Il riccio - di Mona Achache 2010
Giudizio sintetico: si può vedere (3/5)
Giudizio vernacolare: bellino!
Paloma ha 12 anni, vive a Parigi in un lussuoso appartamento (7 Rue de Grenelle, quartiere Saint-Germain-des-Prés, tra il sesto e il settimo arrondissement), con la famiglia, che lei osserva come un'estranea. Il padre è un Ministro della Repubblica francese, poco presente e sempre distratto; la madre assolutamente fuori dalla realtà, fragile e impalpabile, in analisi da 10 anni e da altrettanto sotto antidepressivi, passa il tempo in vestaglia e parlando con le sue piante; la sorella grande, studentessa e ragazza di ben poco spessore. Paloma, delusa dalla vita già alla sua tenera età, estremamente intelligente, appassionata di cultura giapponese ed ottima disegnatrice, decide che il giorno del suo compleanno si toglierà la vita, e sottrae ogni giorno una compressa di barbiturici dalla farmacia della madre, per portare a compimento il suo progetto.
La bambina, però, è incuriosita dalla portiera del palazzo, una donna dimessa e apparentemente aderente allo stereotipo della donna poco intelligente e con scarsa cultura. Paloma sente che Renée, questo il nome della portiera, nasconde qualcosa di grande, dietro una facciata trasandata e sciatta. La morte di uno degli inquilini, e l'arrivo di un nuovo personaggio, l'affascinante Kakuro, un signore giapponese di mezza età dai modi gentilissimi e dall'immensa cultura, fa si che Paloma e Renée si avvicinino irreversibilmente.
Tratto dal libro L'eleganza del riccio, di Muriel Barbery, straordinario successo in patria (la Francia) e fuori, il film della debuttante Achache raggiunge, a mio parere, una serie di buoni risultati, nonostante sia, per ovvi motivi, costretta a tagliare tutta una serie di riflessioni delle due protagoniste, e a sostituire il diario dove Paloma annota pensieri e intuizioni con una telecamera, con la quale la bambina riprende tutto e tutti.
I risultati sono questi, sinteticamente: riesce a fare un film dove si ride molto e, al tempo stesso, ci si commuove profondamente, ci si lascia coinvolgere nelle vicende, e soprattutto, se non lo si è fatto, viene voglia di leggere il libro.
La regista utilizza una fotografia per niente scintillante, molto "francese", niente di nuovo insomma, lavorando praticamente tutto (o quasi) in interni, ma dirige bene gli attori, in particolar modo la giovane Garance Le Guillermic (Paoloma), convincente, viene aiutata da due grandissime attrici, Josiane Balasko (Renée) e Ariane Ascaride (Manuela), quest'ultima purtroppo relegata ad un ruolo marginale. Ottimi anche gli esperti Togo Igawa (Kakuro) e Wladimir Yordanoff (il padre di Paloma, Paul, si vede poco ma risulta ottimo), ma nonostante tutto a me è piaciuta moltissimo Anne Brochet, nei panni della madre di Paloma, perfetta nella parte della casalinga di lusso con la testa fuori dal mondo.
Filosofia spicciola, dicono i detrattori, ma per noi così interessati ma così consci di non sapere, è già un buon inizio. Film mai urlato, delicato e intelligente.
1 commento:
giudizio vernacolare! mi piace!
Mau
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