L'opinione
Sette anni dopo
JEFF ISRAELY PER INTERNAZIONALE
Abbiamo avuto sette settimane per capire Genova. Dalla fine di luglio ai primi di settembre del 2001, molti hanno cercato di dare un senso a quello che era successo quel fine settimana:
l’equivoco sorto intorno alla foto di Carlo Giuliani l’istante prima di morire; l’autocompiacimento dei politici del G8; la distruzione dei simboli del capitalismo globale da parte dei black bloc; le violenze della polizia nella scuola Diaz e nella caserma di Bolzaneto. Ogni immagine, ogni polemica è stata esaminata e dibattuta. Ma il tentativo di trovare un senso ai fatti di Genova – un eventuale filo unico che collegasse la limousine di Bush al sangue di piazza Alimonda, i bambini
poveri dell’Africa agli anarchici della piccola borghesia di corso Torino – si è esaurito l’11 settembre, e con esso lo slancio del movimento noglobal. Dopo il crollo delle torri gemelle i fatti
di Genova sono apparsi improvvisamente piccolissimi. La vera aggressione, contro degli esseri umani innocenti e contro i simboli del capitalismo globale – altro che polizia, altro che black bloc – l’aveva messa in atto Al Qaeda. A Genova sia i manifestanti sia i politici sbandieravano obiettivi globali, ma la nuova mappa del mondo l’ha disegnata Bin Laden. Di fronte allo scontro di civiltà la
maggior parte delle persone si è semplicemente dimenticata degli scontri nelle piazze genovesi. L’Italia però dovrebbe insistere nel tentativo di capire: non solo per fare i conti con la brutalità della polizia o per rendere omaggio a un martire imperfetto con il passamontagna.
Ma perché negli eterni melodrammi della vita pubblica italiana si nascondono degli insegnamenti validi per tutti. Forse Genova ci ha sussurrato all’orecchio degli indizi importanti. Riguardano le contraddizioni, le accelerazioni e il ridimensionamento del mondo moderno. Riguardano scontri interni anche alle stesse civiltà. Riguardano gli impalpabili ma duraturi cambiamenti in atto nella
storia del genere umano: cambiamenti che sette settimane – o sette anni – non sarebbero mai bastati a spiegare.
l’equivoco sorto intorno alla foto di Carlo Giuliani l’istante prima di morire; l’autocompiacimento dei politici del G8; la distruzione dei simboli del capitalismo globale da parte dei black bloc; le violenze della polizia nella scuola Diaz e nella caserma di Bolzaneto. Ogni immagine, ogni polemica è stata esaminata e dibattuta. Ma il tentativo di trovare un senso ai fatti di Genova – un eventuale filo unico che collegasse la limousine di Bush al sangue di piazza Alimonda, i bambini
poveri dell’Africa agli anarchici della piccola borghesia di corso Torino – si è esaurito l’11 settembre, e con esso lo slancio del movimento noglobal. Dopo il crollo delle torri gemelle i fatti
di Genova sono apparsi improvvisamente piccolissimi. La vera aggressione, contro degli esseri umani innocenti e contro i simboli del capitalismo globale – altro che polizia, altro che black bloc – l’aveva messa in atto Al Qaeda. A Genova sia i manifestanti sia i politici sbandieravano obiettivi globali, ma la nuova mappa del mondo l’ha disegnata Bin Laden. Di fronte allo scontro di civiltà la
maggior parte delle persone si è semplicemente dimenticata degli scontri nelle piazze genovesi. L’Italia però dovrebbe insistere nel tentativo di capire: non solo per fare i conti con la brutalità della polizia o per rendere omaggio a un martire imperfetto con il passamontagna.
Ma perché negli eterni melodrammi della vita pubblica italiana si nascondono degli insegnamenti validi per tutti. Forse Genova ci ha sussurrato all’orecchio degli indizi importanti. Riguardano le contraddizioni, le accelerazioni e il ridimensionamento del mondo moderno. Riguardano scontri interni anche alle stesse civiltà. Riguardano gli impalpabili ma duraturi cambiamenti in atto nella
storia del genere umano: cambiamenti che sette settimane – o sette anni – non sarebbero mai bastati a spiegare.
Gli autori
NICK DAVIES è un giornalista britannico. Scrive per il Guardian e gira documentari. Ha vinto il premio Martha Gellhorn e il premio europeo per il giornalismo per le sue inchieste sulla crisi della scuola e sul traffico di droga. Il suo ultimo libro è Flat Earth News (Chatto & Windus 2008).
JEFF ISRAELY è il corrispondente del settimanale statunitense Time per il Mediterraneo. Era a Genova durante il G8 del 2001.
fine reportage
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