…And You Will Know Us by the Trail of Dead + Dead Meadow + The Black, 11/03/2005, Bologna, Il Covo
Sono molto curioso di vedere dal vivo i Trail of Dead, tanto che mi sento un po’ in colpa per non averlo fatto prima. Forse è per questo che dopo 10 minuti di The Black, cantautore chitarra acustica e voce per una manciata di canzoni malinconiche, divento gia’ insofferente.
Finisce The Black e salgono sul palco i Dead Meadow; loro mi colpiscono molto. Power trio stoner e predilezione per i pezzi dall’incedere lento, a parte l’imprescindibile riferimento blacksabbathiano, ricordano un po’ i Saint Vitus con una voce da brit-rock. Avrei scommesso che il cantante-chitarrista e il bassista fossero fratelli, e invece una ricerca mi dice di no. Forse a forza di frequentarsi hanno finito per somigliarsi.
Buona tecnica, set di quasi un’ora, quindi nonostante la bonta’, verso il finale comincio a pensare come Alex Drastico di Albanese (bravi motto bravi…poi dopo un po’….), e voglio i Trail of Dead.
Finisce The Black e salgono sul palco i Dead Meadow; loro mi colpiscono molto. Power trio stoner e predilezione per i pezzi dall’incedere lento, a parte l’imprescindibile riferimento blacksabbathiano, ricordano un po’ i Saint Vitus con una voce da brit-rock. Avrei scommesso che il cantante-chitarrista e il bassista fossero fratelli, e invece una ricerca mi dice di no. Forse a forza di frequentarsi hanno finito per somigliarsi.
Buona tecnica, set di quasi un’ora, quindi nonostante la bonta’, verso il finale comincio a pensare come Alex Drastico di Albanese (bravi motto bravi…poi dopo un po’….), e voglio i Trail of Dead.
23,37, siamo pronti e si parte con l’accoppiata che apre l’ottimo e già sottovalutato Worlds Apart: Ode To Isis e la martellante Will You Smile Again?, che mette già in chiaro a quale tipo di concerto e di prestazione assisteremo. Due batterie sul piccolo palco, un aiuto, limitato, alle tastiere (che saranno suonate da un collaboratore, da Jason e da Conrad), il chitarrista Kevin, calvizie incipiente e occhiali da nerd, defilato sulla sinistra quasi dietro all’amplificazione, il bassista Neil, lungo e dinoccolato, spavaldo e scatenato, scherza con tutti e ogni tanto si dimentica di fare i cori; il batterista aggiunto Doni non si muove dalla batteria di destra e contribuisce pesantemente alla grandiosità sonora della sezione ritmica, parte fondamentale del suono T.o.D.; Conrad, che in prevalenza occupa lo spazio al centro del palco, si alterna alla batteria e alla voce con Jason (e alla batteria va anche lui alla grande), quest'ultimo una vera e propria forza della natura, fisico da culturista tarchiato, spacca le pelli e i piatti della batteria di sinistra, e in alternativa canta sobillando letteralmente il pubblico che gremisce il Covo, e suona anche la chitarra, onestamente in maniera non trascendentale (sarebbe davvero chiedere troppo!).
Presenza costante sul palco anche un paio di tecnici, uno di spalle alle tastiere e ai sampler, più una specie di Bluto (vedi Braccio di Ferro cartoon) con gli occhiali alle accordature. Un altro tecnico appare e scompare più discretamente, e ritira soprattutto le chitarre.
Dopo il dittico iniziale c’è The Best, dove Conrad stecca (ad onor del vero il pezzo ha una parte vocale difficile), e si palesa l’unico problema del concerto, la voce di Conrad che ogni tanto sparisce, non si capisce se per via del microfono o per colpa sua, dopodiché cominciano gli ‘’scambi’’ tra lui e Jason.
Si mormorava prima del concerto che quello della sera prima a Milano era durato poco, questa sera si arriverà all’ora e venti piena. Più che sufficiente per un concerto dalla rara intensità sonica ed emotiva. L’impatto sonoro è davvero devastante, la sezione ritmica ha l’imponenza di un tempio romano, le chitarre tagliano e quasi riescono a dipingere l’inquietudine dei tempi moderni. Il cantanto, più punk quello di Jason, aggiunge la giusta dose di rabbia al tutto, le strutture delle canzoni disegnano uno stile complesso senza dilatare i tempi. La cifra personale è altissima, e il valore aggiunto della prestazione live dei T.o.D. è la potenza dell’impatto, cosa che li rende davvero unici.
Oltre a diversi estratti da Worlds Apart (superba e trascinante The Rest Will Follow), non mancano pezzi da Source Tags & Codes (piccoli grandi classici come Another Morning Stoner e Relative Ways) e da Madonna.
Da sottolineare quanto si divertono i ragazzi sul palco, veramente tanto.
Si chiude con Conrad che chiede di accendere le luci prima degli ultimi encore, per poter vedere le facce di quelli che riempivano il fucking concrete bunker (così aveva definito il locale poco prima), con Neil che scappa dal palco e lancia una lattina, mezza piena, di birra, addosso a quelli rimasti sopra, e con Jason che mentre si smonta il palco continua a suonare la batteria accompagnando i nastri di sottofondo.
Presenza costante sul palco anche un paio di tecnici, uno di spalle alle tastiere e ai sampler, più una specie di Bluto (vedi Braccio di Ferro cartoon) con gli occhiali alle accordature. Un altro tecnico appare e scompare più discretamente, e ritira soprattutto le chitarre.
Dopo il dittico iniziale c’è The Best, dove Conrad stecca (ad onor del vero il pezzo ha una parte vocale difficile), e si palesa l’unico problema del concerto, la voce di Conrad che ogni tanto sparisce, non si capisce se per via del microfono o per colpa sua, dopodiché cominciano gli ‘’scambi’’ tra lui e Jason.
Si mormorava prima del concerto che quello della sera prima a Milano era durato poco, questa sera si arriverà all’ora e venti piena. Più che sufficiente per un concerto dalla rara intensità sonica ed emotiva. L’impatto sonoro è davvero devastante, la sezione ritmica ha l’imponenza di un tempio romano, le chitarre tagliano e quasi riescono a dipingere l’inquietudine dei tempi moderni. Il cantanto, più punk quello di Jason, aggiunge la giusta dose di rabbia al tutto, le strutture delle canzoni disegnano uno stile complesso senza dilatare i tempi. La cifra personale è altissima, e il valore aggiunto della prestazione live dei T.o.D. è la potenza dell’impatto, cosa che li rende davvero unici.
Oltre a diversi estratti da Worlds Apart (superba e trascinante The Rest Will Follow), non mancano pezzi da Source Tags & Codes (piccoli grandi classici come Another Morning Stoner e Relative Ways) e da Madonna.
Da sottolineare quanto si divertono i ragazzi sul palco, veramente tanto.
Si chiude con Conrad che chiede di accendere le luci prima degli ultimi encore, per poter vedere le facce di quelli che riempivano il fucking concrete bunker (così aveva definito il locale poco prima), con Neil che scappa dal palco e lancia una lattina, mezza piena, di birra, addosso a quelli rimasti sopra, e con Jason che mentre si smonta il palco continua a suonare la batteria accompagnando i nastri di sottofondo.
Se riusciranno a farsi capire, avranno un luminoso futuro.
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