Scambi fruttuosi
E la forza del conservazionismo potrebbe crescere sempre di più ed esercitare un controllo sulle comunità locali più forte di quello dei colonialisti tradizionali. Poiché le foreste assorbono quasi un ottavo di tutto il carbonio emesso sul pianeta, le società di hedge fund statunitensi, gli esperti di inanza, i governi, la Banca mondiale, le società private e molte onlus conservazioniste hanno intravisto l’opportunità di guadagnare enormi somme di denaro fermando il disboscamento delle foreste. La grande idea per contrastare il cambiamento climatico, che sta circolando in tutto il mondo raccogliendo sempre più consensi, è che i paesi ricchi paghino i poveri afinché questi non abbattano più alberi, e compensino i loro crediti in emissioni di carbonio. Un progetto prevede che le comunità o i paesi siano retribuiti in denaro; un altro è che venga avviata una borsa planetaria del carbonio, in cui i paesi poveri potrebbero vendere il carbonio immagazzinato nei loro alberi per consentire ai ricchi di continuare a inquinare come hanno fatto finora. È un’idea che suona bene per il clima e le comunità locali, ma potrebbe rivelarsi disastrosa. “Una volta che
sulle foreste mondiali cominceranno ad arrivare i soldi versati in cambio del carbonio, ci si comincerà a chiedere se i veri proprietari degli alberi sono quelli che pagano per salvarli oppure le comunità locali”, osserva Tom Griffiths, che collabora con il Forest Peoples Programme. La corsa al carbonio, aggiunge, potrebbe far tornare il conservazionismo ai brutti giorni delle recinzioni e delle guardie private, con un controllo sempre più forte da parte dei governi e dei
grandi gruppi conservazionisti internazionali su territori molto vasti. Griffiths e altri immaginano già dei funzionari molto zelanti che sfrattano gli abitanti locali per proteggere le redditizie riserve forestali che garantirebbero crediti di carbonio, espropriano le terre e provocano l’insorgere di nuovi conflitti. “Tutti questi progetti hanno implicazioni rilevanti per la gestione delle foreste e per quello che risulterebbe lecito o illecito al loro interno. Le società del carbonio tentano già i primi approcci con le comunità locali, proponendo degli accordi in base ai quali anche loro otterrebbero dei crediti di carbonio. Questo è molto preoccupante”, osserva. Inoltre potrebbe nascere un caos legislativo. Per esempio potrebbe succedere che un gruppo conservazionista faccia un accordo con una comunità per la tutela di una grande area di foresta in cambio di un compenso in denaro. Ma cosa succederebbe se un capo firmasse all’insaputa degli altri abitanti? Quale garanzia ci sarebbe che il compenso sia effettivamente pagato? Che cosa accadrebbe se un’altra società avesse ottenuto in precedenza il diritto di sfruttamento della foresta? Le spetterebbe il compenso, a titolo di risarcimento? E alla comunità non rimarrebbe più nulla? E a chi appartiene veramente il carbonio immagazzinato negli alberi? “È comprensibile che la gente tema la privatizzazione del territorio e la sua gestione da parte dei conservazionisti”, riconosce
Vacariu. “Non importa se questo succede negli Stati Uniti, in Messico o in Africa. Bisogna essere davvero molto cauti”.
fine articolo - continua reportage
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