Eppure una Chiesa accettabile e caritatevole esiste. Era un po' che volevo esprimere il mio apprezzamento su un ex cardinale, Carlo Maria Martini, e ieri ho trovato un articolo che diceva esattamente quello che volevo dire io, quello di Concita De Gregorio su D la Repubblica delle donne. Poco dopo ho letto Liberazione ed ho trovato dei forti punti di contatto con il fondo del direttore Sansonetti, anche se non parla del cardinal Martini.
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Invece Concita
Amare il nemico per ansia di verità
Il cardinale martini si è ritirato: e in un libro espone molte sue idee immediate e profonde
di Concita De Gregorio
Il cardinale martini si è ritirato: e in un libro espone molte sue idee immediate e profonde
di Concita De Gregorio
Gerusalemme è "un bel posto per morire, un brutto posto per un moribondo", dice Carlo Maria Martini alla giornalista Lola Galàn che è andata a trovarlo a Gallarate, nella residenza medica dei gesuiti dove da pochi mesi il cardinale combatte i progressi del Parkinson, assistito da un logopedista che gli sta "insegnando a parlare di nuovo". La malattia gli ha imposto di lasciare la Città Santa e di ritirarsi nella provincia lombarda. Negli stessi giorni esce in Germania il suo nuovo libro, Colloqui notturni a Gerusalemme, anticipato su Repubblica da Marco Politi, testamento spirituale e personale di un uomo che a 81 anni è l'ultima grande voce progressista della Chiesa. L'anti-Ratzinger che più d'uno considerava l'antagonista di Benedetto XVI nell'ascesa al soglio pontificio. Tuttavia, scrive Galàn, "Martini si presentò al conclave appoggiandosi a un bastone. Nel metalinguaggio vaticano quel bastone significava 'non eleggetemi, sono ammalato'". Leggere Martini è sempre un'esperienza di riconciliazione tra opinioni anche molto distanti. D'altra parte è questo il lemma che scelse per lo scudo cardinalizio: "Amare la parte avversa per amore della verità". Si esprime qui di nuovo su temi di dibattito contemporaneo: parla del rifiuto dell'accanimento terapeutico, ammette la possibilità della ricerca su ovociti prima della divisione delle cellule. Sull'omosessualità dice: "Conosco coppie omosessuali, uomini molto stimati e attivi nella società. Non mi sarebbe mai venuto in mente di condannarli, né mi è stato chiesto di farlo". Con soave erudito colpo di bisturi concede due parole sul libro di Benedetto XVI, Gesù di Nazareth, pubblicato l'anno scorso: "Un libro gradevole, anche se si vede chiaramente che l'autore non ha studiato direttamente i testi critici del nuovo testamento". L'autore, il Papa. Ignazio Marino, il chirurgo oggi senatore del Pd, tra gli ultimi a fargli visita a Gerusalemme, racconta della loro visita al Santo Sepolcro alle sette del mattino, in assoluta solitudine, Martini a far da guida tra i resti archeologici e poi fino al benzinaio, a fianco dell'Istituto biblico, dove "si beve il miglior espresso della città". "è semplicemente un uomo che si azzarda a pensare", dice Marino di lui. Si azzarda a pensare. Bello, rischioso. A Milano, nella vita frenetica della metropoli, predicava il silenzio e chiedeva alle migliaia di fedeli che accorrevano a messa che si concedessero una pausa nelle loro vite. Un momento di attenzione a se stessi, un contrappunto di meditazione, un controtempo. Pausa, silenzio. Poi andava in periferia a occuparsi di un vecchio solo, di una piccola storia marginale, di gente qualunque. Se fosse oggi a Catania sono sicura che a Martini non sfuggirebbe la battaglia delle "donne di San Cristoforo". Un gruppo di donne semplici di un quartiere popolare e storico che si sono costituite in comitato per evitare lo sfratto da scuola dei propri figli. La scuola è l'istituto Andrea Doria, proprietario dello stabile che la ospita è l'Arcivescovado e il Comune da due anni non paga più l'affitto. Il 7 agosto lo sfratto sarà esecutivo. Le madri si chiedono se possa servire a qualcosa occupare l'edificio, trasferirsi lì con i figli, le pentole e le coperte, attirare così l'attenzione di "qualcuno che conti". È una piccola storia ordinaria, ma non per quelle donne, non per quel quartiere, non per la speranza di riscatto che la scuola incarna. Martini, se la malattia glielo consentisse, scriverebbe almeno - di sicuro - una lettera a quelle famiglie. Lasciate che i bambini vengano a me: del resto, se non di questo, di cosa ha senso ancora occuparsi?
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Ma che razza di Dio è il vostro? Un sadico...
di Piero Sansonetti
Ieri L'Avvenire, cioè il giornale dei Vescovi, ha dedicato il titolo di testata della prima pagina al caso di Eluana Englaro, la ragazza che ha trascorso 18 anni - cioè la metà esatta della sua vita - in coma profondo, ridotta a un vegetale, e che le autorità ecclesiastiche non vogliono lasciar morire, nonostante le preghiere del padre, la volontà espressa dalla stessa ragazza prima dell'incidente, le decisioni dei tribunali. L' Avvenire titola così: «Eluana, svolta di speranza». E nel sommario di prima pagina spiega - soddisfatto - di avere trovato un costituzionalista, Gianfranco Iadecola, il quale «rilancia un interrogativo di fondamentale importanza: è certo che Eluana abbia espresso la sua volontà di morire se si fosse trovata in uno stato vegetativo?». Ho messo le virgolette alla frase trascritta dall'Avvenire perché altrimenti voi avreste pensato che questa espressione fosse il mio modo fazioso per riassumere un pensiero più complesso. No, non c'è niente di complesso nella tesi dell'Avvenire, e nella sua incontenibile gioia per avere scovato un costituzionalista il quale, di fronte all'infinita sofferenza di una ragazza, riesce a spremersi il cervello per trovare un cavillo che possa permettere la prosecuzione della tortura. Vi ricordate l'azzeccagarbugli di Manzoni? Quell'avvocato che tra grida, leggine e codicilli trovava sempre il modo per piegare la legge dalla parte sua, anche di fronte all'evidenza plateale di un torto? Be', qui è la stessa cosa, con una aggravante: che azzeccagarbugli almeno aveva una ragione per comportarsi in quel modo: proteggere un potente. Qui no. E' sadismo puro. E' il gusto di fare soffrire una ragazza, di torturarne e punirne il padre e la famiglia. Punto e basta. E L'Avvenire, la Chiesa, gli azzeccagarbugli hanno avuto gioco facile perché hanno trovato un Parlamento per metà formato da bacchettoni come loro, e per metà dai don Abbondio del Partito democratico, che il coraggio di mettersi contro don Rodrigo non lo hanno mai avuto «e non possono darselo»: e quindi, di fronte ai Vescovi, o al Papa o a non so quale diavolo di congregazione della fede, chinano il capo e se ne fottono del buonsenso e della pietà.
Ora io chiedo una cosa. Ma questi cattolici che continuano con grande zelo a perseguitare Eluana e suo padre, perché lo fanno? C'è una sola risposta: perché così vuole Dio. Loro pensano di essere custodi di una legge superiore, divina, che rende sacra la vita, in qualunque forma, in qualunque condizione, a qualunque grado di conoscenza e consapevolezza. Io non credo in Dio da molti, molti anni. Sono stato religioso da ragazzino. E negli anni della mia gioventù, che erano gli anni '50 e '60, ho anche frequentato il catechismo, letto - e amato - il Vangelo, ascoltato prediche e discorsi, seguìto il Concilio Vaticano. Mi è rimasta di quegli anni l'idea di un Dio buono, intelligente, pieno di ottimi principi e di gigantesco amore per noi donne e uomini. Sono sicuro che quel Dio che ho conosciuto io, nemmeno si sognerebbe di negare a Eluana il diritto di morire, dopo 18 anni di agonia. Anzi, sono sicuro che se avessero chiesto a lui il permesso, lo avrebbe accordato 18 anni fa, appena ci si rese conto che per Eluana non c'era nessuna possibilità di tornare alla vita. Possibile che quel Dio che conoscevo io non esiste più e che sia stato sostituito da un nuovo Dio, gelido, rigido, perfido, che brama solo l'idea di punizione, che considera la religione un rituale macabro e feroce, che intende il suo rapporto con l'umanità in puri termini di potere, di sopraffazione e di ritualità, e che pretende dolore, sofferenza, pianto e nient'altro? Possibile che i cattolici si siano convinti che alla sommità dell'universo si sia insediato un Dio odioso e sadico, e al quale bisogna obbedire ciecamente? E' questo l'aspetto che più mi colpisce e mi terrorizza nella vicenda di Eluana e dell'impossibilità per questa ragazza di ottenere la fine di quello che lo stesso papa Wojtyla considerava «accanimento terapeutico». Il fatto che la comunità cattolica italiana sia giunta a un punto di «apatia» e «afasia» tale da non essere più in grado di ribellarsi a questi orrori. Non è forse un orrore scrivere a caratteri cubitali - come ha fatto l'Avvenire - «svolta di speranza», usando la parola «speranza» (magnifica, dolcissima parola) per indicare la condanna alla perpetuazione della tortura di Eluana Englaro? In che dovrebbe consistere la speranza? Nel miracolo, nella possibilità che Eluana torni a vivere e ad essere cosciente 18 anni dopo l'incidente? Be', neanche uno squilibrato può pensare una cosa del genere. La speranza consiste solo nella gioia del «sacrifico umano» sull'altare della gloria di Dio. Cattolici - scusate la bruschezza - svegliatevi! Fate presto. L'ultima volta che il cattolicesimo italiano finì in letargo, una settantina di anni fa, quando salì al papato Pio XII, vi ricordate come andò a finire?
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