) divenne pienamente indipendente nel 1979 e dal '99 fa parte dell'assemblea delle Nazioni Unite. A Kiribati, per gli inglesi Gilbert Islands, vivono circa 100mila persone, per lo più micronesiani che per 2mila anni avevano condotto un'esistenza pacifica e fortunata tra gli atolli posati sul corallo che fanno la manna di pesci e pescatori, le piante di cocco, la canna da zucchero, campi peraltro coltivabili grazie a una falda di acqua dolce nascosta nel sottosuolo e ad un sistema di accumulo delle piogge che avevano sempre regalato abbondanza e puntualità caraibiche. Prima. Adesso anche le riserve di acqua dolce sono contaminate dall'avanzare della marea salata e dalla siccità, i campi sono quasi incoltivabili; da tre anni non arriva una pioggia come si deve.
continua
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