Il punto è che con le tecnologie sorge il dilemma che ribattezzeremo l'"iPhone di Marco Polo". Chiediamo a Rolf: se andiamo in India un mese con la speranza di perderci per ritrovare se stessi, ma poi non passa un giorno senza che controlliamo le e-mail, sbagliamo? "Premesso che questa storia della tecnologia che ammazza il valore del viaggio è vecchia come le navi a vapore che privavano del romanticismo della vela, anche nei '90 quando ho cominciato i telefonini non erano smart e non esistevano Wi-fi e GPS. Oggi l'avventura è una scelta, basta spegnere. E consiglio di non microrganizzarsi il viaggio fino all'ultimo dettaglio. Porsi l'obiettivo "estremo" di conoscere almeno tre esseri umani al giorno. Per non fare la fine del banchiere JP Morgan che nel 1911 passò la crociera sul Nilo a rispondere ai telegrammi dalla sede centrale. La sindrome del viaggio come estensione della vita quotidiana, che avevano anche i re quando si facevano portare lo scrittoio dai servi. Il difficile - causa iPhone, o modelli precedenti - è l'essere-veramente-dove-si-è in un dato momento". Per convincerci a spegnere qualcosa ogni tanto Rolf invita a ripetere il suo mantra: "Le cose più interessanti dello spostarsi da A a B succedono nel punto G". E aggiunge la strategia che lui applicava ai viaggi stampa: "Arrivare tardi all'appuntamento del mattino, anche se si è con un gruppo di amici, e vagabondare da soli, interagire con i locali. Senza rimpiangere l'escursione estrema che vi siete persi". Forse allude al fenomeno del turismo-verità, o dark tourism, nelle favelas brasiliane o nelle discariche del Messico organizzato da agenzie come la Reality Tours. Già, cosa ne pensa Potts? "Anche questo non è nuovo, nell'800 andavano a visitare le morgue parigine, gli obitori. Purché non sia voyeurismo, o una forma di sfruttamento che arricchisce solo chi si è inventato il business. Se invece serve ad accrescere la consapevolezza, vadano pure nelle favelas". E ad agosto Potts va "in Africa subsahariana a indagare per il NYT il fenomeno del trophy tourism, il turismo competitivo dei maniaci dell'avventura che gareggiano a chi accumula il maggior numero di viaggi estremi. Una fissa da manager, addetti alla Web economy, quasi-ricchi. "Sono i documentari su Discovery che li rovinano, i reportage al testosterone sui mensili patinati o sul National Geographic". Se non è estremo è ecologista, purché abbia un'etichetta, loro partono. Voi italiani, poi, perché andate a New York e mai nelle Grandi Pianure o nel Midwest? Perché non nell'Isaan nel nordest della Thailandia anziché a Phuket. Nel Pantanal e non sulle coste brasiliane? Se poi causa recessione quest'estate si sta a casa, o come vuole il neologismo si fa una staycation, Potts ha un suggerimento. "Avete presente il couchsurfing, cercare ospitalità a casa di qualcuno contattato su internet? Fatelo al contrario, se non potete partire voi ospitate i turisti a casa come compagni di ferie. Parlatevi in globish. Rivisitate con loro la vostra città". Potete provare e poi inviare a Rolf Potts.
fine
1 commento:
Forgive me for writing in English. Thank you for the review for FLIGHTLESS.
The full account of my journey by Honda 125, Veracruz, Mexico, to Tierra del Fuego, then north to New York, will be published this month by Harper Collins.
OLD MAN ON A BIKE
BLOG at www.simongandolfi.com
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