Risparmio e razionalizzazione
Questo, però, non danneggerebbe il clima, anche se dire il contrario è uno degli intramontabili cavalli di battaglia dei sostenitori del nucleare. Gli esperti lo hanno spiegato perfino al ministro
dell’economia e sostenitore dell’energia nucleare, Michael Glos: se vuole raggiungere i suoi obiettivi nel campo della tutela dell’ambiente, la Germania deve concentrarsi sul problema dell’efficienza energetica, non sul rilancio del nucleare. Solo chi è in malafede può difendere, in nome della tutela del clima, la proroga dell’uso dei reattori e, al tempo stesso, rifiutare le misure per il risparmio energetico. E lo stesso vale per chi dice che solo i profitti ottenuti prolungando il funzionamento delle centrali permetteranno di finanziare la ricerca con cui costruire un futuro energetico sicuro. Se l’energia è diventata una questione di vita o di morte, allora in un bilancio federale di 280 miliardi di euro si dovrebbero pur trovare fondi sufficienti a sostenere la ricerca. Lo sfruttamento efficiente dell’energia è l’unico modo per ridurre la dipendenza dall’estero. I francesi e i belgi, che dal nucleare ricavano una quota molto più elevata della loro produzione energetica, consumano più gasolio pro capite dei tedeschi. Secondo la più recente e disperata argomentazione della lobby nuclearista, la Germania non potrebbe permettersi di rinunciare simultaneamente all’energia nucleare e a quella del carbone. E infatti non è quello che succederà. Nel 2020, quando – secondo il piano di abbandono del nucleare – verranno spenti gli ultimi reattori, si potrà ottenere ancora molta energia elettrica dalle centrali a carbone. Questi impianti emettono un po’ più anidride carbonica (CO2) di quanta ne produrrebbero le vecchie centrali nucleari se venissero sostituite dalle nuove. Del resto anche le nuove centrali elettriche a carbone producono molta anidride carbonica, solo che, come hanno deciso gli investitori, devono produrre profitti per almeno quarant’anni. È proprio questo il problema. Nei prossimi quarant’anni i paesi come la Germania dovrebbero ridurre le loro emissioni di CO2 dell’80 per cento per rallentare il riscaldamento del pianeta. Secondo gli attuali standard tecnologici, con le centrali a carbone questo non sarà possibile. È giusto, quindi, rinviare anche la costruzione di nuove centrali a carbone, almeno finché non ne esisteranno di “compatibili con il clima”. È invece assurdo voler sfruttare, fino a quel momento, l’energia atomica come “tecnologia ponte”. La prima crisi petrolifera, agli inizi degli anni settanta, insegna che politici, manager e consumatori si mobilitano soprattutto quando la pressione delle circostanze li costringe a farlo. Il ritorno al nucleare potrebbe produrre l’effetto opposto, alimentando l’illusione che le sfide poste dalla questione energetica e climatica siano ormai superate.
Andreas Sentker è il responsabile delle pagine di scienza del settimanale tedesco Die Zeit
Fritz Vorholz è un giornalista della redazione di Berlino di Die Zeit
fine reportage
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